Invitato da un amico, Leone Tartaglia, con il quale ho condiviso la prima stagione del mio ritorno in Campania assumendo un ruolo nella gestione della Uisp provinciale di Salerno, mi sono recato a Contursi Terme, presso le Terme Cappetta.
Il motivo dell’invito è dovuto ad un incontro organizzato da SVIMAR (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno e delle Aree Interne), argomento che, come i lettori di UNICO sanno, ci sta molto a cuore a chi non ha perso le speranze di una ripartenza …
Arrivo con mezz’ora di ritardo nella sala dell’incontro ma sono in anticipo di un’ora abbondante sull’inizio dei lavori! Questo è uno dei punti che l’associazione dovrebbe mettere in conto ai tanti “perché” il meridione d’Italia, in generale; e la provincia in cui viviamo, in particolare; sono poco attrattivi per giovani e meno giovani e li inducono a trasferirsi da altre parti del mondo dove il tempo non aspetta tempo!
Ed è proprio sui motivi legati allo spopolamento che SVIMAR, partecipata da una decina di associazioni presenti in Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, è impegnata ad elaborare progetti basati su idee in grado arrestare e, dove è possibile, invertire la tendenza in atto che porterà ad una desertificazione sociale e non lascerà spazio alle speranze di ripresa nel futuro né prossimo né remoto.
Il preambolo dell’evento è affidato ad una giovane, “migrante” per studio a Bologna, che invoca iniziative che le consentano di tornare a vivere, farsi una famiglia e lavorare nella terra in cui è nata!
La prima parte dell’incontro, aperto dall’intervento del sindaco di Contursi Terme, Antonio Briscione, è dedicato a ringraziamenti scambiati tra i componenti del tavolo che si complimentano a vicenda per i ruoli ricoperti nelle associazioni che rappresentano. Solo con l’intervento di Giacomo Rosa, presidente SVIMAR, si entra nel vivo del problema oggetto dell’incontro.
Quasi tutti i relatori puntano il dito contro qualcuno o qualcosa che ha reso possibile il decadimento demografico delle aree interne … Argomento che i relatori conoscono bene avendo loro stessi assunto e mantenuto, nel corso delle loro carriere professionali e politiche, ruoli e funzioni che avrebbero dovuto segnare punti in favore di progetti tesi a rallentare, quantomeno, il fenomeno.
Uno “slittamento” che è cominciato, per la verità, già a partire dall’Unità d’Italia. Ci fu un’interruzione del ventennio fascista, ma solo per non ridurre il numero di “combattenti” utili alla costruzione dell’“impero”.
Toccante l’intervento di Michele Laurino, sindaco di Sant’Angelo le Fratte (PZ) in Basilicata, che ha confessato la sua impotenza nell’aver dovuto subire la partenza di due figli andati a Milano per frequentare l’università e ora ha la consapevolezza che non torneranno più a “casa”.
Il quadro della situazione nella regione Lucana è drammatico: “gli oltre 536.000 mila abitanti di oggi, nel 2050 diventeranno 370.000 a dirlo è l’ex sindaco di Potenza!
Le ricette che si invocano, a tratti, si pretendono … sono sempre le stesse: strade, ferrovie, aeroporti, infrastrutture …
Eppure, la Basilicata ha il petrolio, gas naturale, un sistema di sussidi incentivante, una rete viaria invidiata da molti in passato “imposta” allo stato italiano da un politico che fu anche presidente del Consiglio, ben tenuta e che è sufficiente per gestire il traffico prodotto! Nella regione c’è l’università che dovrebbe soddisfare a pieno la richiesta di istruzione dei giovani lucani!
La Basilicata ha una superficie in Kmq che si posiziona al 14° posto tra le regioni d’Italia con una popolazione di 536.659 abitanti, più di Molise e Valle D’Aosta! Allora, perché molti giovani vanno via?
La domanda, posta così, è incompleta! Bisognerebbe completarla aggiungendo: “perché non tornano” e perché le regioni meridionali sono meno attrattive di quelle del centro-nord?
Inoltre, il dibattito che si è sviluppato, riguarda anche un altro aspetto fondamentale: lo spopolamento delle aree interne!
Sommare i due fenomeni vuol dire assemblare dati che possono trarre in inganno e, soprattutto, immaginare interventi poco efficaci perché non andrebbero a colpire i fenomeni nei loro aspetti peculiari.
Una cosa è affrontare la migrazione dei giovani che vanno alla ricerca di una formazione in grado di garantire uno spettro di opportunità lavorative ad ampio raggio e soddisfare la voglia di conoscere il “mondo”; un’altra è discutere del fenomeno della migrazione per motivi di lavoro.
Nel primo caso bisogna considerare che la diaspora è a senso unico e porta i giovani ad accettare proposte lavorative in Italia e all’estero che sono nelle corde di chi ha studiato in un ambiente aperto al mondo che offre loro prospettive a largo raggio e, soprattutto di crescita grazie ad una formazione continua e performante sia professionalmente sia economicamente.
