Caro candidato, chi l’avrebbe mai detto che nell’era di internet e dei socialnetwork avremmo dovuto assistere ad una campagna elettorale combattuta ancora a colpi di manifesti con delle belle facce stampate sopra. Già le facce …
Sono tanti e abbondanti i visi, che insieme al tuo, ci colgono lungo le strade che percorriamo in auto. I vostri occhi scrutano ogni passante che esce di casa per compiere i doveri quotidiani nei confronti della comunità in cui vive. I volti sono, in molti casi, ritoccati per dare il meglio di sé come quando si va ad un appuntamento importante. Gli abiti che indossate sono, in alcuni casi, scelti da professionisti per trasmettere sicurezza e completare al meglio l’interezza del messaggio: eccomi!
In fondo non c’è niente di male nel farsi conoscere e tentare di emergere dall’anonimato di un elenco interminabile di “colleghi” inseriti nelle liste concorrenti. Né possiamo essere sorpresi dal fatto che l’inventiva di porsi al di sopra l’uno dell’altra impegnandosi in una gara “spasmodica” per farsi notare fuori dal coro degli spazi predisposti dalla pubblica amministrazione come prevede la legge elettorale, sia un errore.
Vale la pena, però, segnalare un dispendio di risorse destinate da fasciare auto, ape, camion, vele … con manifesti 6X3 per rendere bene il concetto di chi ce l’ha più grande l’idea di se stessoa. C’è poi l’altra novità di coprire anche le auto aziendali mandando in vacanza per l’intero periodo elettorale la réclame commerciale: “la ditta può attendere!”. Infine, ecco che perfino davanti alle abitazioni, dai balconi degli uffici, sulle recinzioni dei giardini, davanti alle macellerie, alla pompa del carburante, sulle porte dei bar … vediamo affacciarsi i vostri volti in cerca di notorietà.
Il tutto è il naturale completamento del lavorio fatto ai fianchi di quanti già conoscono il candidato a sollevare le sorti dell’amministrazione del proprio comune. È ancora più importante per chi si è visto chiedere in voto per interposte persone con un il classico “santino” rifilato brevi manu.
La speranza di molti di voi è quella di diventare la sorpresa della tornata. Magari di non entrare tra gli eletti direttamente ma di posizionarsi in modo che se il proprio candidato sindaco ce la fa allora ecco scattare il meccanismo della premialità: i più votati sono nominati assessori e le seconde e terze linee si ritrovano seduti sugli scranni del consiglio comunale a guardare negli occhi i dirimpettai che ce l’hanno fatta.
A quel punto scatta, per tutti, l’euforia per essere arrivato nella “stanza dei bottoni” dove tutto è possibile. Si ripassa a mente le tante promesse fatte, prima a se stessi, poi agli amici e parenti e infine al cerchio più ampio del proprio elettorato. Intimamente ci si rende conto che il fardello che ci si è caricato sulle spalle è troppo pesante per trascinarlo a lungo e potervi dare seguito. Ed ecco chi si ripiega verso quel senso di impotenza che si fa strada nel proprio intimo: “quale bottone schiaccio per primo?”
Vorresti tentare il caso per vedere l’effetto che fa, ma ti rendi conto che sul tavolo c’è un solo pulsante. È quello del microfono per poter intervenire dopo aver chiesto la parola su uno specifico argomento. Per farlo è necessario seguire la procedura prevista dal regolamento consiliare. Se non lo fai il presidente dell’assemblea ha la facoltà di spegnerti perfino la luce rossa che indica il microfono attivo.
Infine scopri che l’unico modo per contare è quello di avere qualcosa da dire in merito a quello che altri hanno posto all’Ordine del Giorno. Si tratta di studiare i fascicoli, analizzare le proposte, interrogare i tecnici, confrontarti con i colleghi del gruppo di cui fai parte e, infine, fare un’interrogazione in merito all’argomento.
Però, nei momenti di scoramento potrai sempre ritornare con il pensiero ai quei giorni spensierati della campagna elettorale quando tutto sembrava possibile come affacciarsi su un muro, da un’auto, e fare l’occhiolino a tutti gli elettori che avrebbero potuto riconoscerti il merito di averci provato.