Giovedì 6 aprile 2017 ore 19.00 presso l’azienda MielePiù – Via Terre Risaie, 25/a – zona ind.le Salerno, sarà inaugurata la mostra “Prima Stazione” di Emiliano Aiello e Gino Quinto. A cura di Erminia Pellecchia e Massimo Sgroi. La mostra fa parte della rassegna culturale Collegamenti di cui è Direttore Artistico Valerio Falcone.
Conflitti (Testo di Erminia Pellecchia per Emiliano Aiello)
Un enigma in un labirinto. In realtà siamo creature in un labirinto (Julian Beck)
Immediatezza, spontaneità e impeto creativo: è la prima sensazione che si prova abbracciando l’intero corpo del ciclo “Conflitti” di Emiliano Aiello, prima personale dell’artista napoletano che, dopo sei anni di ricerca e sperimentazione, ha deciso di uscire dalla buia solitudine del suo studio e mettersi in gioco con l’imperativo categorico della denuncia: non arrendersi di fronte alla perdita di senso di un mondo pervaso dall’indifferenza, privato di coscienza critica e autonomia di giudizio, dominato dal “pensiero unico” del mercato. Pennellate etiche le sue, urlate sul supporto di legno o cartone, con colori violenti e contrasti cromatici carichi di pathos, la cieca forza primordiale dell’io emozionale e cognitivo contro il potere – “The wore”, prostituta”, come recita il titolo di una sua opera – che illude, distorce, manipola la società ormai deumanizzata e denaturalizzata. Il potere che è come “The cold kiss”, il “bacio freddo”, una “Copulation Commedy”, l’inganno di un amore che è solo calcolo.
E’ una talpa Aiello, che scava in profondità nel luogo interdetto dell’inconscio per mettere a nudo i conflitti ed i paesaggi interiori, per agguantare la luce nel groviglio delle ombre, per abbattere il muro dell’angoscia e riorganizzare, dal caos, il proprio universo personale pronto ormai ad esternalizzarlo in esperienze psico-sensoriali condivise. L’arte, per lui, lo dichiara come manifesto, è terapeutica, un cantiere aperto del cambiamento in un presente che definisce “The meat grinder” (Tritacarne) e che naviga sempre più nelle acque burrascose di un futuro incerto. E’ un irrequieto in cerca di riscatto Aiello, un dissidente che combatte la sua battaglia contro la dimensione lacerata di questo nostro tempo che ha azzerato la memoria e cancellato la storia, offrendo pasolinianamente il suo corpo gravido di ferite. Che devono rimanere sanguinolente, perché il dolore, il ricordo del dolore, è esistenza, resistenza e riesistenza. Non cerca la bellezza, l’armonia, frutto della nostalgia di una perfezione mancata. Il gesto di questo autore outsider è libero, grezzo, trasandato, raschia negli abissi, dipinge tempeste, partorisce creature livide, apparizioni allucinate e tormentate, drammatiche e deformate (il “Giro di vite”, ispirato al visionario Henry James) la bocca spalancata in un grido muto, alla Munch. Si materializzano, emanazioni dello spirito, nella colatura di colori spalmati, spesso con le mani, che si estende all’infinito in una contrapposizione-sovrapposizione dissonante e impura, in un horror vacui che lo costringe a riempire tutti gli spazi. E’ una pittura magmatica questa di Aiello, un’eco ancestrale dello Sterminator Vesevo alla cui ombra è nato e che sembra essere musa inquietante della sua produzione. Lo troviamo, come motivo figurativo (distruzione e salvezza, il divino pessimismo leopardiano) icona dell’architetto partenopeo che sfoga la matematica precisione della sua professione nelle cellule impazzite dal ritmo alternative rock dei mitici Fall e nelle fosche immagini bladeruniane mutuate sia dal cinema che dalla lettura dei romanzi discopici di Philip K. Dick. E’ evidente in “Conturbazione del Miglio d’Oro”, la Campania Felix trasformata nella periferia aliena di Blade Runner dall’uomo “Killer” (altro titolo ad effetto della tracklist di Aiello), assassino e cannibale del suo passato e del suo futuro.
