Se lo chiedeva mons. Domenico Savarese (1947-1955) in una comunicazione al clero. Il vescovo, rispondendo a se stesso, affermava che il seminario è un campo dove vengono coltivati i semi che mandano i parroci e che risentono dell’ambiente di provenienza. Il vescovo fa un’analisi precisa delle vocazioni. “Molte” scrive “sono le cause della rarefazione delle vocazioni sacerdotali. La mancanza di vocazioni” continua il vescovo “procede di pari passo con la scristianizzazione della società. E’ chiaro che quando manca una visione cristiana della vita assai poco si può capire della sublime dignità del sacerdote: ed assai poco desiderabile appare la sua condizione. Purtroppo la moderna impostazione della vita privata, familiare e sociale lascia un ben limitato margine ad una visione di fede, soprattutto la distruzione della famiglia, che purtroppo spesso manca ai suoi compiti essenziali. E tutto questo” conclude mons. Savarese “diventa l’ostacolo più grave al sorgere e al fiorire delle vocazioni”. Il vescovo è preoccupato. Ha appena indetto la Visita Pastorale e la prima visita è proprio per il seminario, dove si porta il 10 novembre 1949. Nel verbale di Santa Visita, più che fare dei rilievi secondo lo stile delle Visite Pastoriali, traccia le linee per la formazione dei ragazzi. Il can. Teol. don. Rocco De Leo, al momento, era reggente del seminario. Egli così scrive: “…Abbiamo rilevato con dispiacere la diminuzione del numero degli alunni ad 80 (ottanta) di fronte ad 86 dell’anno scolastico 1948 ed a 106 dell’anno scolastico 1947’/48”. “Quali i motivi?” si domanda il vescovo. “Oltre le tante cause esterne all’Istituto, riteniamo che avranno concorso anche motivi di carattere interno. Tuttavia l’attaccamento dei Superiori al proprio dovere, la pietà e la prudenza del Direttore Spirituale, l’impegno dei professori ci fanno sempre sperare per l’avvenire”. E continua: “Per il buon andamento del seminario necessita armonia, carità, compatimento scambievole, mutua stima e spirito di fraterna intesa e collaborazione fra i professori”. Chi scrive è stato rettore del seminario di Aversa per tanti anni. Scrive quindi con cognizione di causa. “Il rettore” continua il vescovo “deve eccellere per paternità, prudenza, umiltà e dolcezza unita a fermezza. Deve sapere mantenere l’equilibrio del Pio Luogo. Deve lasciare ai collaboratori una certa libertà di azione nel rispettivo campo, mostrando loro fiducia, pur vigilando su tutti e tutto ed essendo di tutto informato, anche quando, per prudenza, deve fingere di ignorare”. In poche parole il vescovo ha delineato la figura del rettore. “I subalterni rispettosi, docili e fedeli faranno eseguire con scrupolosità la disposizioni, precedentemente concordate. Esuli sempre lo spirito di critica. Pur lavorando nel proprio campo, ciascuno stimi e valorizzi presso gli alunni il campo e l’ufficio e la persona degli altri superiori. Così gli sforzi di ciascuno e di tutti creeranno l’armonia e l’unità, presupposti indispensabili per il buon andamento del seminario. Usare imparzialità con gli alunni. Qualunque segno di preferenza o attestato di simpatia, anche minimo e che non sfugge mai alla quotidiana e minuziosa osservazione dei ragazzi, crea un clima di malcontento e di critica, alienando gli animi dai superiori. Peggio se si nota nel Superiore spirito di antipatia, rappresaglia e vendetta. Saranno sempre presenti agli Esercizi di pietà in Cappella. Avranno cordiale stima e fraterni rapporti con i professori, ma non si faranno rimorchiare da essi. Mai trascureranno i propri doveri d’ufficio e di vigilanza per fare comunella con loro. Crearsi con la bontà di vita, la dignità personale, soprattutto con il buon esempio quel potere di ascendenza sugli alunni, tanto necessario… La pietà” continua il vescovo “deve avere il primo posto nella formazione degli alunni. Questo primato devono sentirlo prima i superiori e poi farlo sentire agli alunni. Il rettore ha l’obbligo e deve sentire la necessità ed essere convinto dei vantaggi di parlare spesso in privato ed in pubblico agli alunni dell’eccellenza di questa virtù e lumeggiare la figurare del Padre e Direttore Spirituale, convogliando la stima e la fiducia degli alunni verso la di lui persona, mettendo in rilievo l’importanza primaria della sua missione e funzione nel seminario. Alla educazione dei candidati al sacerdozio bisogna dare una base e struttura soprannaturale. Bisogna gradatamente abituare l’alunno a vivere nel santo