“Dove si svolse l’ultima battaglia di Spartaco?”. Certezze ancora non ci sono. Viene spostata qua e là per l’Italia meridionale. Ancora gli storici non hanno sciolto uno degli arcani della storia imperiale. Eppure qui ne disponiamo di sopraffini, rispondono ai nomi di Mario Mello e Fernando La Greca, e non hanno mai voluto confermare che quei sanguinari dei romani giusto dalle nostre parti sconfissero quella rivolta degli ultimi. A scuola, a chi ancora se ne ricorda, ce la spiegano così. La terza guerra servile, anche nota come rivolta o guerra di Spartaco, fu una guerra combattuta tra la Repubblica romana e un esercito di schiavi ribelli tra il 73 e il 71 a.C. in Italia; la guerra terminò con la vittoria dell’esercito romano, comandato da Marco Licinio Crasso. Ma dove? A Giungano gridava più d’uno erudito di paese, ed ecco arrivare – in tempi vicini a noi – uno spettacolo circense. Soldi della Regione. Da Trentinara, noto paese di feroci battutari suggeriscono così la continuazione della storiella. Dove si svolse invece l’ultima battaglia del sindaco di Giungano? Ma contro quei capaccesi oggi un po’ tutto: innanzitutto pestan, poi greci, romani e forse anche etruschi, e saraceni. E come finì? Lo saprete presto, il 12 giugno 2017. Sì, di questa storia non si sarebbe più parlato (con i grillini che andranno a leggersi delibere e congruità degli scontrini) se Palumbo non avesse fatto il gesto di sfida.
Più lo scarto ‘sto carciofo della politica capaccese e più vengono fuori le spine. Capaccese? Siamo ancora in agro di Giungano. E con questa storia di Mello che non ne vuol sapere di agevolare la leggenda paesana di Giungano. “Spartacus” non è stato solo una serie di film epici, i kolossal di Hollywood, ma una realtà di oltre centomila uomini impegnati in corpo a corpo tra di loro. Manca lo spazio prima ancora delle fonti scritte, ribadiscono i professori. Un’altra strada prende Francesco Palumbo, anche corroborato ab initio, da fondi regionali e dà il via a rievocazioni dal non troppo vago segno circense. Le fonti storiche? Buttiamoci in alcuni ampi fondi agricoli e facciamo rivivere la battaglia! Pare che adesso tutto si sia ridimensionato a una statua di Spartaco collocata in una piazzetta periferica con l’obiettivo di riqualificare uno spazio dove spesso, nel passato recente non quello imperiale, la gente disperdeva rifiuti. Pace fatta: il professore Mello ne comprende le nobili finalità e i giunganesi la smettono di rivendicare a sé la geografia della iniziale e più importante battaglia per l’emancipazione popolare. Tutto bene fino a quando a Palumbo non gli prende lo sghiribizzo di minacciare di andarsi a candidare a sindaco di Capaccio – Paestum. Da questo punto in poi, a farla breve, lo schema di gioco (Pietro Sabia devo venire a lezione da te!) è pressapoco questo. Palumbo parte a razzo. A sospingerlo è un corteo variopinto e divertente mondo pittoresco che usando i social network costringe un po’ tutti a parlare dell’impresa. Manco fosse la prima trasvolata atlantica. Nei giorni dove c’è il “silenzio” sul fuoco si soffia vigorosamente. Da Giovanni Piano ed altri è un fuoco di fila. Al focherello acceso così, in realtà di modesta entità, uno spintone va ad assestarglielo Paolo Paolino, uomo di mille ardimentose imprese che questa che vi andiamo a narrare potrebbe pure (ascolta un amico) risparmiarsela. Idem Palumbo. Paolino un risultato l’ha raggiunto ma ho paura che abbia determinato un altro caso di scuola di eterogenesi dei fini. Tutti e due, tipici casi di “hombre vertical” come dicono gli spagnoli, non possono più ritirarsi e debbono continuare ad andare avanti verso il campo aperto della sfida. Il destino di entrambi, in piena terra degli infedeli, è segnato ed è quello assai probabile della sconfitta. Come di Spartaco, ne ricorderemo i nomi e su di loro non cadrà la damnatio memoriae.
Rinfocola e provoca il comunicato stampa di Palumbo del 3 aprile 20017. “Ogni mattina ci svegliamo e leggiamo le baggianate dell’individuo di turno assoldato per generare confusione tra i cittadini o per gettare fango sul sottoscritto. Perché questi professionisti dell’informazione non si dedicano a fare inchieste sull abusivismo nell’area archeologica o magari sulle varie problematiche del territorio, anziché spendere il proprio tempo a incensare qualche parente?”. Chi sa, parli! In ballo non sono io che parenti a Capaccio non ho mai saputo di averne anche se considero amici alcuni miei compaesani che, in tempi ormai lontani, vi si trasferirono. Spostata la ricerca dell’articolista – parente lontano da me, registro una baionettata del maresciallo contro Paolino: “Un pensionato al soldo del primo cittadino per oltre 50mila euro all’anno”. Seguono un elenco di “promesse” (non so dargli un sinonimo), via la legge 22o, niente sottopasso o sovrappasso ferroviario che sia ma ripristino del passaggio a livello, nuovo mercato ortofrutticolo che fa muovere i carciofi non via camion ma con internet. In conclusione la mia idea è di un auspicio di veloce “disarmo” Palumbo – Paolino (si ritirino,ndr), anche perchè va raccolto l’appello di un esponente della società civile dello spessore dell’avvocato Mario Tambasco che si è dichiarato favorevole all’avvento di un sindaco “straniero” ma auspicando che non sia di Giungano (non sono di buonumore, sostiene l’avv.) ma bensì un “fratiello” di Trentinara. Che abbia ragione lui? Da altavillese non pentito mi sottraggo a ulteriori considerazioni e passo e chiudo.