La pittura – anche qui l’autore è controcorrente, usando un genere ritenuto a torto non più di moda – “è l’unica via d’uscita per dar fiato alla speranza ma è resa impraticabile dall’impossibilità dell’evasione, comporta sofferenza e dissidio”, sottolinea. La pittura diviene il mezzo, per lui estremo, di descrivere-trascrivere la realtà attraverso i flussi della coscienza, marcati nella tridimensionalità materica della superficie come enigmi nel labirinto dell’essere che può rivelarsi solo annegando nella profondità. Il modello è, lo ammette, l’Action Painting della Scuola di New York, il dripping di Jackson Pollock, la brusca figurazione di Willem de Kooning, la poetica del “disubbidiente” Julian Beck. Ma le radici sono europee, quelle dell’anarchia espressiva della breve, intensa stagione del gruppo Cobra, quelle della spiritualità negromantica e panteistica dell’espressionismo tedesco. “Cerco – dice Aiello nella sua assunzione di responsabilità e ricerca di giustizia – di avvicinarmi alla Grande Madre, offesa, violentata, ma ancora pronta a darci il suo colostro”. E si fa “Sciamano” come Beuys in difesa della natura, “la cattedrale perenne – avverte il critico Achille Bonito Oliva – che testimonia la religiosità dell’uomo moderno”. E’ pacificato Aiello alla fine del suo percorso intimo e spaesante che si svela nell’esposizione al Red di Valerio Falcone: “Lullaby”, la ninnananna che ha dedicato alla figlia, squarcia l’oscurità e diventa messaggio della certezza di un domani abitabile dove il confronto non è più conflitto ma ascolto.
Emiliano Aiello – biografia:
Emiliano Aiello nato a Napoli il 03/5/1971 si diploma presso il Liceo Artistico di Napoli 88/89. Laurea in Architettura con Lode presso la Facoltà Federico II di Napoli 14 dicembre 1999.
Master Universitario di II livello in “Tecnologia dell’Architettura” Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Facoltà di Ingegneria.
Dipingo manifestamente da 6 anni, ma è come se lo facessi da molto più tempo perché latentemente, anche quando ero impegnato nella mia prima professione, sentivo il bisogno di imprimere sui supporti più disparati (legno, guaina, plexiglas, etc.…) la mia visione della vita. Non mi ispiro a nessuno ma mi sento vicino all’espressionismo astratto americano, agli espressionisti tedeschi, alla transavanguardia e a molti altri ancora che hanno fatto della continua ricerca la loro ragione di vita.
I miei passi:
- 2014 selezionato per una collettiva tenutasi in palazzo Bastogi Firenze (palazzo della Regione Toscana) dal 14 dicembre al 22 gennaio per la XXXII competizione nazionale del Premio Firenze-Europa con il quadro “caos metropolitano” 100×100 mista su tela (con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Comune di Firenze, Città Metropolitana di Firenze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, etc….)
- 2015 selezionato per una collettiva tenutasi nelle sale del Palazzo S. Lorenzo a Poppi (AR) dal 22 novembre al 22 gennaio organizzata dalla ExpArt studio&gallery di Bibbiena con i quadri “concepiton” e “nutrimento” 70×80 mista su carta
- 2015 selezionato per una collettiva tenutasi nella sala convegni dell’hotel Domus Romana in via S. Carlo alle quattro fontane Roma dal 18 dicembre al 6 gennaio organizzata dalla galleria Eudaimonia Event” con il quadro “2di1” 100×100 mista su tela
- 2016 selezionato per una collettiva tenutasi nelle sale del Palazzo S. Lorenzo a Poppi (AR) dal 10 aprile al 12 giugno organizzata dalla ExpArt studio&gallery di Bibbiena con il quadro ” No flowers and power” 125×125 mista su legno
- 2016 selezionato per una collettiva tenutasi nel Mausoleo della Bela Rosin Torino dal 14 al 22 maggio per il CONCORSO INTERNAZIONALE 2016 VI edizione della Biennale Metropoli di Torino con il quadro “vuoi star zitta per favore?” 70×80 mista su legno (con il patrocinio di Regione Piemonte, Città di Torino, Torino Metropoli, etc…)
- 2016 selezionato per una collettiva tenutasi nel museo PAN Palazzo delle Arti Napoli organizzata dall’associazione NOTAR ACT con il quadro “da mihi factum…il Notaio una vita di sacrifici” 125×125 mista su legno (con il patrocinio di Regione Campania, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comune di Napoli, etc…)
- 2016 selezionato per una collettiva da tenersi nel Palazzo Fruscione dal 15 ottobre al 20 novembre per la II Edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Salerno con il quadro “the Samaritan” 125×125 mista su legno (con il patrocinio di Comune di Salerno, Editalia
Gruppo Istituto Poligrafico E Zecca Dello Stato, Ministero Dell’ambiente E Della Tutela Del Territorio E Del Mare, etc…)
- Mia prima personale a partire dal 21 gennaio 2017 per la durata di un mese presso gli spazi espositivi di FORNACE FALCONE per la cultura presenti all’Outlet Cilento di Eboli (in itinere).
