C’entra o no Franco Alfieri – nota la sua storica idiosincrasia per i Valiante – nell’attribuzione del simbolo Pd alla coalizione condotta da Italo Voza nelle prossime elezioni comunali? Se rispondiamo sì dobbiamo o no pensare che l’eccesso di zelo serva a far allontanare il sospetto che lui possa avere dato il là al palumbiano tentativo di “invasione” del territorio politico – amministrativo di Capaccio – Paestum? Il sospetto nasce anche dal fatto che nel circolo dem di Capaccio gli amici di Alfieri non sono pochi e che, in parallelo, le odiate (da Alfieri) armate di Valiante crescevano di parecchio aiutate dall’adesione di Enzo Sica al Pd. E con i Sica stanno già Emanuele (già segretario del circolo Pd), e i già consiglieri comunali Pasquale Cetta e Franco Tarallo. Poi c’è il dato delle ultime primarie quando i 537 voti di Enzo Sica, su 1204 votanti, hanno fatto azionare l’allarme di Alfieri che non vuole certo rafforzare una concorrenza di calibro nella sua zona.
Enzo Sica è ancora temuto, addirittura dal potente Alfieri, oggi è più un valore che un demerito per l’ex sindaco. Non è così per Alfieri che non può pensare di governare un territorio così complesso contornando di yesman. Così la scelta, un po’ subita e un po’ adottata per opportunismo di pensare che Italo Voza goda ancora dei favori del pronostico di tornare a insediarsi sulla poltrona di primo cittadino. Sulla “Stampa” il sindaco di Agropoli, fedelissimo di De Luca, avendo portato il 93% alla mozione dell’ex premier. «Così ci mangiamo i 5 Stelle, altro che soprannomi», dichiara. Ma il messaggio che promana dalla vicenda capaccese, tutta interna al Pd, è ben altro. I “5 Stelle” possono stare tranquilli che resteranno ancora loro, e per intero, gli artefici delle loro fortune o sfortune. Capaccio Paestum. “Il simbolo del Pd al sindaco uscente Italo Voza? Una scelta unilaterale, sbagliata e non supportata da valide decisioni politiche”. A sostenerlo è il deputato Simone Valiante, unico rappresentante salernitano nella direzione nazionale del Pd. Decisione partita dall’alto. “La scelta unilaterale del partito provinciale di Salerno di attribuire il simbolo del Pd al sindaco di Capaccio Paestum Italo Voza – senza una preventiva discussione negli organi di partito, convocati solo per la ratifica di decisioni assunte in altri sedi, non ci può che trovare dissenzienti. Capaccio Paestum, è una delle città più importanti della Regione ed è presumibile che, decisioni non supportate da valide ragioni politiche, ci conducono ancora una volta verso rovinose sconfitte elettorali”. Valiante conclude: “Si tratta di una scelta politica sbagliata e di merito inopportuna che, senza la ricerca di una sintesi politica, evidenziano di fatto una concezione proprietaria dell’utilizzo del simbolo del Pd. Si mortifica così anche il lavoro di decine di militanti ed amministratori locali, che quando nessuno aveva nulla da distribuire hanno costruito il Pd in città”. Il precedente a Battipaglia. Il copione, già è stato messo in atto nelle elezioni comunali di Battipaglia, ma la testa dura di militanti storici come Davide Bruno e Egidio Mirra, ha evitato che il partito locale esplodesse ingloriosamente. A Capaccio si aggrava il modus operandi arrivando ad “accompagnare” il simbolo presso le rive desiderate cosicché da giugno ogni dissidenza o eterodossia si ponga già adeguatamente a distanza da quel simulacro vuoto che rischia di diventare il simbolo del Pd.
Così Ilario Lombardo, su “La Stampa” dell’8 maggio: “Il referendum è andato male per Matteo Renzi ma otto mesi dopo, ad Agropoli, città dove Alfieri è sindaco, Renzi ha preso il 93% dei consensi alle primarie del Pd. Oggi Alfieri è membro dell’Assemblea nazionale ed è all’hotel Marriott a godersi il successo del leader che per un pezzettino è anche il suo”. Quante fritture ha offerto? «Ancora con questa storia, è la mia dannazione». Ad Agropoli. In un collegio che raggruppa 10 comuni gli ho fatto prendere il 30% in più rispetto al 2013. Non è un fatto solo locale».
Ma come fa a portare così tanti voti? «Perché rispondo al telefono, sono serio e competente, e sempre presente sul territorio. Tutti si meravigliano perché se chiama qualcuno rispondo. E se non rispondo subito, richiamo». Difficile sfuggire alla sensazione di un tentativo di autoagiografia pur ben rintuzzata dal capace Lombardo. Antonio Maffeo, è un capaccese esponente dei Giovani Democratici, figlio di un socialista ancora ben noto negli ambienti politici. “Non sono per nulla sbalordito della scelta fatta che il simbolo PD sia stato dato al Sindaco uscente Italo Voza, nonostante che il PD cittadino è stato opposizione all’interno del consiglio comunale in questi anni”, spiega. “Tralasciando l’incoerenza ed il trasformismo, perché si potrebbe aprire una lunga discussione – dice – chiedo ad i vertici provinciale del Pd Salernitano come sia stato possibile affidare il simbolo PD senza indire nessuna assemblea pubblica tra gli iscritti calpestando le espressioni dei tanti militanti”. Alla base di tutto questo – conclude – vedo solo un calderone di nomi che non condivide idee e progetti ma diventa solo una bandierina messa su Capaccio da qualcuno”.
La teoria di Angelo Quaglia. Ognuno la vede come vuole, ma che sia una tardiva presa di distanza da Palumbo, una mera bandierina segna posto o un favore fatto a Voza accreditato di una forza propulsione politica di cui non godeva, tutta intera la storia della lista Pd presente nelle elezioni di Capaccio non convince militanti e simpatizzanti. A meno che non abbia ragione Angelo Quaglia che “sospetta” di tutti i suoi contendenti alla carica di sindaco di evidente simpatie Pd e che userebbero il primo turno solo per contarsi per poi convergere sul vincitore. però Alfieri, spalleggiato da Landolfi, hanno dato una chiara indicazione di voto.