timore di Dio ed a fare tutto per amore di Gesù. Non si trascuri l’Ora di adorazione mensile. Si consiglia il calendario delle funzioni liturgiche da tenersi nel corso dell’anno. Si compilerà d’intesa col Direttore Spirituale. Si facciano imparare bene a memoria le preghiere da recitarsi in comune. Si insista per la pausa, onde evitare la precipitazione. Si esortino alla confessione frequente e non manchino i confessori ordinari una volta la settimana e gli straordinari, ogni tanto. Non si ometta, senza grave motivo, il ‘circolo o quarto spirituale’. Lo tenga spesso il Vicerettoreo Prefetto d’ordine. I superiori e professori sentano il bisogno e l’utilità di fare in comune la S.Meditazione, scegliendo l’ora più comoda per tutti. Non manchino la sera di fare, in cappella, possibilmente con gli alunni anche per il buon esempio, l’esame di coscienza. Non manchino mai Superiori e professori alla benedizione Eucaristica”. Il vescovo esorta i professori perché “preparino la lezione e tengano un metodo proficuo. Evitino di fare sfoggio del proprio sapere e si preoccupino solo di comunicarlo nella misura dei soggetti riceventi. Mostrino stima degli alunni, senza mai avvilirli con epiteti bassi e mortificanti o con minacce di riprovazioni… decretate ab initio. Bisogna invece potenziare sempre la volontà dell’alunno, stimolando l’amor proprio e facendo sentire a lui fino all’ultimo giorno di scuola la possibilità di ripresa e di riuscita, onde evitare che si abbandoni. Si cerchi di ultimare il programma per Pasqua, per poterlo fare ripetere. I professori mai entreranno negli affari del campo disciplinare. Ma si faranno un dovere di dare con prudenza alla Direzione tutte quelle notizie ed informazioni utili al bene dell’Istituto. I superiori provvedano ad incrementare e a fare funzionare la Biblioteca per gli alunni, facendo versare una piccola quota annua. Il rettore ha l’obbligo non solo di vistare i registri; ma di visitare spesso le scuole, assistendo alle lezioni e prendendo visione diretta del profitto degli alunni. Evitare assolutamente, senza previo consenso dell’Ordinario, di cambiare ogni anno libri ed antologie, per amore di novità, con evidente danno delle già scarse possibilità economiche delle famiglie. Non si trascurino le lezioni di liturgia e di galateo. Bisogna attuare il metodo preventivo di don Bosco, santo, per non ricorrere a quello repressivo. Nessuna vocazione si perda per carenza di vigilanza. Sarebbe ciò colpa gravissima. Proibire nel modo più assoluto rapporti diretti di camerieri con alunni. Sostenere l’autorità dei prefetti. Evitare l’entrata di giornaletti, libri e stampa non buona. Vigilare su eventuali amicizie particolari, molto dannose. Sorvegliare scrupolosamente la corrispondenza. In tempo di ricreazione, specie la sera e dopo cena, si sia sempre un superiore in mezzo agli alunni per una paterna sorveglianza. Sorvegliare i ragazzi, che restano in casa durante il passeggio e quelli che si danno il cambio al pianoforte. Quando restano due ammalati nello stesso ambiente vanno sorvegliati da un terzo (viceprefetto) o visitati molto spesso dai superiori. Fare alla sveglia ed al riposo il giro di ispezione nei dormitori. Il rettore avvicini spesso gli alunni e ne faccia l’ascolto, avendo sempre parole paterne e di incoraggiamento, specialmente per i deboli e vacillanti; e mostri tutto il suo dispiacere e disappunto ai cattivi. Anche i subalterni faranno, quando i casi lo richiedano, ascolto e soprattutto indagini, riferendo poi al rettore, che interverrà nei casi più gravi, facendo agire nei casi ordinari gli stessi subalterni”. il vescovo nella relazione fa pure osservare che “il silenzio non si osserva bene. Occorre vigilanza dei superiori e maggiore ascendenza dei prefetti”. Consiglia inoltre di “cambiare spesso, e sempre che la disciplina lo richieda, i posti nello studio, nel dormitorio e, d’intesa con i professori, nell’aula scolastica”. Scrive ancora di “vigilare con prudente oculatezza nell’aula di udienza. Esigere che si parli in italiano”. Il vescovo fa notare infine che “in cattedrale si nota mancanza di modestia, di compostezza e poca conoscenza delle più elementari regole del cerimoniale”. Vuole che si raccomandi “la modestia ed una sentita partecipazione alle funzioni”. Il vescovo dopo avere impartito con autorità le norme che devono guidare i superiori nell’educazione dei ragazzi si rivolge direttamente all’economo e gli impone di “impiantare il Registro per annotare