di Giuseppe Liuccio
Fu uno dei baluardi, con Magliano e Monteforte, per la difesa del potente stato di Novi. Fu di sicuro una fortezza/rifugio, un castrum a difesa della chora velina dalle popolazioni dell’interno. E’ stato punto di riferimento sin dal Medioevo per tutti i paesi del circondario.Ha dato i natali a cittadini illustri che ne hanno esaltato il nome in tutti i campi ed hanno ostentato con orgoglio le proprie radici su quel davanzale di collina spalancato sulla vallata, con le case a conquista di castello, fortezza inespugnabile in cima all’abitato, compatto nell’assetto urbanistico di chiese, case e palazzi gentilizi. Da un lato i contrafforti di Magliano che rincorrono, di insellatura in insellatura, le serre arcuate di Capizzo fino all’aridità lunare del Chianiello a far da quinta a Monteforte. Sul lato sinistro il Gelbison narra di pellegrinaggi di fede e di cultura per una Madonna Nera a garanzia di grazie per i pellegrini fedeli del Cilento, della Basilicata e della Calabria. Di fronte la vallata a ferita di fiume, tra poveri coltivi di un’agricoltura di sussistenza:Sono a Gioi Cilento e da un petto di collina dirupante mi godo lo spettacolo, a tutto tondo, nella gloria del sole con nell’aria il pro fumo penetrante delle ginestre in fiore in una luminosa giornata di primavera. Se traccio linee ideali tra il Monte Stella, Il Gelbison, la Civitella.,Catona di Ascea/Velia ne vien fuori un quadrato irregolare e con conseguente enclave nell’ampia accidentata vallata, in cui si respira aria di sacralità. Riesco ad individuare nel centro della valle l’Abbazia di Santa Maria di Pattano, un autentico gioiello di arte bizantina che ho visitato a più riprese nel corso degli anni, incantandomi alla Cappella di San Filadelfo con colonne straordinariamente belle nella semplicità della stilizzazione, con quei lacerti di affresco alle pareti ripresi con impareggiabile maestria dal recente restauro. Il catino absidale è tutto da godere in quei quattro angeli adoranti alla destra e alla sinistra del trono con la Vergine Oidighitria tra gli apostoli e le nove figure di Santi Padri.Decisamente un capolavoro tramandatoci dai monaci basiliani, che nel territorio ebbero laure. eremi e abbazie, dove insegnarono ai contadini il mestiere di regimentare le acque, gli innesti di nuove colture, l’arte di pestare salute dalle erbe officinali nelle farmacopee, di conciare nelle vasche pelli per le pergamene per confezionare libri di pregio.Tutto questo a dimostrazione che in questo territorio aleggia con testimonianze di rilievo anche una sacralità della cultura, a pochi chilometri da Elea dove è presente da secoli il Pensiero Antico nelle figure di Parmenide e Zenone, ma non solo. A poche centinaia di metri dalla Badia sulle rive del Badolato, che a poche centinaia di metri si fonde con il Palistro per confluire insieme, subito dopo, nell’Alento, fiume sacro alla memoria storica del cilento, a cui dà il nome, è pronto un bel teatro di 530 posti (sarà inaugurato mercoledì 13 maggio), che sarà un contenitore motore laboratorio di cultura e per un territorio ampio e di cui si avvertiva la necessità. Il Teatro è intitolato a Leo DE BERNARDINIS Ed è la conclusione di un bel percorso di una idea originale ed entusiasmante:UN TEATRO PER LEO.L’idea è stata di quel genio di folle feconda utopia che è Michele Murino, attore e regista di buon livello.Leo è, naturalmente, De Barardinis. Ma perché mai si chiederanno in tanti ? E cosa ha a che fare Leo DE Bernardinis con il Cilento? Semplice. Leo ha origini cilentane. Nacque infatti a Gioi nel 1939, dove il padre ebbe l’incarico di funzionario di prima nomina alla locale Pretura. Mi risulta che il Sindaco Andrea Salati, un medico colto che scava nella storia del proprio paese e la esalta è intenzionato a intitolare una strada al grande attore regista, scomparso pochi anni fa, anche su sollecitazione d’amore e di cultura di Michele Murino.Sarebbe un bel riconoscimento, oltretutto utile per dare voce e visibilità a Gioi;e, di sicuro, il volitivo. determinato e colto amico sindaco non si lascerà sfuggire l’occasione. Ed io aspetto, a breve, un invito per portare la mia testimonianza al valore di Leo. Lo conobbi alla fine degli anni ‘70/’80 del secolo scorso, a Roma, al Teatro Tordinona, che presi in gestione e tenni per alcuni anni nel cuore del Centro Storico della capitale, tra il Lungotevere, il Senato e Piazza Navona. Fu un bel periodo di intensa “curiositas” culturale, in cui mi caricavo di utopia con l’entusiasmo di un provinciale che voleva recitare un ruolo nella cultura nazionale: Ed in parte ci riuscii. Il “mio” Tordinona fu frequentato da Leo De Bernardinis, Benigni, Mastelloni, Troisi e i suoi compagni de “La Smorfia” e dai tanti emergenti del teatro d’avanguardia. Vi sbarcò anche un giovane e bravo Michele Murino con un testo di notevole successo Con Leo ripercorremmo sul filo della memoria gli anni della sua infanzia a Gioi e le sue esperienze cilentane.Con Michele siamo amici,da una vita, legati da reciproca stima. E’ l’anima estrosa, vulcanica e combattiva del Velia Teatro.Ci cerchiamo e ritroviamo sempre nelle occasioni importanti. Ora ci unisce la bella avventura nel nome di Leo. Con un teatro nel suo nome nell’interesse del nostro territorio comune(mio.di Leo e di Michele ):un bel sogno ormai realtà, una bella battaglia vinta nell’interesse del Cilento, che, non dimentichiamolo mai, deve puntare sulla CULTURA nella pienezza prismatica del termine se vuole mettere in moto un meccanismo fecondo di sviluppo Onore al merito al sindaco di Vallo della Lucania, che ha fatta sua la bella idea di Michele Murino e che ora è pronta per il taglio del nastro.. Io aspetto con comprensibile e legittimo orgoglio l’inaugurazione per gridare con entusiasmo a voce alta e chiara la bella massima di Federico Gacia Lorca “Un popolo che non esalta il proprio teatro, se non è morto sta morendo” : e per dire a tutti i miei conterranei cilentani”Benvenuti,( in nome di Leo) al teatro, dove tutto è finto, ma niente è falso”, come scrive il grande Gigi Proietti, nella consapevolezza che il teatro è vita,anzi come dicevano i greci “mimesis tou biou:specchio della vita, immagine della vita”