Così nel febbraio 1975 scriveva il compianto Gaetano Giordano a proposito di Castellabate nella prestigiosa rivista turistica “Civiltà della Campania”, voluta dall’allora Assessore al Turismo della Regione Campania nonché componente della delegazione italiana all’UNESCO, Roberto Virtuoso, e dal Presidente dell’EPT Mario Parrilli. Era un articolo titolato “Pacem in maribus”, con chiaro riferimento a quella “Pacem in Terris” di Giovanni XXIII, pubblicata nel lontano 1963, con la quale il Papa richiamava tutti gli uomini ad una convivenza pacifica, senza più guerre. Un titolo giornalistico per Giordano con il quale sottolineare, giustamente, la sacralità della appena emanata legge regionale con la quale veniva istituito, primo in tutto il Mediterraneo, il Parco Naturale Marino di S. Maria di Castellabate. Il legislatore, dunque, attento già allora, 47 anni fa, si preoccupava per come andavano le cose nel Mediterraneo, – “un mare in pericolo di derubricazione a palude” scriveva ancora Giordano – e cominciava a correre ai ripari. Così quel parco marino di Castellabate diventava, per il futuro dell’uomo una speranza e non una utopia, un progetto che voleva il Cilento come “Giardino dell’Europa”. Un luogo all’epoca definito “ancora allo stato naturale”, con una costa variegata, frastagliata, dove si alternano scogli, alti dirupi, sculture alveolari scolpite dal sale marino e baie, calette naturali, dorate spiagge, come quella della Baia di Arena ad Ogliastro Marina sulla quale la tartaruga marina, caretta caretta, deposita le sue uova. E giù, sul fondale marino, intorno alla statua di Maria Vergine, si incontrano praterie estese di “Posidonia oceanica”, habitat naturale e prediletto di numerose specie di pesci e crostacei, alcune rare come quella del “pesce pappagallo” mediterraneo, o la “spinella di Castellabate”, crostaceo scoperto nel mare di Licosa. Già negli anni a cavallo della nascita di Cristo, il greco Strabone nella sua “Geografia” scriveva: «Chi navighi il golfo, da Posidonia, vede l’isola di Leucosia, a breve distanza dalla terraferma, il cui nome prende da una delle Sirene qui caduta dopo che esse, come si racconta, precipitarono nell’abisso del mare». E qui, intorno ad un antico faro ritto al centro di un fazzoletto di terra sabbiosa, sopravvive la lucertola dalla livrea verde e azzurra e nidifica il gabbiano corso, specie a rischio di estinzione. In modo sparso, tra le specie protette, lussureggia il giglio bianco selvatico, simbolo dell’iconografia di San Costable Gentilcore, patrono e fondatore di Castellabate. Era il 1123 quando l’anziano monaco Costabile, nato nel villaggio di San Giovanni a Tresino, elevato alla dignità di quarto Abate della Badia Benedettina della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni, decise la costruzione di un castello sul Monte S. Angelo, posto a dominio dell’ampio golfo di Salerno, per la protezione delle navi cristiane che transitavano per il sottostante mare dei miti. Ma anche per la cura di quegli abitanti che in case sparse rappresentavano comunque una comunità di cui prendersi cura, sia nei bisogni corporali che in quelli spirituali. Breve fu l’abbaziato di Costabile, ma il suo successore Simeone continuò l’opera, completando la costruzione del maniero che da allora si chiamò Castrum Abbatis, e prodigandosi, in perfetto spirito benedettino, a favore delle popolazioni, comprando prima il porto “Travierso”, oggi “Le Gatte”, dal quale sviluppò il commercio, e successivamente concedendo ai sudditi del potere feudale dell’Abbazia diversi privilegi, tra i quali la riduzione a metà degli aggravi, la donazione delle case da loro abitate e le terre chiedendo in cambio la loro bonifica e la coltivazione. Una storia di rapporti con la Badia cavense che, se pur con alterne vicende, non si è mai interrotta in questi mille anni di storia. Ancora oggi quel Castrum fortificato posto in cima al Colle S. Angelo, così chiamato dai Longobardi convertiti, resta di proprietà dell’Abbazia Benedettina della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni. La storia attuale è la profonda trasformazione avutasi nel tessuto sociale ed economico del paese. Già nel ‘700 numerosi furono i palazzi costruiti, riattati o ampliati da parte di una nobiltà napoletana e salernitana che prediligeva questi luoghi per i suoi riposi estivi. Ma dagli ’70 del secolo scorso con la “Pacem in maribus” si è avuta il cambiamento vero e proprio del paese: da territorio agricolo e dedito alla pesca si è trasformato in centro turistico, con la costruzione di strutture di ospitalità e comunque dedite all’economia del turismo. Una valore aggiunto al turismo è venuto dal mondo del cinema. Dopo il film “Benvenuti al Sud”, c’è stata una sorta di vero e proprio “pellegrinaggio” per vedere i suggestivi luoghi del set cinematografico; afflussi gestiti con oculatezza dalle amministrazioni comunali, senza che il paese venisse travolto da un mordi e fuggi che, alla fine, non lascia che scorie di un immaginato successo. Ed ecco giungere “Cinecibo” il festival internazionale del cinema a tema gastronomico durante il quale, sull’onda del citato film, si è avuta una simpatica sfida tra la mozzarella di bufala e il Consorzio del Gongorzola. Ma soprattutto Castellabate è uno dei Comuni inseriti a pieno titolo nel Parco Nazionale del Cilento-Vallo-Alburni, per cui “dieta mediterranea docet” sulle tavole private e tra i vari, ottimi ristoranti. E poi non è da dimenticare che tra le manifestazioni di Castellabate vi è l’annuale “Festa del pescato di Paranza”. |
Dalla spiaggia di Santa Maria è possibile godere di rossi tramonti nell’ultima linea d’orizzonte marino a richiamo di un “bel tempo si spera”. Poi si accendono le luci per un borgo antico colmo di suggestioni e di silenzi benedettini, si aprono i salotti letterari, mentre alla marina, d’estate, è un brulicare di gente composta, non chiassosa, che sa cogliere, nel parlare sottovoce, la bellezza di un angolo di costa, patrimonio dell’umanità.