È un borgo dalla doppia anima, Civitacampomarano, paese incastonato negli Appennini del Molise a circa 40 chilometri dal capoluogo, Campobasso. Come tutte le cose belle porta in sé una grande fragilità. Posto a oltre 500 metri sul livello del mare, domina un paesaggio mozzafiato ma altresì carico di tetri presagi. Calanchi e gole profonde, strapiombi che gettano una luce sinistra – intrisa di senso di precarietà – sul piccolo borgo. Nel 2017 un fronte franoso di 300 metri si è aperto e da allora il presagio si è fatto minaccia concreta. Migliaia di tonnellate di roccia che si spaccano stanno mettendo in serio pericolo la sopravvivenza del centro storico di uno dei borghi più belli della regione. È stato come il colpo finale inferto a un territorio già pesantemente provato. La curva demografica, specie dai primi decenni del Novecento, d’altronde è impietosa. I 3000 abitanti di inizio secolo si sono via via assottigliati, anno dopo anno, fino ad arrivare agli attuali 330. Ma ecco che viene fuori la seconda anima, quella vitale e resiliente che non si arrende ad un declino che parrebbe inesorabile. C’è una manciata di molisani (meno di 300 anime) che va ostinatamente in direzione contraria: ha scelto infatti di sfidare tutto, persino la forza della natura, pur di restare a vivere a Civitacampomarano, il paese che ha dato i natali a Vincenzo Cuoco e che vanta un passato luminoso, a tratti avanguardistico. La storia, la bellezza, l’arte: sono le ‘armi’ scelte da questi guerrieri moderni per arginare il declino, per spazzare via i fantasmi. Anche a colpi di bombolette spray, perché no. I guerrieri di Civita Contro tutto e tutti hanno scelto di resistere. Qui a Civitacampomarano, dove alla bellezza struggente fa da contraltare la quotidiana difficoltà ad andare avanti per i piccoli commercianti del borgo, si combatte una battaglia durissima. Loro però hanno scelto di restare. Il macellaio, il salumiere, la signora degli alimentari che è lì da sempre, e che da quando il borgo è meta di visitatori, che arrivano anche dall’estero per ammirare le opere d’arte sulle facciate delle abitazioni, sforna panini con prodotti tipici per soddisfare le esigenze del pranzo. Oppure la massaia che ha rispolverato le ricette della nonna per mettere su un fornopasticceria che produce dolci della tradizione. La resilienza passa anche attraverso marmellate e pasta frolla casalinga.
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