Attenzione alle assonanze
Appena il vostro invitato entra, non iniziate a decantare le bellezze della Puglia: il Cilento è in Campania! Non ha nulla a che vedere con il Salento, se non un’assonanza in cui cascano sempre tutti pensando che il Cilento sia in Puglia. Cilento deriva da Cis Alentum, ovvero al di qua del fiume Alento ed è quel meraviglioso pezzo di terra dove la Campania finisce, o forse inizia, al confine con Basilicata e Calabria.
A bagno i legumi
Ricordatevi di mettere a bagno qualche legume la sera prima: siamo nella terra dove il nutrizionista americano Ancel Keys coniò il termine di Dieta Mediterranea, per indicare lo stile di vita sano di contadini e pescatori cilentano. E il suo piatto preferito era proprio la pasta e fagioli, emblema di un’alimentazione sana, equilibrata e eticamente corretta in quanto alla portata di tutti. Un classico della cucina cilentana insomma, insieme a lagane e ceci di Cicerale, oggi Presidio Slow Food, che si differenziano da quelli comuni per essere più piccoli e rotondi, con un colore più dorato e un sapore molto intenso. Hanno anche il pregio di conservarsi molto a lungo per il basso contenuto di umidità alla raccolta, per cui tendono ad ingrossarsi notevolmente durante la cottura.
Ripassate il calendario di consumo del maiale
Se in qualche meandro nascosto della vostra casa conservate “u sausicchio”, non provate nemmeno a nasconderlo al vostro ospite: non “ingegnare” subito a inizio pasto la salsiccia che si ha, infatti, è ritenuto un gravissimo segno di maleducazione e scortesia nei confronti dell’ospite. Inoltre è fondamentale anche tagliarlo bene, ovvero con un coltello a lama in obliquo. Ci tengono, perché in Cilento ogni famiglia cresce almeno un maiale durante l’anno per poi ammazzarlo nel periodo natalizio e consumarlo durante tutto l’anno. A tal proposito vi sarà utile sapere che c’è un preciso rituale di consumo delle parti del maiale, quindi se decidete di invitare a cena un cilentano non fatevi trovare impreparati, per esempio dando del capicollo a maggio, quando invece è prevista la soppressata, o il prosciutto a marzo, mese eletto per la pancetta.
Melanzane ‘mbuttunate (di mamma) caput mundi
Melanzane? Se pensate di non ‘mbuttunarle, non prendete proprio in considerazione la loro esistenza. Solo così, infatti, sono il simbolo della cucina cilentana, diversamente è come se non esistessero. Vengono tagliate tonde e farcite con un ripieno di mollica di pane, formaggio, uova, aglio e pomodoro, ma non vi offendete: quelle di mamma saranno sempre più buone.
Chi nu teni nu puorcu e n’uortu n’gapu ri l’annu è muortu
Se è vero che ogni famiglia cilentana ha un maiale, è altrettanto vero che ha anche un orto. Infatti la cucina cilentana è tra quelle con la più alta presenza di piatti a base di verdure, come le varie minestre strinte, ovvero “strette”, che vengono prima bollite, poi strizzate dall’acqua e saltate in padella. Dunque, prevedete all’interno del vostro menù sempre qualche piatto a base di verdure. Se volete un consiglio, un altro simbolo cilentano è la ciauredda o ciambotta, cioè un insieme di melanzane, pomodori e peperoni (qualcuno mette anche la patata) che si può mangiare come contorno, oppure come facevano un tempo i contadini, quando se la portavano in una panedda di pane, a panedda prena, in campagna.
Non dimenticatevi mai del vino
Guai a non mettere del vino in tavola, meglio se Aglianico, il loro vitigno autoctono. Saranno giudici imparziali e competenti, poiché quasi tutti i cilentani se lo fanno ancora loro nel vuttaro, ovvero nella loro piccola cantina privata, quindi è un prodotto che conoscono molto bene.
Jo me ne voglio i a lu Cilientu
Se volete davvero stupirli ad un certo punto del pasto mettete su “La cilentana”, la canzone tipica del Cilento che viene cantata durante le feste con fisarmonica e organetto. Io me ne voglio i a lu cilientu, me la voglio piglia’ ‘na cilentana… Nun me curo ca nun tene nienti, basta ca tene la fresca funtana…
Ricordatevi i formaggi
In Cilento ci sono molte signore che fanno il caciocavallo a mano e ancora qualcuno che ha le capre cilentane, quelle che spesso si vedono nei libri di agraria come esempio da tutelare e preservare. Per tutti questi motivi, ricordatevi sempre qualche formaggio alla fine, anche perchè è fondamentale per asciugare la bocca e assorbire l’olio mangiato durante il pasto, insieme all’ultimo bicchiere di vino prima del dolce.
A jetta degli sposi
Non fatevi trovare senza fichi, perché in Cilento sono come il pane. Si mangiano freschi direttamente dagli alberi d’estate, per poi fare la jetta nel periodo natalizio. Quindi, se deciderete di invitare a cena un cilentano a dicembre, prendete nota: si riempiono di noccioline, si infilano nei bastoncini di legno e poi si fanno essiccare sulle gratedde. Un’antica usanza prevede che la sposa regali una jetta di fichi al suo sposo nel giorno di Santa Lucia, il 13 dicembre. Tranquilli, se non trovate fichi, potete tranquillamente preparare gli struffoli, il dolce di tutti gli altri giorni con farina, uova, olio e limone.
Appiccia u cafè
A macchinetta r’u cafè sta sempre appicciata. Nel prepararla, anche la moka viene a modo suo “imbottonata”, nel senso che viene fatta la famosa montagnetta di caffè, che non sarà mai abbastanza finché non sarà fuoriuscita ricoprendo tutti i dintorni. Il caffè in Cilento non è una questione materiale, ma è il punto di partenza di qualsiasi rapporto; ad esempio quando cammini per le vie dei suoi borghi invece di fermarti e chiederti l’ora o le indicazioni, ti invitano a prendere u cafè. E se non lo fate? In modo sommesso, saranno un po’ risentiti: sarà come aver loro negato l’inizio di una nuova conoscenza.
Fonte: Il giornale del cibo