«Non ascoltando me, ma il logos, è saggio convenire che tutto è Uno”.
(Eraclito, Diels-Kranz FR 50)
E se il grande Dante tra gli “Spiriti Magni” ti tiene nel Limbo insieme in compagnia di Democrito “che il mondo a caso pone”, a Diogene, Anassagora, Talete, Empedocle e Zenone, tu, maestro Eraclito figlio di Blosone, fosti in verità solo e remotamente assorto nel tuo solitario “segreto” vivesti la tua vita in disparte dagli uomini che non amavi e sdegnoso così come ti immaginò nelle fattezze austere del grande Michelangelo il pittore di Urbino, fosti al tuo tempo in “gran dispitto” altrimenti sdegnoso, intento a scrivere i tuoi aforismi oracolari, fosti per tutti l’“oscuro” ovvero colui che coltivando nel mistero il suo segreto ne fece scudo all’ingiuria del volgo. E certamente, maestro, “oscuro” lo fosti a quel “volgo disperso” di uomini che negligendo la “rotonda” verità (aletheia) si affidano alla “fallace” opinione (doxa) ignorando il “divino” ragionamento (ogos) ma non a coloro che incamminandosi invece per l’erta via della conoscenza, per la tua guida, si mette all’ascolto “del signore, il cui oracolo è a Delfi,non dice né nasconde ma solo accenna”, ché, la verità, sappia il saggio e fu scritto è “svelamento”, “rivelazione” e nessun uomo potrà mai osare “il suo stato del non essere nascosto” se non per il presagio di un dio! E poiché la potenza rivelatrice del divino“logos” non si presta alle basse “voglie” del volgo che insaziabile si placa solo ai piaceri della carne, altri uomini sono da cercare, quelli che tu dici, maestro, “uno è per me diecimila, se è il migliore” e che sollevandosi dalla folla dei “dormienti” coltivando, forse, maestro, qualche tua lontana ascendenza orientale, si faranno “risvegliati” e quindi capaci di incamminarsi per la luce illuminate del “logos” che tutto contiene. Scrive per te, alla sordità ed alla impermeabilità degli uomini “dormienti”, Diogene Laerzio, che: “di questo logos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadano secondo questo logos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole e in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini (i dormienti) rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo! ” E se questo fu scritto, maestro, non fu ai “dormienti” la tua opposizione al “logos” alterigia o superbia. Ché essi: assomigliano a sordi che anche dopo aver ascoltato non comprendono, di loro il proverbio testimonia: presenti, essi sono assenti” e quindi senza ali si rendono incapaci di “incamminarsi “ per quella via che “neppure se tutta la percorrerai potrai mai comprendere quanti sconfinati sono i confini, così profondo è il suo “logos”. Non alterigia quindi o superbia o vezzo di aristocratico come qualcuno ebbe a scrivere, “altero quant’altri mai e superbo, come è chiaro anche dal suo scritto” ma solo riverenza e meraviglia per un “logos” immutabile che uguale a se stesso, incomprensibile al volgo, pure prende forme mutevoli ma sempre per convenire poi nei suoi unitari congiungimenti che, come recita ancora un tuo “oscuro” frammento, sono: “intero non intero, concorde discorde, armonico disarmonico e da tutte le cose l’uno e dall’uno tutte le cose” e dove ogni realtà trova compimento tornando ad essere sempre tutto in uno e uno in tutto! Perché al di là della superficiale “vulgata” ( mi scusi il mio gentile lettore se camminando con lo zoppo…!) del tuo pensiero che ne fecero gli antichi che ti vollero già molto presto il filosofo per eccellenza del “divenire” e si sprecano i frammenti all’uopo richiamabili, tu volevi e sapevi, maestro, dire ed essere molto altro e non certamente o almeno non solamente il filosofo del divenire, ché il tuo pensiero era assai più profondo e complesso e mai avresti a fondamento della tua verità posto il “divenire” ché “ la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo” del tempio dove grave e solenne si leva alto nel cielo della “conoscenza” la profezia dell’oracolo e qui a dispetto del volgo si “pare” maestro, la tua grande umiltà, che ammonisce “ascoltando non me ma il “logos” è saggio convenire che tutto è uno!” Ed è questa, maestro la tua gloria e la tua grande scoperta, la tua rivoluzionaria “arma” sapienziale di cui dopo di te nessun filosofo potrà più fare meno e che gli antichi forse ancora troppo ripiegati sulla ricerca dell’”archè” non capirono affidandoti invece a quel “panta rei” che non ti onora e non ti comprende. Tanto fosti lungimirante al tuo tempo,maestro,che quando i tuoi concittadini efesini cacciarono il tuo amico Ermodoro e occuparono la città con una cattiva costituzione, tu ti dovesti difendere e ritirandoti in quel che fu una volta tra le sette meraviglie la gloria di Efeso, il tempio della “vergine saettatrice” Artemide, portasti con te, in segreto il tuo “logos” e depositando il tuo libro nella cella del tempio sotto il simulacro della dea, ti facesti tanto solitario e sdegnoso ed indifferente alla fama ed agli onori degli uomini, emblematico il caso del re di Persia Dario che dopo aver letto il tuo libro “Sulla Natura” meravigliato dalla tua grande sapienza, volle invitarti a corte promettendoti grandi onori, tu, nella tua fiera quanta vissuta lontananza dalle cose terrene, rifiutasti adducendo ed è il teologo e padre della chiesa Clemente Alessandrino a narrare, che tutti coloro che vivono sulla terra sono condannati a restare lontani dalla verità proprio a causa della loro miserabile “follia” ovvero per la loro insaziabile ricerca del piacere e ambizione di potere!
Orgogliosamente consapevole del grande “segreto” che custodivi volgevi, maestro, infatti il tuo sguardo solo e solamente al conseguimento della sola verità e tanto ti allontanasti da coloro che “si valgono della folla come maestra” e che si mostrano sempre pronti a dar retta agli ”aedi popolari” che non trovando altro interlocutore al tuo terribile “segreto” ti mettesti a giocare ai dadi con i fanciulli apostrofando chiunque degli efesini ti si avvicinasse: “Perché vi meravigliate, o malvagi? Non è forse meglio far questo che occuparsi della città in mezzo a voi? Testimoniando non la alterigia della condizione personale quanto piuttosto la necessaria “purezza” intellettuale e morale che la ricerca della verità che non si nasconde, richiede a chi veramente la vuole cercare, ché se “il pensare è a tutti comune, è necessario che coloro che parlano adoperando la mente si basino su ciò che è comune a tutti, come la città sulle leggi, e in modo ancora più saldo. Tutte le leggi umane infatti traggono alimento dall’unica legge divina: giacché essa domina tanto quanto vuole e basta per tutte le cose e ne avanza per di più..!” Ecco, maestro, la tua rivoluzione, “pensare” e pensare “su ciò che è comune a tutti” ed anche se alcuni dei tuoi celeberrimi frammenti recitano che: “nello stesso fiume non è possibile scendere due volte. Acque sempre diverse scorrono per coloro che si immergono negli stessi fiumi… negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo” e tutto, lo fecero gli antichi, sembra che il tuo pensiero possa essere raccolto in quel sintetico motto del “panta rei” tutto scorre (motto che nei tuoi frammenti per altro non si trova mai!) questo non fu o se lo fu solo in “superficie” il tuo pensiero ché altro e più profondo nascondeva il tuo “segreto” e fosti grande, maestro, a proteggerlo dal volgo ma è ormai giunto il tempo ed essendosi compiuta ogni promessa tu, maestro, finalmente, ora che la luce nascente del “logos” illumina ogni angolo del tempio ci condurrai ancora una sotto il simulacro della tua “Vergine Saettatrice” dove un dì di tanto fa deponesti il tuo libro e offrendolo al godimento di tutti noi romperai gli antichi sigilli dichiarando al mondo il tuo “segreto” che non il “panta rei” fu il tuo primo ed unico principio ma il “logos” eterno ed origine di tutte le cose. Quel “logos” che nella sua pur mutevole, cangiante visione unitaria dei contrari più tardi tutti chiameremo la “dialettica” e che tanto impressionò il grande Hegel, che non solo si fece tosto tuo allievo immantinente ma ebbe anche a scrivere nelle sue “Lezioni sulla storia della filosofia” che: “non c’è proposizione di Eraclito che io non abbia accolto nella mia Logica!” Questo, maestro, nei giorni del giugno assolato l’amore solitario il fiore che ti … porto!
(Chiusa nelle prime ore pomeridiane del giorno di venerdì 8 giugno 2018)