Il prossimo 11 giugno ci sarà una importante tornata elettorale amministrativa. Nei primissimi giorni di maggio scadono i termini per la presentazione delle liste. È da supporre, quindi, che nei comuni interessati ci sia un gran da fare per gli ultimi ritocchi ed una frenesia di riunioni per convincere gli incerti e stringere gli accordi con i riluttanti per garantirsi (o sperare di garantirsi) la vittoria finale. È questo il clima che si respira alla vigilia di ogni campagna elettorale. Notizie in tal senso mi arrivano da Capaccio Paestum, dove da mesi si combatte una campagna elettorale con un linguaggio spesso polemico o addirittura astioso, con frequenti e, a volte, insperati colpi di scena: cambi di casacca, ritiro di candidature e conseguenti accordi, palesi o sottaciuti, tra candidati finora rivali, abiura della “civicità” che non garantisce più il voto dei disimpegnati, riscoperta virtuosa dell’impegno ideologico per garantirsi, in caso di vittoria, il filo diretto con il Potere della Politica che conta all’ombra del Pd spesso rinnegato e poi ritrovato spontaneamente o per folgorazione improvvisa di fede sulla strada di … Cuccaro, che, nonostante tutto, resta ancora affollata, ecc. ecc. E di tutto si discute, su tutto si dibatte animatamente fuor che dei e sui programmi. Semplicemente perché non si pone all’o.d.g., salvo pochissime e lodevoli eccezioni. Eppure la campagna elettorale è, o dovrebbe essere, da tempo immemorabile una occasione per una lettura rigorosa delle potenzialità inespresse e, soprattutto, irrealizzate del territorio che ci si prefigge di amministrare. Ancora una volta ci si esercita a proporre più per CHI VOTARE che per COSA VOTARE. E la corte/caccia ai candidati privilegia i portatori, veri o presunti, di pacchetti di voti per clan familiari e, per gli operatori economici a tutti i livelli, di influenza su lavoratori dipendenti, piuttosto che portatori di idee e di valori. E alla malora la raccomandazione accorata dell’amico DE CARO, che, ritirandosi dalla candidatura a sindaco, invocava di tenersi alla larga dai mercanti di voti e proporre ed esaltare programmi e proposte operative. Quella di De Caro è anche una mia idea da sempre. E l’ho reiterata più volte nel mio impegno di giornalismo militante e di modesto intellettuale, nato nell’ultimo avamposto della Kora pestana e, come tale, “straniero” della lunga schiera dei “barbari” (oi barbaroi) come i greci puri chiamavano gli “stranieri”, senza patria e senza diritti. E non mi sono riscattato, agli occhi dei puri, neppure con i miei scritti definendomi con orgoglio di identità e di appartenenza, “Ulisse pellegrino” e ritenendo Paestum “la mia Itaca” con motivata convinzione. Resto, nonostante tutto, uno “straniero”. Ma continuo a sostenere con forza e convinta determinazione che il futuro di Capaccio Paestum sta ancora e innanzitutto nella CULTURA, ricordando a me stesso prima che agli altri, candidati e non, il rapporto privilegiato che il nostro Paese (Italia) e conseguentemente, anche e più ancora, Paestum, nella sua qualità di città mondo, dovrebbe avere con la cultura nella sua ricca e varia articolazione di linguaggio/i. Oltretutto il rispetto del e per il nostro passato culturale è sancito esplicitamente dall’articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Ed i costituenti hanno, così, sacralizzato per legge non solo la tutela ma anche il dovere/obbligo altrettanto fondamentale di promuovere lo sviluppo della cultura. Ed è ovvio che senza educazione alla memoria culturale capace di rendere vivo e vitale il nostro patrimonio culturale storico artistico ogni possibilità di accesso ad esso da parte dei cittadini italiani (pestani in questo caso) sarà irrimediabilmente bloccato sul nascere. Il tutto con buona pace delle dichiarazioni sfrontate di un autorevole nostro ministro dell’economia che, appena pochi anni fa, dichiarava impunemente che “la cultura non si mangia” e nessuno lo rimbeccò con altrettanta e maggiore autorevolezza che la cultura non si mangia però si monetizza e produce economia. E tutti lasciammo passare la difesa piuttosto supponente della supremazia dell’aridità del pragmatismo economicistico. Tralascio, poi, per carità di patria, la gestione della Cultura e del Turismo e, quindi, del Turismo Culturale, nel senso più pieno e completo del termine, negli ultimi anni nel comune di Capaccio Paestum, dove ha imperato un inamovibile assessore del settore, sopravvissuto al cambio di diverse consiliature con diversi sindaci, spesso di opposti orientamenti politici, in virtù della forza di contrattazione di un consistente pacchetto di voti. Eppure ne avrebbe avuto e ne ha Paestum di “monumenti” da valorizzare ed esaltare utilizzando tutti i linguaggi, dalla parola (prosa, poesia), alla pittura, all’archeologia, alla multimedialità, al cinema, al teatro ecc. Già la parola “monumento” ce ne offre la chiave di lettura nell’etimo, che deriva dalla radice del verbo latino “monère” che significa “ammonire per ricordare”. Ce ne ha dato un esempio straordinario il Direttore del Museo e dell’area Archeologica, il prof. GABRIEL ZUCHTRIEGEL con le valide iniziative cha hanno acceso i riflettori, nazionali ed internazionali, sul nostro patrimonio pestano e, soprattutto, con le sue riflessioni di grande respiro culturale su “La Tomba del Tuffatore”. “La ricerca – scrive – tende a vedere nel tuffo non una scena narrativa, ma una rappresentazione metaforica del passaggio dalla vita alla morte”. Ed io mi riprometto di ritornare sul tema con un articolo a parte, perché lo merita tutto. Qui ed oggi mi preme sottolineare che i candidati sindaci al governo di Capaccio Paestum, città mondo, si debbano innanzitutto preoccupare di scegliere candidati/consiglieri che siano portatori di valori di grande spessore etico/morale in omaggio all’etimo della parola “candidato” da: candidus, bianco, pulito, irreprensibile sul piano morale; e, possibilmente, preparati sul piano culturale in modo tale da avere consapevolezza ed orgoglio dell’enorme patrimonio di storia e di arte che intendono amministrare. Con molta umiltà ma con molta determinazione e convinzione mi permetto di suggerire a tutti gli amici candidati/sindaco di invitare i loro candidati a tutti i livelli e in ogni lista, a documentarsi, alla meno peggio, a svolgere con decoro e dignità ruolo e funzione a cui si candidano, privilegiando storia, arte e monumenti che amministreranno. E mi piacerebbe che le loro linee guida, il loro vademecum fosse legato a quattro verbi intimamente collegati e correlati tra di loro: CONOSCERE, AMARE, DIFENDERE, PROPAGARE; anzi CONOSCERE PER AMARE; AMARE PER DIFENDERE; DIFENDERE PER PROMUOVERE E PROPAGARE. Così, forse, riusciranno a cambiare anche il nome della strada/via “elice codiglione” (sic!) con il nome di un dio/dea/ninfa del mito o di uno scrittore poeta, artista insomma, che ha onorato con la sua arte una delle più belle e significative città della Magma Grecia. È il primo esempio di toponomastica che mi è venuto in mente. Buon lavoro e Buona Fortuna a tutti! Soprattutto alla città di Capaccio Paestum. Di cuore.
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