di Diodato Buonora
Periodicamente vi ho abituato a qualche uscita “fuoriporta”. Pochi giorni fa sono andato a Cesena, comune, di poco meno di 100.000 abitanti, della provincia di Forlì-Cesena. È situato in un’area geografica caratterizzata dalla presenza di numerose aziende che operano in campo agricolo, gastronomico, fitness e tecnologico. Cesena è nota anche come «città dei tre Papi», difatti, diede i natali a due papi (Pio VI e Pio VII) e ospitò il vescovado di altri due (Pio VIII e Benedetto XIII). Il centro storico, comprendente numerose chiese e palazzi di notevole interesse storico, artistico e culturale, è delimitato dalle mura, la cui cerchia si è preservata quasi intatta, e da vari torrioni e porte posti ai piedi dell’antica Rocca Malatestiana. È una città leader nel mercato dell’ortofrutta europeo e vi è un’elevata qualità della vita in tutti i sensi. Non trovate una carta per terra, il traffico è limitato e controllabile, tutti rispettano le strisce pedonali (automobilisti e pedoni), non trovate una macchina parcheggiata fuori posto, grande rispetto del prossimo, la gente lavora e guadagna. Per certi versi, Cesena è molto simile alla Svizzera: calma, piacevole, precisa e ordinata. Spero che un giorno anche dalle nostre parti riusciremo ad avere una così bella vivibilità. Qualcuno penserà che lì c’è il lavoro, ci sono i soldi e la gente è più tranquilla. Non me ne vogliate, ma da noi, anche chi lavora ed è benestante, nei luoghi pubblici, spesso si comporta da incivile. È una questione di cultura e rispetto verso il prossimo che noi, purtroppo, secondo me, non abbiamo. In questa mia parentesi cesenate ho testato due ristoranti ed entrambi meritano considerazione e rispetto per la loro funzionalità. Il primo è stato l’Osteria “Michiletta” (Via Strinati, 41), in pieno centro storico. È una delle più antiche osterie di Cesena sorta nel 1854. Dal 1993 è gestita dallo chef Rocco Angarola insieme a Johanna Rapberger, che accoglie gli ospiti con grande calore, come se fosse a casa. Noi, in tre, ci siamo stati un martedì sera e fortunatamente avevamo prenotato, perché non c’era un tavolo libero. Leggiamo il menu, le proposte sono allettanti e non banali, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Personalmente ho saltato il primo ed ho scelto le “Crescentine con prosciutto crudo e squacquerone” come antipasto e successivamente il “Filetto di manzo al sale di Cervia con patate al rosmarino”, seguito da “Panna cotta con pan di miele e caramello”. Il tutto è stato correttamente presentato con le giuste quantità e una buona qualità. Il servizio, non eccessivamente professionale, è stato attento, presente e curato. Riguardo al vino, anche se la lista è ricca e assortita, meriterebbe più attenzione. Dico questo perché ho scelto il Taurasi 2008 di Di Prisco, che ho visto alla modica cifra di 22 euro, ed era esaurito. La titolare si è giustificata dicendo che era andato a ruba e mi voleva rifilare, allo stesso prezzo, un Campi Taurasini sempre di Di Prisco. Per i non esperti informo che il primo in enoteca si vende a circa 27 euro, mentre il secondo è commercializzato a circa 12 euro. È evidente che c’era stata confusione nell’attribuire i prezzi, perché il Taurasi del bravo viticoltore avellinese, nella ristorazione non si trova a meno di 35 euro. A questo punto, come faccio sempre, mi oriento verso un vino del territorio e la mia scelta è caduta su un “Bron & Ruseval 2013, Sangiovese-Cabernet Igt Forlì” delle cantine Celli di Bertinoro, commercializzato a 22 euro. Un vino ben fatto e piacevole che ha accompagnato degnamente la nostra cena. In tre abbiamo