ALLA FINE DEL TEMPO (Testo di Massimo Sgroi per Gino Quinto)
La ricerca dei nuovi linguaggi, le relazioni che le nuove forme dell’umano hanno con la visione contemporanea e con la memoria, la ricerca delle dimensioni immateriali. Sono queste le tematiche che attraverso l’arte contemporanea e che la rendono differente da tutto ciò che è venuto nei millenni precedenti. La diversa concezione della filosofia dell’umano ha cambiato la forma dell’arte stessa, essa non è più obbligata alla stretta codificazione estetica del periodo anzi, nel rapporto invasivo con la tecnologia, si libera dagli schemi per manifestarsi attraverso il video, la pittura, le tecniche di realtà virtuali, le installazioni e la fotografia.
Essere al centro della nuova funzione estetica significa identificare un luogo come detonatore dell’accadere artistico, renderlo relazionale alla mutazione della visione dell’uomo mediologico/immateriale, introdurlo nella concezione globale della cultura pur rimanendo fedele alla sua stessa identità di umano.
D’altra parte diviene assioma centrale capire da dove proviene la nostra cultura, che ruolo hanno, nella complessa contemporaneità, la nostra storia e le nostre tradizioni e come, in questa esistenza contaminata dalla visione elettronica, il cuore del cyborg sia rivolto verso una memoria millenaria.
Non esiste identità senza memoria; essa è rappresentata da cose talmente sedimentate nel ricordo da far parte del nostro essere abitanti di un luogo senza neppure pensare a ciò che ci circonda. Eppure basta guardare le opere di Gino Quinto; basta gettare lo sguardo sulla sue installazioni per accedere alla memoria assiomatica del nostro essere, per identificare le sovrapposizioni di oggetti con quello che noi siamo e con la terra cui apparteniamo. E’ la visione della bellezza “di scarto” che ci rende ciò che siamo; è la nostra cultura millenaria che ha fatto della permeabilità il nostro stile, il nostro modo di essere, che ci ha conferito la straordinaria apertura culturale che ci rende adatti alla vita anche sul confine del terzo millennio. Un’opera di Gino Quinto diviene più di ciò che è, rappresenta una alterità che significa, che identifica che ci permette di ricordare. Per questo osservare il lavoro dell’artista napoletano ha un senso per la nostra cultura, per la nostra appartenenza per la nostra capacità di sentirci uomini del terzo millennio senza dimenticare chi siamo. Per tutto basta guardare l’originale sintesi dell’opera dedicata a Pepe Mujica; apparentemente didascalica nella realtà messaggio essenziale e sintetico di una volontà e di una scelta di campo. D’altra parte quello che la sua sensibilità di artista coglie torna amplificato all’interno del mare della comunicazione contemporanea. Mai come ora l’arte di qualsiasi estrazione sia, riflette ciò che avviene nella vita reale senza, per questo, perdere la sua grande capacità affabulatoria. Essa è destinata, per sua stessa natura, a contenere archetipi e miti non potendo sfuggire alla maternità della memoria storica; perché solo così abbiamo l’illusione di poter guardare fino alla fine del tempo. Perché, anche nell’era del cyborg, ricordare significa comunque Essere.
