Era il 21 febbraio quando nel nostro Paese, all’ospedale di Codogno (Lodi), si è registrato il primo caso di paziente italiano positivo al nuovo Coronavirus. Mattia, il manager 38enne noto come il “paziente uno” è stato il primo di un funesto susseguirsi di contagi che, a distanza di un mese, nel weekend più buio da quando tutto è iniziato, ha raggiunto la cifra drammatica di 53.578 contagiati. (fonte Protezione Civile al 21/03/2010)
Come nel resto d’Italia, anche gli abitanti del Vallo di Diano hanno visto Codogno trasformarsi prima nel principale focolaio d’Italia, dopo Wuhan e poi del mondo. In brevissimo tempo, abbiamo assistito all’espansione dell’epidemia nelle altre zone della Lombardia e delle regioni del Nord. I decreti governativi, che inizialmente avevano isolato i 14 territori identificati come zone rosse, sono stati estesi a tutta l’Italia, rendendola di fatto “un’unica zona protetta” e le misure straordinarie di contenimento del contagio sono arrivate anche da noi, sconvolgendo anche la nostra di quotidianità: chiuse le scuole, le palestre, i locali pubblici. L’invito angosciante che risuona dagli altoparlanti della macchina della Protezione Civile è “state a casa!”
Da questo momento in poi, le vicende nazionali hanno intersecato quelle locali.
Come dimenticare le immagini trasmesse in tv e sulle principali piattaforme social la mattina dell’8 marzo, che riprendevano centinaia di persone dare l’assalto ai treni delle varie stazioni di Milano in una folle fuga verso Sud nel timore di ulteriori restrizioni e di rimanere incastrati nelle zone rosse. Di colpo abbiamo avvertito a noi vicino il pericolo e le conseguenze di quelle fughe e da un giorno all’altro ci siamo riscoperti preoccupati, arrabbiati, angosciati rispetto a un dramma di cui fino ad allora ne eravamo stati partecipi per lo più moralmente.
A Teggiano come nei paesi limitrofi del Vallo di Diano, territori da cui proviene un numero cospicuo di emigrati al nord sia per motivi di studio che di lavoro, nel weekend in cui ricorreva anche la Festa della Donna, il clima si è fatto serio e nervoso. I commenti maggiori sono stati di critica e di accusa contro il comportamento irresponsabile ed egoista dei conterranei, in particolare sui social, dove, con l’entrata in vigore del divieto di assembramento che ha portato ciascuno a restare a casa propria, trasformando di fatto l’Italia tutta in un’unica enorme comunità virtuale, si sono riversate le frustrazioni, gli stati d’ansia e di insofferenza della gente. Ne è scaturita una sorta di caccia alle streghe o meglio al presunto untore, che si muove in macchina, affolla i supermercati, esce più volte al giorno…
Ad allentare la pressione non sono mancati post satirici contro condotte infelici e la partecipazione dai balconi ai flashmob nazionali per cantare contro la paura, che a Teggiano sono diventati anche momenti di raccoglimento (virtuale) e di preghiera intorno al suo santo patrono San Cono, noto per aver protetto il paese natìo in diverse occasioni, tra cui dalla peste del 1600.
Tuttavia, a determinare un notevole inasprimento del clima sociale a Teggiano come nel resto del Vallo sono stati i casi di contagio da Covid-12 scoppiati in seguito a due raduni di un gruppo di neocatecumenali svoltosi tra fine febbraio e inizio marzo, rispettivamente nei comuni di Atena Lucana e Sala Consilina. La morte di due fra i partecipanti, il 76enne di Bellizzi prima e Don Alessandro Brignone dopo, parroco del più vicino comune di Caggiano, ha sconvolto tutto il comprensorio e messo in allarme anche le istituzioni locali e regionali per la catena di contagi diretti e indiretti che tali episodi hanno causato. I comuni più colpiti, Sala Consilina in primis, seguita da Caggiano insieme ad Atena Lucana e Polla sono diventate le nostre zone rosse. Tra i contagiati in forma indiretta rientrano ad oggi anche due teggianesi, tra questi il Capo Squadra e responsabile del Distaccamento dei Vigili del Fuoco di Sala Consilina, Luigi Morello, ricoverato all’ospedale di Scafati, per il quale si stanno vivendo giorni di grande apprensione.
In un momento così tragico, che porta a riflettere non solo sulla precarietà e caducità della vita umana, ma anche sulle debolezze sanitarie del territorio, messe ancor più in evidenza dalla straordinarietà e dalla portata dell’emergenza che stiamo vivendo, non si sono fatti attendere gesti di solidarietà e di beneficenza da parte di associazioni ed enti locali, della diocesi Teggiano-Policastro, di singoli imprenditori e cittadini a favore, soprattutto, dell’ospedale “Luigi Curto” di Polla, concretizzatisi in raccolte fondi per l’acquisto di ventilatori e in donazioni di materiale sanitario quali mascherine protettive, tute monouso e igienizzanti, difficili da reperire, come ben sappiamo, in questo periodo di emergenza mondiale.
Angela Cimino