il denaro anticipato alla superiore per le spese minute… di fare vistare e firmare dal rettore volta per volta i mandati di pagamento… di fare gli acquisti all’ingrosso nel tempo più opportuno. L’economo deve evitare assolutamente spese di lusso, inutili, superflue o vane. Non può fare alcuna spesa di certa importanza senza avere prima inteso e ricevuta autorizzazione dall’Ordinario”. Vuole che si riducano “all’indispensabile le spese a carico degli alunni, in considerazione della povertà delle famiglie”. Afferma che “la diminuzione del numero degli alunni è dovuta anche alle troppe spese”. Vuole che si eviti lo “sciupo di energia elettrica”. Il vescovo ha notato che “molte lampade restano inutilmente accese per mancanza di sorveglianza”. Chiama in causa anche il rettore. “Egli più che l’economo deve sentirsi interessato a volere ed a realizzare ogni possibile economia”. Vuole che “i cibi siano sani e bisogna abituare gli alunni a mangiare di tutto”. C’è anche spazio per i rilievi positivi. “Abbiamo notato” scrive il vescovo “che il seminario è stato arredato, nel decorso anno scolastico, di tavole di marmo per il refettorio, di cattedre per i professori, di banchi per alcune aule scolastiche, di scrittori per alunni nelle camerate da studio, di comodini per i dormitori. La biblioteca è stata arricchita della Enciclopedia Cattolica”. Conclude il verbale della Santa Visita con un appello “a tutti colore che lavorano in seminario i quali devono amare il Pio Luogo; sentire l’eccellenza ed importanza della loro missione; avere il senso delle responsabilità e l’attaccamento profondo al proprio dovere. Essi devono avere grande spirito di sacrificio e di rinuncia, serenità di giudizio ed imparzialità di trattamento. Devono educare con l’esempio e considerarsi modelli continuamente osservati dagli alunni; devono lavorare con retta intenzione e cioè devono servire al seminario più che servirsi del seminario”. Si mostra sicuro che “il Signore non mancherà di benedire i generosi operai, che sanno lavorare disinteressatamente per la Sua maggiore gloria nel campo prediletto del seminario”. Il vescovo si augura, infine, che “con la benedizione di Dio e con la collaborazione di tutti il Pio Istituto potrà fiorire sempre più e preparare santi e dotti sacerdoti per la Chiesa. E’ quanto desideriamo e chiediamo”, scrive il vescovo “incessantemente al Signore con la preghiera”. Ma quali le modalità per entrare in Seminario? I ragazzi che chiedevano di entrare in seminario dovevano allegare alla domanda di ammissione i certificati di battesimo, di cresima, di buona condotta, di legittimo matrimonio dei genitori, di rivaccinazione e di studi. E ancora. Il seminario” dice il vescovo “non può avere posti gratuiti o semigratuiti. Se ci sarà qualche caso di gratuità sarà ‘eccezionalissimo’. Il parroco zelante, capace di sacrifici e rinunce, che ha i polpastrelli del pollice e dell’indice della destra non giallastra, saprà trovare, oltre alle vocazioni, anche i fondi per sistemarli”. Nell’agosto del 1947 si era augurato in una ulteriore notificazione di poter accogliere numerosi nuovi alunni e ben preparati. Ma ribadiva quanto già detto con due precedenti notificazioni di non potere accettare aspiranti “le cui famiglie non siano in grado di corrispondere la retta di 40.000 lire”. Ai parroci che non hanno inviato alcuna domanda di ammissione dice “di gettare la rete e troveranno, certamente, qualche buon ragazzo. I germi della vocazione” dice il vescovo, richiamandosi ad un pensiero di san Giovanni Bosco “sono sparsi nel cuore dei giovani più abbondantemente di quanto noi pensiamo”. Collaborano in quest’opera di promozione vocazionale anche i seminaristi, che in occasione della Giornata pro seminario declamano dal pulpito, nei loro paesi, il sermoncino durante la messa solenne, preparato in seminario. Per sensibilizzare il popolo al problema della vocazione nasce nel 1952 il periodico IRRADIARE, fondato e diretto dal rettore del seminario. Si trattò di un “periodico dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche che fu lanciato per fare conoscere meglio la sublime grandezza del sacerdozio cattolico e per documentare la vita cristiana nella diocesi. Anzi il Pastore lungimirante avrebbe voluto trasformare l’organo bimestrale in settimanale cattolico come nelle diocesi dell’Italia Settentrionale e circostanze impedirono la realizzazione di questo progetto”.
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