L’emergenza Covid-19, ha comportato l’interruzione o la rivisitazione di tutti gli eventi pubblici su tutto il territorio nazionale e ad oggi, la sola osservanza delle regole, non è sinonimo di tranquillità. Il legame con il report settimanale del dato epidemiologico, risulta essere ancora determinante per le prospettive estive. Pertanto, oltre ad una restrizione numerica prevista per le adesioni, lo stato di emergenza dispone ulteriori limitazioni sugli spostamenti e gli orari.
Ne parliamo con la dott.sa Gabriella D’Ambrosio, presidente dell’associazione “il Punto”, compagine di uno degli eventi più ambiti e rilevanti della cultura enogastronomica del Cilento. La sagra dei “Ciccimaretati”, meta annuale di molti, turisti e non, in programma a Stio Cilento dal 17 al 23 agosto.
Un impegno di quasi trent’anni per valorizzare le risorse della propria terra, attraverso il concetto della ecosostenibilità e di scelte coraggiose che hanno contraddistinto l’evento fino all’affermazione di un brand qualitativo e originale. Come nacque tutto?
Fu il frutto di una ricerca sulle abitudini alimentari della cultura contadina, con la volontà di fare promozione e preservazione della tradizione del posto. Piatti tipici presenti un po’ ovunque nelle zone rurali. Pietanze che in passato, segnavano il susseguirsi delle stagioni in correlazione alle esigenze delle attività lavorative. Ricordo che per selezionare i piatti, furono fatte delle interviste agli anziani dell’epoca. Era il 1992.
Negli anni ’90?
Si, costituimmo anche una cooperativa, “i Mulini”, con la quale si organizzavano percorsi escursionistici, offrivamo un vero e proprio pacchetto turistico. Ricordo che con l’Università degli Studi di Napoli, fu addirittura fatto un lavoro di classificazione e selezione delle erbe spontanee, per fornire ai visitatori anche informazioni di carattere naturalistico. Un’esperienza molto bella che lanciò lo spunto del paese albergo, con l’intento di riqualificare le case del borgo.
I residenti come risposero?
C’era molta diffidenza, la gente non credeva nel cambiamento e nelle potenzialità di alcune scelte. Tuttavia le risposte arrivarono quando ci fu modo di percepire le concrete possibilità dell’indotto.
Un impegno volto a creare fiducia nella preservazione, cos’altro fu fatto?
Molte nostre iniziative, fecero da propulsione ad altre. Si sviluppò un’attenzione lungimirante sul rivalutare qualsiasi cosa appartenuta alla storia del paese, come il centro storico. Idee che partorirono il ripristino del selciato di un tempo e la rimozione di tutti i materiali non consoni al decoro di un’area antica. Inoltre, in quel periodo, contribuimmo alla costituzione del Gal Regeneratio.
Tutte esperienze tesoro non solo di una semplice sagra, ma tutt’altro. Ciccimmaretati si presenta come un contenitore consolidato e riconosciuto, culturalmente ricco di aspetti antropologici, ma anche di innovazione.
Inizialmente volevamo andare anche oltre, l’idea era di coinvolgere molte più cose, come quello di riprendere la “Fiera della Croce”. L’idea di mettere in moto una serie di possibilità, per concretizzare un serio processo di preservazione culturale e di sviluppo.
In questi anni, quali sono stati i cambiamenti rilevanti della manifestazione?
Con il tempo, la promozione e l’organizzazione del lavoro hanno subito dei mutamenti. Le richieste sono aumentate e a sua volta la capienza dei posti, infatti abbiamo inserito un sistema di prenotazione digitale per agevolare la distribuzione dei tavoli.
Cosa c’è da aspettarsi quest’anno?
Purtroppo pensiamo di non poter rinnovare l’evento per via dell’emergenza. In questo momento è difficile per molte ragioni. Crediamo sia un atto dovuto assumere un atteggiamento di responsabilità e di rispetto, sia per le vittime, sia per i tanti che svolgono la professione del ristoratore, ai quali auguriamo un sereno ritorno al lavoro. Infine, abbiamo sempre sostenuto a nostro carico il finanziamento della manifestazione, l’incertezza che il periodo propone rappresenta un rischio impossibile da affrontare.
A cura di Angelo D’Ambrosio