Riprendo un discorso a cui ho fatto ampio riferimento nel mio articolo precedente pubblicato su questo giornale, parlando del mito di Niobe e della simbologia del melograno. Continuo, pertanto, il mio viaggio nella sacralità nel territorio di Capaccio-Paestum...
Mi convinco sempre più che sarebbe utile, oltre che bella ed interessante, una ricerca sulla letterarietà dei corsi d’acqua della pianura pestana non tanto e non solo sui fiumi più importanti e, in un certo senso, sacri alla memoria storica del territorio: il Sele ed il Solofrone. La pianura, infatti, era ed è ferita da altri fiumi, brevi di corso e di bacino, ma preziosi per la fecondità dei campi e, oltretutto, carichi di storia in grado di accendere i riflettori sulla sacralità delle nostre origini, come ho sottolineato anche ieri. E mi riferisco, innanzitutto, a Capodifiume, di cui mi sono occupato spesso su questo come su altri giornali. Sgorga alle radici del Calpazio, da cui una Madonna veglia e protegge uomini e campagne, reiterando nella ritualità il culto che fu di Era/Demetra e Persefone, dee di tenebre e luce, di morte e vita e, soprattutto, di fecondità nell’alternarsi delle stagioni. Il SALSO ne arricchisce la portata con quel salto di allegra e vociante libertà, che esplode all’argento della luce dopo un percorso di prigionia nel ventre oscuro e misterioso della terra. E l’acqua fu vita ad alimento di energia per la vecchia centrale idroelettrica e forza motrice per le ruote del mulino.
Oggi, come ieri, attraversa e feconda coltivi in operose contrade (Chiorbo, Cortigliano, Ponte Marmoreo), mormora sotto i ponti di strade e ferrovia. Lambisce, quasi a devota carezza, le antiche mura di Porta Giustizia, devia a gomito a conquista della popolosa Licinella, per, poi, correre spedito a mare, dopo un assaggio d’ombra nella pineta litoranea. Quel fiume è una straordinaria risorsa di miti, storia e beni ambientali da immettere nei circuiti dei mercati per una promozione del turismo di qualità. Infatti ripercorrere il fiume dalla foce alla sorgente, o viceversa, sarebbe un viaggio ricco di sorprese ad esplorazione di flora e fauna ripariali, a fruizione di campagne con masserie e case sparse, che hanno fatto la storia dell’agricoltura pestana e, quel che più conta, a penetrazione nel cuore antico, palpitante di fascino e di mistero, del territorio.
Per sfruttare al meglio questo patrimonio inestimabile, mi permetto di riproporre quella che spesso ho chiamato VIA SACRA FLUVIALE, che dovrebbe partire da Paestum all’altezza dell’ex Cirio ed arrivare alla sorgente, in attesa che in prospettiva arrivi fino alla foce. Il progetto, come ho accennato spesso potrebbe e, secondo me, dovrebbe utilizzare al meglio il percorso del fiume.
Vorrei oggi aggiungere una ulteriore nota a margine per una più approfondita e motivata riflessione. Da tempo e da più parti si è lamentata, ed io stesso l’ho fatto, la separatezza tra Paestum e Capaccio/capaluogo, relegando a terra di nessuno e di quasi assoluto anonimato il vasto territorio intermedio che, invece, ha tutti i titoli per recitare un ruolo importante sul piano delle infrastrutture culturali a coronamento ed esaltazione della Via Sacra Fluviale e dell’eventuale Parco fluviale Sacro che abbia il suo epicentro in Capodifiume, appunto. E credo che lo sappia, per diretta esperienza, la dott.ssa Marilena Montefusco, che mi onora di sua amicizia e che da qualche anno ha scelto di vivere.nella sua casa ariosa sulle prime rampe della collina di Pazzano di fronte allo spettacolo dell’orizzonte sconfinato del mare dei miti e della Grande Storia.
E, a tal proposito, mi permetto di suggerire: 1) Museo dell’agricoltura e della zootecnia a Spinazzo/Varco Cilentano, che fu e, in parte, ancora è luogo di produzione di uno speciale “cultivar” di pera “spadona” e di una storica “monta taurina”; 2) Le acque della fertilità: museo/biblioteca/videoteca, a Capodifiume/Chiorbo; 3) Il Roseto di Paestum a Ponte Marmoreo; 4) Dalle dee pagane alle madonne cristiane: il museo del sacro; 5) La diocesi ritrovata: riproposizione multimediale ragionata del governo dei vescovi di Capaccio. Ricordo che esiste, in proposito, una interessante pubblicazione di Giuseppe Volpi “Cronologia dei vescovi pestani”; 6) Terra e libertà, ricostruzione nel segno della multimedialità dei più significativi eventi della storia del ribellismo, da Spartaco a Costabile Carducci, passando attraverso la Congiura dei Baroni, possibilmente a Monticello; 7) Museo della memoria, come recupero dei vecchi mestieri e delle tradizioni più significativi (sarebbe ideale l’utilizzo del vecchio frantoio, di proprietà dei D’Alessio, se non ricordo male, a ridosso della Fontana dei Delfini, a Capaccio Capoluogo, una sorta di “come eravamo”, ecc. ecc.
Lancio queste mie idee, come proposta di una progettualità di ampio respiro, come recupero ed esaltazione del passato ad apertura di futuro sull’onda di MEMORABILIA (cose e pagine da ricordare) alla latina. Il progetto merita una ulteriore riflessione in questa direzione. Cosa che mi riprometto di fare. In attesa,ho motivo di ritenere che ci sia una vasta opinione pubblica sensibile e motivata a recepirla e farla propria. E non dispero che sia diffusa anche tra gli amministratori sia di maggioranza che di minoranza Io lo credo, voglio crederlo, debbo crederlo. FORTEMENTE.