Si avverte da tempo un vuoto di leadership politica, unitamente ad un vizio antico, quello di andare ognuno per conto proprio.
Una moltitudine di Comuni, più o meno piccoli, ciascuno con la pretesa di essere autosufficiente, di bastare a se stesso, a volte solo un alibi che nasconde l’ambizione di alcuni a costruire carriere, utilizzando la municipalità come moneta di scambio per soddisfare le proprie ambizioni personali.
La fine dei partiti, la distruzione di una classe dirigente che veniva selezionata severamente ha fatto il resto, con il paradosso che oggi, dopo decenni di traguardi raggiunti, con la costruzione identitaria di una sorta di “microregione cilentana”, forgiata e tenuta insieme dai siti Unesco, dalle aree marine protette, dal pensiero filosofico di Parmenide, dalla Dieta Mediterranea e da un Parco Nazionale, non si riesca a remare tutti insieme nella stessa direzione.
È sorta l’Unione dei Comuni dell’Alto Cilento, sfruttando in modo intelligente le normative nazionali ed europee che favoriscono le aggregazioni amministrative, con evidenti vantaggi finanziari e decisionali ed importanti economie di scala.
Ma il limite è che nessuna aggregazione comunale o sovracomunale, per quanto grande, possa colmare quel vuoto programmatico che richiederebbe una vera coesione territoriale, capace non solo di difendere i presìdi istituzionali, quanto di allargarne i confini, potenziandoli, focalizzando al meglio investimenti e politiche di sviluppo.
Ospedali e reparti, Scuole e Musei, Tribunale e Uffici finanziari, le reti idriche, stradali e ferroviarie, giusto per fare qualche esempio, andrebbero tutelati con pari attaccamento e consapevolezza della posta in gioco.
L’errore più grave sarebbe invece quello di creare altri contenitori, alternativi e divisivi. Non abbiamo bisogno di uno spezzatino creativo: il Basso o il Medio Cilento che si distinguerebbero dall’Alto, quasi fosse una sterminata area geografica o addirittura un Continente.
Ripartizioni che andrebbe solo ad indebolire un territorio di per sè fragile e pieno di riserve naturali, ma anche mentali!
Recentemente il Vallo di Diano, realtà a noi vicina non solo geograficamente, avendo numeri economici di rilievo ed un patrimonio storico di assoluto valore, si è proposto con uno spot come un unico territorio da conoscere e valorizzare.
Un segnale ed un esempio di comunità, che segue altre analoghe iniziative, a cui i cilentani dovrebbero guardare come esempio, magari rilanciando proprio quei livelli istituzionali da troppo tempo parcheggiati nel sottoscala della politica, come la Comunità dei Sindaci del Parco.
Occorrerebbe ripartire da qui, senza avere quegli atteggiamenti di pregiudizio, non supportati da un’agenda politica degna di questo nome, paralizzandone la funzione propositiva e propulsiva.
Non abbiamo bisogno di primi della classe, di “città-stato” immaginarie o, peggio ancora, di un neofeudalesimo.
Una vera leadership si costruisce sui contenuti, sugli esempi, sugli obiettivi da raggiungere, tenendo insieme aree interne, fascia costiera ed aree antropizzate, senza lasciare indietro nessuno, senza velleità di rivincite e sentimenti di frustrazione.
Con una politica che sappia valorizzare lo straordinario “spartito ambientale, culturale ed antropologico”, con interpreti capaci di suonare con coralità, come i componenti di una grande orchestra, in attesa che a dirigerla sia finalmente un Maestro all’altezza di questo ruolo.