Casa nostra è in pericolo. L’otto ottobre scorso in Corea è stato presentato l’ultimo rapporto del gruppo di lavoro intergovernativo sui cambiamenti climatici: il clima che cambia mette a repentaglio la sicurezza alimentare, e non solo nelle aree più fragili.
È l’area mediterranea in maggiore pericolo, «zona in cui si trovano varietà locali coltivate in specifiche condizioni climatiche (ad esempio l’olivo, il pomodoro e la vite) a cui sono connesse economie complesse e avanzate.» Casa nostra è in serio pericolo.
L’Area Protetta del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è pienamente coinvolta in questi repentini cambiamenti climatici. Da anni gli scienziati si sgolano e gli ammonimenti si moltiplicano, eppure siamo davvero distanti dal prendere una posizione. E non ci riferiamo solo alle istituzioni, ma a tutti noi cittadini che non sembriamo affatto preoccupati dei segnali pur manifesti di un clima alterato. Prendiamo per esempio la raccolta olearia 2018: è stata definita un disastro, con una produzione dimezzata del 50% rispetto all’anno precedente. Agricoltura industriale e produzione alimentare mettono a repentaglio la loro stessa esistenza.
Le analisi su quanto il clima stia incidendo sulla produzione alimentare (e viceversa) iniziano a moltiplicarsi. Nel 2017 la Fao ha indicato un peggioramento delle condizioni di base che garantiscono la sicurezza alimentare in diverse aree del mondo: non si tratta solo di zone notoriamente critiche e nelle quali mancano da sempre le condizioni di base per la sicurezza alimentare, ma anche l’area mediterranea in cui si trovano varietà locali coltivate in specifiche condizioni climatiche a cui sono connesse economie complesse e avanzate.
Le stime degli esperti ci dicono che entro il 2050 assisteremo all’aumento delle condizioni di povertà e insicurezza alimentare di base per centinaia di milioni di persone. Gli stessi esperti dicono che il cibo sarà meno nutriente a causa dell’aumento della CO2 che renderà alcuni micronutrienti come ferro e zinco meno accumulati nelle piante e, di conseguenza, meno disponibili per l’alimentazione umana e animale.
Per quanto riguarda la produzione zootecnica, sempre quegli esperti di sopra ci raccontano che diversi studi hanno certificato in Europa la diminuzione della qualità del foraggio nei pascoli naturali dovute a cambiamenti delle precipitazioni. Un fattore che ha un’influenza diretta sulla qualità dei mangimi e, quindi, sulle diete animali e sulla diffusione di parassiti e malattie.
Anche mari ed oceani sono in pericolo: assistiamo all’aumento dell’acidità delle acque e alla diminuzione dei livelli di ossigeno, fattori che minano la resistenza delle malattie e la capacità riproduttiva delle popolazioni marine con conseguenti migrazioni, estinzioni, e l’aumento di specie invasive.
Il mondo sta cambiando, il clima sta cambiando, e anche noi dovremmo cambiare, ma siamo in ritardo. Dovremmo cambiare alla svelta, per non farci travolgere, per non estinguerci, per non scomparire tutti com’è successo ai dinosauri. Loro erano grandi e grossi, con un cervello grande ma poco sviluppato. Il nostro è più piccolo, è pulsante, pensante, razionale, non istintivo. Dovrebbe bastare per evitare le guerre che a più riprese stiamo sfiorando prima qui e poi là. Dovrebbe bastare per evitare l’eccessivo innalzamento delle temperature globali con annesso effetto serra. Dovrebbe bastare per consentirci di trovare un espediente ai troppi rifiuti che sopra o sotto terra provocano danni visibili e invisibili. Dovrebbe bastare, insomma, per non estinguerci!
Speriamo di avere abbastanza cervello da tener cura della nostra Terra. Speriamo che il nostro cervello sia ancora capace di inventare soluzioni innovative per vivere in armonia con tutti gli ecosistemi presenti sulla nostra Terra. E speriamo di non essere costretti a scoprire un altro pianeta solo perché abbiamo inquinato troppo il nostro. Io ho una grande fiducia in Noi e nel nostro cervello, fino a prova contraria!