Alcuni passi del Vangelo ci rimangono impressi più di altri. Forse perché abbiamo ascoltato con più attenzione l’omelia del sacerdote, forse perché più ricchi di spunti di riflessione, forse semplicemente perché li sentiamo più attuali.
Per me uno di questi è il passo che ci viene proposto dalla liturgia odierna.
Tre sono i temi su cui siamo chiamati a meditare: la correzione fraterna, il perdono e la preghiera comunitaria.
L’evangelista Matteo riporta un insieme di esortazioni di Gesù circa la vita dei cristiani nella comunità. Ci chiede innanzitutto di non lasciare che un nostro fratello commetta il male senza aiutarlo a riprendere la buona strada.
Infatti non dobbiamo rimanere indifferenti, l’indifferenza non è e non sarà mai una virtù; limitarci a non peccare può essere segno di egoismo. Abbiamo invece il dovere della correzione fraterna da compiere però con discrezione e carità. La correzione fraterna è sinonimo di amore. Anche nel correggere dobbiamo partire dall’amore e non dall’odio o dalla vendetta.
Gesù ci ha fatto conoscere l’immenso amore per noi e ci ha comandato di amarci gli uni gli altri. Agiamo sempre con amore anche verso chi ha sbagliato o è stato indotto a sbagliare. Una persona infatti riesce ad accettare un richiamo se si sente amata e non giudicata. La preoccupazione della salvezza eterna deve portare a mettere in atto ogni tipo di strategia per correggere e salvare il fratello che si è allontanato dalla via del Signore.
All’inizio del passo del Vangelo leggiamo che la prima regola è ammonire chi ha commesso una colpa a tu per tu, senza clamore; se il colpevole persiste non darsi per vinti e riprovare con qualche aiuto. Quando il male diventa ostinato e rischia di dilagare, allora tutta la comunità deve essere coinvolta.
Tre tentativi. Le parole di Gesù nel finale del passo però non ci ingannino. Ciò che ci chiede Gesù non è una condanna o un’esclusione definitiva, ma un’esortazione ad impegnarci ad amare e cercare maggiormente il fratello che persiste nello sbaglio.
Certamente non è facile. E’ opera delicata, anche faticosa. Non siamo tutti uguali, non la pensiamo allo stesso modo e andare d’accordo e volersi bene non sempre è possibile. Tutti possiamo sbagliare, avere dei difetti che non vanno assolutamente legittimati. Sforziamoci di sanare incomprensioni, di cicatrizzare affronti ricevuti, coinvolgiamo la comunità che sicuramente può diventare opportunità per appianarle.
In famiglia, tra amici, in parrocchia, negli ambiti del sociale ricordiamo che è sempre importante il dialogo, un dialogo sereno, comprensivo, a volte anche sofferto, ma che possa far emergere amore. Il vero modo di stare insieme agli altri è vivere instaurando con loro un rapporto di amore. Perdoniamo con dolcezza, con pazienza.
Due verbi pronunciati da Gesù ci devono far riflettere: Legare e sciogliere. Stabilire legami fraterni, bene prezioso da custodire, e cercare di ripararli se qualcosa li minaccia, è proprio di chi ama.
Nel passo di Matteo rileviamo anche un altro aspetto del vivere insieme a cui Gesù attribuisce grande importanza: la preghiera comunitaria. Dove ci metteremo tutti d’accordo per chiedere ciò di cui abbiamo bisogno, lo riceveremo.
Uniamoci, formiamo comunità nel nome del Signore! Una bellissima promessa ci fa Gesù: “dove sono 2 o 3 riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”.
La sua presenza allora non è da cercare ma da accogliere