di Giuseppe Liuccio Da alcuni anni a questa parte nel Cilento c’è un crescente interesse per la cultura. Buon segno e, soprattutto, un felice auspicio per il futuro. Di sicuro anche nei nostri comuni fervono le iniziative nella direzione della riscoperta e valorizzazione delle tradizioni culturali del territorio; ed è in atto, soprattutto nel periodo estivo, una nobile gara alla ricerca dell’idea originale capace di sopravanzare ed oscurare le pur lodevoli attività del paese vicino. Il campanilismo ha radici antiche ed incrostazioni secolari e non risparmia neppure la cultura, che, per sua stessa natura è dialogo, apertura mentale, tolleranza, rispetto degli altri, apprezzamento e sostegno per tutte le iniziative valide chiunque le prenda ed in qualsiasi località si svolgano. Ma tant’è. Il municipalismo ha le sue regole ed i suoi codici di comportamento, in base ai quali i vicini sono sempre al di sotto di una spanna, qualunque cosa facciano. E la differenza va notata, all’occorrenza creata ad arte, sottolineata, ingigantita, gridata. E sulla base di questa logica, spesso perversa, fioriscono le iniziative e si moltiplicano le manifestazioni/fotocopie. E, purtroppo, spesso, la quantità va a scapito della qualità. Un esempio concreto è offerto dai “premi”. Ci sono quelli di poesia, di giornalismo, di storia e di folclore, di pittura e di musica. Si svolgono lungo la costa e nelle zone interne. Utilizzano nomi di località famose e di piccoli paesi, a stento noti anche a livello provinciale. E con i primi soli estivi un esercito di giurati, qualche volta di livello, spesso di cultura medio-bassa, non di rado semianalfabeti, sciamano tronfi e festanti per hall di alberghi ed aule consiliari, chiese sconsacrate e conventi, castelli turriti e cortili di dimore storiche, piazzette-salotti e spalti panoramici mozzafiato, per gratificare con assegni, coppe e pergamene pessimi versificatori acclamati poeti, pennivendoli da strapazzo consacrati giornalisti, mediocri amanuensi definiti storici, volgari imbrattatele salutati pittori. Il tutto in una patetica fiera delle vanità, nella cornice pacchiana da strapaese. Conclusione come da copione: ristorante tipico con menu casereccio, abbondanti libagioni con vini d’annata, brindisi retorici di premiati che omaggiano i giurati, del presidente della giuria che ringrazia il sindaco con toni ispirati e ne esalta sensibilità culturale ed il mecenatismo disinteressato, del sindaco che, soddisfatto e visibilmente commosso, saluta e ringrazia tutti e promette più impegno, maggiore e più generosa disponibilità per il prossimo anno. Bilancio: migliaia di euro sperperati, spessore culturale nullo, ritorno di immagine zero, risultati turistici inesistenti. Eppure i premi sono numerosi e crescono di anno in anno. Ce n’è qualcuno decoroso e di buon livello. Il resto è paccottiglia o quasi. Ciò nonostante il dispendio di energie umane e di fondi economici è enorme. Sicuramente sproporzionato rispetto ai risultati. Nulla da eccepire se non si trattasse di denaro pubblico, sottratto ai già magri bilanci dei comuni e delle pro-loco, elargito con logica clientelare da assessori e presidenti del variegato sottobosco regionale, qualche volta da presidenti di istituti di credito particolarmente sensibili alle pressioni del politico potente impegnato sul suo onore a sponsorizzare la vanità del suo capo elettore-sindaco. La dilapidazione dei bilanci pubblici per manifestazioni tanto inutili quanto costose e l’allegra gestione di cooperative e service di amici dei potenti è un capitolo tutto da scrivere: un campo spinato tutto da esplorare da giornalisti coraggiosi e, perché no, da magistrati tanto integri quanto curiosi. Le sorprese non mancherebbero. Ma torniamo ai premi per suggerire un metodo di lavoro nuovo e lanciare una proposta alternativa. Non ne ho la certezza, ma è facile immaginare che la cifra impegnata per i vari “premi” impunemente celebrati in tutto il territorio cilentano rasenti o addirittura superi i centomila euro. Con una tale dotazione irrobustita dall’apporto parcellizzato di Regione, Camera di Commercio. Associazione Industriali, operatori turistici, fondazioni, si potrebbe organizzare un PREMIO CLENTO di caratura internazionale, con giuria di alto profilo, capace di calamitare l’interesse di artisti di successo riconosciuto e consolidato. Il premio potrebbe, anzi dovrebbe essere itinerante e puntare da un verso su località capaci di accendere l’immaginario collettivo nazionale e internazionale, quali Paestum, Velia, Palinuro, e, dall’altra, centri popolosi in grado di fornire con i rispettivi retroterra il naturale supporto di energie umane ed un bacino di interesse di scuole di ogni ordine e grado, quali Agropoli, Vallo e Sapri. L’interesse dei critici militanti, del vasto e variegato mondo della cultura, della grande stampa, della radio e delle televisioni sarebbe assicurato. Il premio si inserirebbe di diritto nel novero dei Viareggio, Strega, Campiello, Bancarella, ecc. Il ritorno di immagine di tutto il Cilento sarebbe straordinario con ricadute positive sul mercato turistico di qualità. Una formula originale del premio potrebbe attivare un processo di rianimazione culturale lungo tutto l’arco dell’anno, aprendo il territorio e le sue asfittiche istituzioni culturali ad orizzonti di ampio respiro, offrendo a docenti e giovani delle nostre scuole uno stimolante campo di confronto. In conclusione una domanda legittima ed una risposta inequivocabile. Chi dovrebbe organizzare il Premio/evento? Credo che l’onore e l’onere dovrebbe spettare di diritto al Parco Nazionale del Cilento Vallo del Diano ed Alburni, che con la nuova “governance” sta lentamente ma decisamente acquistando fiducia nella gente cilentana. Merito indiscusso innanzitutto del Presidente, Tommaso Pellegrino, che sta dimostrando competenza e determinazione e, cosa di non poco conto, spiccata sensibilità culturale.
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