Nel secondo caso (l’esodo per motivi di lavoro) ci troviamo di fronte a un fenomeno che affonda le sue radici sui bisogni primari: garantire una vita dignitosa a fronte di un impegno forte e incondizionato. Infatti, una volta superata la fase di insediamento e di “apprendistato” scattano le garanzie di un mondo che riconosce i diritti a fronte del dovere di svolgere con coscienza il proprio lavoro. Inoltre, a chi crea una famiglia è garantito un sistema di protezione sociale che da noi e quasi del tutto sconosciuto: asili nido, scuole a tempo pieno, sanità efficiente, stipendi tutelati da contratti di lavoro garantiti da accordi “rispettati” tra aziende e sindacati. Solo chi non ha occhi per vedere e orecchie per sentire non sa che alle nostre latitudini, nel privato, è pratica corrente far sottoscrivere contratti part time e far lavorare full time e tanti altri sotterfugi che fanno venire la pelle d’oca!
Poi c’è un secondo aspetto … la migrazione dalle zone interne a quelle costiere, da paesi collinari a cittadine poste in pianura, da località montane a capoluoghi di provincia …
Io vivo a Capaccio Paestum. A Capaccio Scalo, dove c’è la stazione ferroviaria, fino al secondo dopoguerra c’erano poche case sparse a corredo dei poderi disegnati dalla riforma agraria. Oggi è il centro più popoloso della pianura di Paestum i cui abitanti provengono da una trentina di comuni che punteggiano le cime delle colline circostanti fino ai piedi dei monti Alburni e del massiccio del Cervati. Solo dal mio paese di origine, Piaggine, ci sono tutt’oggi oltre 200 nuclei familiari piagginesi.
Colpisce l’intervento di Luigi Scaglione, ex consigliere regionale della Basilicata. Lui pone la questione in termini numerici dimostrando che gli italiani iscritti all’AIRE (anagrafe degli italiani residenti all’estero) sono oltre cinque milioni, lo stesso numero degli immigrati regolari che oggi vivono e lavorano in Italia con un saldo quasi alla pari.
“I nostri problemi di spopolamento hanno origini ben più articolate. Oggi dobbiamo fare i conti con “Ritornanza e restanza”. Io aggiungerei anche “arrivanza” senza dover subire la “discriminanza”.
Siccome nel corso di vari interventi torna prepotente anche la questione delle risorse che lo stato dovrebbe inoculare nelle “arterie” rinsecchite delle regioni, vale la pena segnalare che per dare ulteriori occasioni di rinascita alle aree interne, il governo presieduto da Mario Draghi, ha destinato tre quarti di un miliardo per consentire di sperimentare interventi di recupero e rinascita a nuova vita in 22 borghi (uno per regione), destinatari di 20 milioni di euro a testa. Altri 289 piccoli borghi si divideranno i restanti € 363.445.527,09. Senza parlare della valanga di euro destinati ai 1062 comuni associatisi nei 71 progetti “Aree interne”; il costo complessivo delle strategie approvate è pari a € 1.143.000.000,00, di cui €261.000.000,00 di risorse statali, €693.000.000,00 dai programmi finanziati dai fondi europei (FESR, FSE, FEASR, FEAMP); e €189.000.000,00 da altre risorse pubbliche e private.
Sono una “valanga” di risorse che, si spera, non vadano ad ingrossare la pletora di scuole rifatte che non vedranno mai un alunno, di chiese e conventi ristrutturati dove non entrerà mai un prete a dir messa, palestre e campi di calcio dove non si vedrà allenarsi nessun atleta …
Ecco qualche esempio sul nostro territorio che dovrebbe far riflettere: Centro sportivo Meridionale di San Rufo (https://www.unicosettimanale.it/news/politica/1112662/la-regione-vuole-far-risorgere-il-centro-sportivo-meridionale-dopo-50-anni), Polo fieristico di Vallo della Lucania (https://www.unicosettimanale.it/news/attualita/739513/fiere-di-vallo-si-potrebbe-fare-di-piu ), Fondovalle Calore (https://www.unicosettimanale.it/news/attualita/1038479/fondovalle-calore-strada-che-inizia-nel-nulla-e-termina-nel-vuoto ), Volo di Laurino (https://www.unicosettimanale.it/news/attualita/514256/flussi-e-riflessi-turistici-a-laurino ), Osservatorio astronomico di Petina (https://www.unicosettimanale.it/news/unico-patrimonio/1075347/petina-losservatorio-astronomico ), l’Archeodromo Rampaldi di monte San Giacomo ( https://www.unicosettimanale.it/news/unico-patrimonio/1075374/monte-san-giacomo-larcheodromo-di-rambaldi )