Gino Quinto – biografia:
vive e recupera a Napoli come lui stesso suggerisce, la sua attenzione è rivolta agli oggetti abbandonati alla realtà consumata e dimenticata nei depositi e quella ammassata nelle zone di attesa agli angoli della città; questa la realtà dalla quale l’artista attinge, con la specifica ricerca di oggetti, giocattoli restituendo utilità all’oggetto di consumo, dando al disutile una nuova forma estetica e artistica.
“Sembrano ricreare piccole comunità, come se fossero fatti per stare insieme…assemblaggi di oggetti ritenuti ormai inutili, e che rivivono, attraverso i rivestimento a fuoco di bronzo dorato, e altri colori e materiali assumendo un nuovo status…”
Napoli come filo che collega i personaggi e gli eventi che scandiscono il percorso di Gino Quinto. Fin dagli anni 70 frequenta la bottega d’arte di Antonio Caiafa, la parete, condotta con passione da Giuseppe Russo, entrando in contatto con l’ambiente artistico che quegli anni floridi si incontravano per scambiare esperienze e concetti, ai quali Gino Quinto si appassionerà prima come collezionista poi come artista. Trent’anni passati ha costruire una propria identità stilistica e concettuale con incontri stimolanti con artisti e operatori culturali che sfocieranno con le prime esperienze espositive nel nuovo millennio.
info: [email protected]
Opere in pemanenza presso
Seguirono la Scia – Pinacoteca Museo Del Presepe – Rivisondoli (AQ)
Raccolta Differenziata – Facoltà di Medicina e Chirurgia – Napoli
Sarajevo – Facoltà Lettere Giurisprudenza SUN – S. Maria Capua Vetere (CE)
Addore Prezioso – Installazione presso la Bottega del Caffè Centro Storico Napoli Sotteranea – Napoli
Evoluzione della specie – Ufficio rettorato seconda università – Reggia di Caserta – Caserta
Opere presso collezioni
Enzo Sica – Napoli; Boiardi – Piacenza; Studio Di Dato Persico – Napoli;
PRICIPALI MOSTRE
2008 Il tempo liberato P.zza Plebiscito – Napoli
2008 Raccolta differenziata di Anonimo Napoletano (Personale) Galleria Transvisionismo – Castell’Arquato (PC)
2008 Oltre Confine Tiroler Fachberusschule fur Tourismus – Absam (Austria)
2010 Premio Rutelli Aula Magna – Facoltà di Medicina e Chirurgia – SUN – Napoli
2010 Seguirono la Scia Pinacoteca Museo Del Presepe – Rivisondoli (AQ)
2012 artisti in Vetrina (Personale) – Spazio Ramaglia – Napoli
2012 mokart a cura Officina Creativa Lineadarte – Napoli
2012 Premio Rifiuti in cerca d’Autore Cibarsi d’Arte per non mangiare rifiuti – Salerno
2013 In Contemporanea Ex Carcere Borbonico – Avellino
2013 Rivelazioni Casa della Corte – Agerola (NA)
2013 Remade Teche tè giochi e rigiochi (Personale) Art Point della Banca Popolare del Mediterraneo – Napoli
2014 Terra dei fuochi Installazione permanente Carcere San Francesco SUN – Santa Maria Capua Vetere (CE)
2014 1° Biennale d’Arte Palazzo Fruscione – Salerno
2014 La Bellezza delle donne Associazione La Fenice arte – Napoli
2015 7 artisti per un progetto Facoltà Lettere Giurisprudenza SUN – S. Maria Capua Vetere (CE)
2015 Voyage pittoresque (Personale) – Napoli
2015 Survivors a cura di Massimo Sgroi e Alfredo Fontanella – MAC3 Museo Di arte contemporanea – Caserta
2016 Le Memorie Invisibili (Personale) a cura di Massimo Sgroi e Alfredo Fontanella – MAC3 Museo Di arte contemporanea – Caserta
2016 Artperformingfestival a cura di Gianni Nappa – Castel dell’Ovo – Napoli
2016 …Alla fine del tempo (Personale) a cura di Massimo Sgroi Fornace Falcone Sala Delle Esposizioni – Cilento Outlet
Village – Eboli (Sa).