pagato 114 euro che, in base alla qualità, reputo corretto e onesto. La mattina dopo, girovagando, a pochi km da Cesena, mi sono ritrovato a Bertinoro. Bellissimo luogo sulle colline cesenate e il paese della cantina dove è stato prodotto il vino bevuto da “Michiletta”. Inutile dire che l’ho cercata ed ho fatto scorta del vino bevuto. La sera avevamo qualcosa da festeggiare e abbiamo cercato un ristorante, diciamo, più importante. Su consiglio del direttore dell’ottimo albergo “Best Western Hotel Cesena” abbiamo prenotato a “Quel Castello di Diegaro” (Via Emilia Ponente – Loc. Diegaro), su un colle appena fuori Cesena, un residence storico a conduzione familiare. Il posto di recente ha subito una ristrutturazione che gli ha conferito nuovamente il suo tradizionale splendore. Il ristorante è suddiviso in diverse salette. Il nostro tavolo era in una graziosa, curata, calda ed accogliente, finemente arredata con mobili dal gusto retrò, tante candele e fiori freschi, dove in totale c’erano una decina di posti. A riceverci il cameriere (credo Lorenzo) che ha garbatamente curato la nostra serata. Eravamo in 4 e guardando il menu che era ben redatto ed invitante, con degustazioni sia di mare che di terra, noi dalla “carte” abbiamo deciso di prendere tutti la stessa cosa: “Acciughe Cantabrico Serie Oro e alici di Cetara con pane di segale, piquillos dop di Lodosa e burro salato di Charentes”, “Cappelletti di magro in brodo” e “Costine di agnello in crosta di pistacchi al forno con carciofi in tegame”. Abbiamo apprezzato il tutto e possiamo dire di aver trascorso una bella serata. Come vino, ci siamo deliziati con il “Franciacorta Brut Saten Millesimato Ca’ del Bosco 2011” e l’ “Ombroso 2008, Sangiovese di Romagna DOC Superiore Riserva” delle cantine di Giovanna Madonia di Bertinoro, anche questo un vino di tutto rispetto. Dopo aver pagato il conto (245 euro), il cameriere ci ha offerto del rum (invecchiato 12 anni) con del cioccolato, lasciando la bottiglia sul tavolo. A trovare un difetto, è mancata la presenza di un responsabile (o titolare) che in ambienti del genere fa sempre piacere conoscere. Comunque Cesena, sotto il profilo ospitalità, vivibilità, ristorazione e enogastronomia è una città che merita di essere visitata.
La ricetta
Bucatini al sugo di alici e olive nere
Ingredienti per 4 persone: 320 g di bucatini, 12 alici nostrane grandi, 1 spicchio d’aglio, 16 olive nere, prezzemolo tritato, olio extravergine d’oliva del Cilento, 500 g di polpa di pomodoro, sale e pepe.
Preparazione: Pulite le alici, togliendo la testa, la lisca e la coda. Tagliatele a pezzetti di un paio di centimetri di larghezza. Tritate il prezzemolo insieme all’aglio spellato. Snocciolate le olive. In una padella capiente mettete un filo d’olio e il trito di aglio e prezzemolo. Fate soffriggere a fiamma dolce e dopo qualche minuto aggiungete la polpa di pomodoro. Mescolate, unite le olive, un pizzico di sale e fate cuocere per 5 minuti a fiamma media per far restringere il sughetto. Alzate la fiamma, unite le alici e cuocetele a fiamma media per 2-3 minuti. Abbassate la fiamma e fate cuocere per 5 minuti coperto. Spegnete il fuoco, regolate di sale e coprite. Lessate i bucatini in abbondante acqua salata e, poco prima di scolarli, aggiungete mezzo mestolo di acqua di cottura nella padella del condimento, quindi accendete il fuoco. Saltate i bucatini scolati a fiamma vivace nella padella del condimento per qualche minuto, girando di frequente. Servite immediatamente con un filo d’olio a crudo ed una macinata di pepe.
Vino consigliato: Cerasuolo 2015, Montepulciano d’Abruzzo Doc, Faraone.