8 Marzo
Una ricorrenza civile che dovrebbe rammentarci del reale ruolo della donna nella nostra società contemporanea.
Nonostante, fin dagli albori del tempo dell’homo sapiens sapiens, sia stata depositaria di conoscenze preziose, la donna da sempre è stata relegata ad un ruolo secondario per motivi socio-culturali, religiosi e discriminatori. E proprio la divisione delle competenze familiari, uomo cacciatore e donna agricoltrice e osservatrice dei fenomeni della natura, la donna è stata una carta vincente nell’evoluzione rispetto al cugino homo di Neandertal.
La dura battaglia per l’emancipazione femminile è un percorso di secoli di esperienze di singole eroine e personaggi storici e non frutto di un popolo di donne.
In questo giorno potremmo commemorare personaggi storici come la ribelle Boudicca,la filosofa Ipazia d’Alessandra, la nostra mecenate pestana Mineia, la Santa guerriera Giovanna d’Arco, la rivoluzionaria francese Olympe de Gouges, la contemporanea Malala Yousafzai,ma sono cime di grandi iceberg fatti di altre donne, la maggior parte di esse, che giornalmente concorrono al progresso della nostra società e che silenziosamente lavorano, soffrono e subiscono.
Dare voce alle donne silenziose ci permette di apprezzare quel substrato umano che dovrebbe accompagnarci nel nostro progresso sociale e culturale.
Nella nostra cittadina vive una donna silenziosa il cui lavoro è stereotipato da anni come in un rito arcaico, vetusto, quanto i nostri amati templi.
Era fine settembre del 1982, ancora si parlava di Paolo Rossi e Dino Zoff e mio padre mi accompagnò presso l’edicola Farro per comprare i libri delle elementari.
Avevo con me la cedola libraria della maestra ed entrai con lui nell’edicola.
Ricordo che il mio sguardo a malapena sovrastava il già consumato bancone, consegnai la cedola alla signora Farro e lei si addentrò in un labirinto di pile di giornali, libri e riviste.
Guardavo quel piccolo locale pieno zeppo di cose e sentivo l’intenso odore dell’inchiostro dei giornali misto a quello inebriante di libri nuovi.
Nel momento del pagamento dei due libri, guardavo questa signora già con qualche capello bianco e con un sorriso appena accennato porgermi i libri di cui avevo bisogno.
Passarono degli anni, siamo nel 1990, e ricordo quando posizionava le edizioni della morte del Presidente Pertini, lei che lottava come una novella Don Chisciotte contro il terribile vento “re terra” che eterno vive tra i palazzi dei “semafori” di Capaccio Scalo.
Passano ancora altri anni ed emigro per motivi di studi ma, quelle poche volte che ritornavo, vedevo sempre dall’auto quella figura femminile operosa come una formica accingersi a spostare pacchi e giornali.
Ormai ho già passato il dantesco “mezzo del cammin di nostra vita” da qualche anno
e mi sono ritrovato ultimamente a girare l’angolo del porticato e, proseguendo dritto fino alla fine, sono arrivato ad una montagna di scatole di carta che si muovevano. Inaspettatamente ho visto una vecchietta china e con lo sguardo acuto osservarmi e d’improvviso mi è tornato in mente quando io, per guardare i suoi capelli grigi, dovevo arrampicarmi sul bancone e, come in un dejavù, in pochi secondi mi sono passati avanti agli occhi gli anni della mia infanzia e dell’adolescenza e una riflessione mi ha invogliato a scrivere.
Quante persone saranno passate per la sua edicola ?
Quanti avranno comprato da lei libri e romanzi ?
Quanti giovani avranno acquistato riviste, giocattoli, cassette di giochi per computer, libri ?
Quanti amori sono sbocciati e finiti sotto quel portico?
E la signora Farro era ed è sempre lì.
Capaccio Scalo è in qualche modo debitrice morale con la signora Farro per essere un simbolo indiretto della nostra identità cittadina e della divulgazione di cultura e di informazione.
E’ una istituzione femminile che va valorizzata per il suo silenzioso lavoro di generazione in generazione.
Essere un’eroina femminile può cambiare il mondo degli uomini ma essere una donna lavoratrice e silenziosa lo forma giorno per giorno e, nel nostro caso, decenni.