Michela Di Giore è un’insegnante di Atena Lucana che circa un paio di settimane fa ha scoperto di essere positiva al Covid 19. Da quel momento è stata ricoverata a Polla e ha deciso di rendere nota la sua malattia sui social, ha iniziato a scrivere un diario di bordo quotidiano per informare della sua condizione ma anche e soprattutto per infondere speranza a quanti sono più che spaventati dall’incombere di una patologia che semina paura e panico. Una scrittura che alterna momenti di serenità a momenti di sconforto, allega foto e pollici alzati, mani che toccano per darsi coraggio a vicenda e che, giorno per giorno, è diventata terapeutica per lei ma allo stesso tempo ha riscaldato il cuore di chi già la conosceva e ha conquistato tantissimi altri a giudicare dalla pioggia di commenti che ottiene alla pubblicazione di nuovi post su Facebook. “Tutto è iniziato con forti dolori allo stomaco, sotto le costole, avevo tutto l’addome indolenzito – racconta Michela – avevo forti sensi di nausea e vomito. Pochissima la febbre 37 – 37,5 e al mio medico è venuto il sospetto che fosse appendicite. Io intanto ho cercato di resistere e quando sono stata visitata, il dottore mi ha consigliato di recarmi in ospedale anche se abbiamo aspettato 5 giorni prima di giungere a Polla. Qui non subito sono stati avanzati sospetti di positività relativi al Covid. Dopo una prima confusione tra pronto soccorso e triage, c’è stata subito una grande attenzione e hanno proceduto con un prelievo del sangue dove i globuli bianchi sono risultati bassi. Se fosse stata presente una infezione da appendicite sarebbero dovuti essere alti e mi è stata presa la saturazione. Da tre giorni tuttavia non mangiavo, ero molto stanca, non riuscivo nemmeno a bere e sono arrivata perciò in ospedale in condizioni piuttosto critiche. Poi mi hanno consigliato il tampone e ho subito minimizzato pensando che non erano i classici sintomi del Covid, infatti non ho avuto forme di raffreddamento né tosse né polmonite. Mio marito ha insistito e ho fatto il tampone ma dopo siamo tornati a casa perché per precauzione non mi hanno acconsentito l’accesso in ospedale”. Poi prosegue Michela: “Sono tornata a casa anche perché non pensavo fosse il Covid, eravamo già in quarantena, mio marito non lavorava da una settimana, eravamo tutti a casa quindi non ce lo spieghiamo il contagio. Domenica pomeriggio è arrivato il risultato del tampone, è venuta a prendermi l’ambulanza, stavo male per i forti dolori all’addome.” Michela è una donna forte e continua il suo racconto: “Non ho avuto paura o mancanza di volontà di venire in ospedale – dice – ho preparato il borsone e mi sono ricoverata. Ho messo da parte la famiglia, sinceramente, sono stata anche un po’ brusca soprattutto con i miei figli, volevo andare via da casa per evitare altre situazioni di contagio. Il mio primo pensiero era quello di dirlo al mondo e di avvisare di cosa mi stesse accadendo. Il mio diario è nato così per caso, vivere qui in reparto è pesante e il tempo scorre lentamente però, nel frattempo, in questo immenso dolore che provavo, ho avuto da quel messaggio postato sui social, una solidarietà e una vicinanza unica. Ho ricevuto anche alcune chiamate dal Canada, da parenti lontani, ho stretto nuovi contatti. Questo bisogno di raccontare è nato proprio da questa vicinanza di raccontare cosa mi stava accadendo”. Michela non dimentica i suoi affetti, anzi si commuove quando la splendida famiglia e i suoi alunni le sono oggi più che mai vicini in questa battaglia. La sostengono e la confortano. “Qui si è da soli, nessuno dei tuoi può venire a salutarti, l’accesso è negato a chiunque tranne agli operatori sanitari – afferma Michela – si è molto protetti in questo reparto. Inizialmente quando sono entrata ho provato un disorientamento, l’area Covid a Polla, aveva aperto da appena cinque giorni. Intuivo anche un pochino di disagio al primo approccio però poi tutto è cambiato ed è straordinario ciò che trasmettano, che danno, che comunicano. Ora c’è anche il dialogo. Ciò che mi resterà per sempre impresso è lo sguardo dei medici, degli operatori, degli infermieri, di tutti insomma”. Michela si è affidata ai suoi curatori e sta vivendo questa situazione cercando di mettere da parte ansie e preoccupazioni. “Mi sono affidata totalmente a loro – continua – ho avuto la fortuna di incontrare qui un mio caro amico e tutto è diventato ancora più semplice, mi sono sentita più coccolata. Anche se i suoi turni sono terminati, quando passa sotto il balcone della mia stanza e mi saluta mi sento più al sicuro”. Michela dopo il primo tampone negativo, nel corso delle prossime ore, dovrà rifare come da procedura il secondo di verifica e stringe i denti sperando che questa brutta parentesi possa essere lasciata alle spalle. “Tutto non termina così però – conclude – c’è una sorta di quarantena, c’è un post Covid in un reparto allestito sempre qui a Polla, dove si trascorrerà qualche altro giorno e a casa ci sono altri protocolli da rispettare. Come ci hanno spiegato, essendo una malattia nuova, non si ha ancora la certezza che la negatività risultata dai tamponi in realtà è davvero non presente in tutto il corpo, nelle mucose. Pertanto per 15/20 giorni occorrerà stare in isolamento. Per alcuni mesi i pazienti guariti dal Covid non potranno più ammalarsi nuovamente”. Michela è una donna forte e coraggiosa, infonde ancora tanta speranza e dalla sua mascherina calata sul viso, si può intravedere che il suo sguardo è cambiato, è più sereno. Guarda al futuro e spera, e noi, con lei che diventi presto una esperienza da archiviare.
Antonella Citro