di Giuseppe Liuccio Nella topografia della città antica, Porta Giustizia si apriva sul corso pacioso del fiume alla conquista lenta del mare con il suo carico di storia e storie raccolte lassù alla sorgente sulfurea della dea delle acque. Al di là si stendeva la campagna fertile con il suo reticolo di strade costellato dalle postazioni di villae extraurbane, regno di latifondisti romani con l’esercito degli schiavi a fecondare agricoltura di qualità nel sudore dei solchi. Da un lato, verso le colline di Convignenti e Cicerale, si inerpicava la strada, che, scavalcato il dorsale di Finocchito, planava a comoda discesa verso l’Alento a conquista del mare di Elea su zattere veloci. Era la via interna dei commerci tra le due città magnogreche, più sicura delle rotte del mare, esposte spesso ai capricci dei marosi e agli assalti improvvisi dei predoni. Dall’altro lato, la strada marina, più agevole e panoramica, puntava su Agropoli, che dovette essere, forse, un quartiere-città residenziale, accovacciata sul promontorio, nel delirio di sole e mare e con il vento carico di profumi ed echi di miti e leggende di amori, di eroi e semidei.Quel rettangolo irregolare di territorio, a perdita d’occhio nella distesa della pianura, che trasmigra ardita sulle colline di Pazzano e Cannito, con i monti Sottano e Soprano a far da quinta, è delimitato dal corso di due fiumi ugualmente sacri alla memoria dei luoghi, il Solofrone e Capodifiume. Quelli della mia generazione se lo figurano ancora nel paesaggio rurale dell’immediato dopoguerra con case basse e rade a custodia di “poderi”, inferno e paradiso di sudori e speranze di coloni crocifissi alla terra. Eppure sulle tracce degli Antichi Padri è possibile ed, in qualche modo, doveroso riproporre un itinerario che faccia leva sulla cultura per qualificare l’offerta turistica in una feconda sinergia di progettualità tra Paestum e Agropoli… Da Paestum a Punta Tresino gli antichi disseminarono postazioni di “villae” extraurbane ad esaltazione di agricoltura di qualità e templi a culto di divinità per propiziare protezione. Santa Venere e Linora, lungo il mare, Spinazzo e Varco Cilentano, nell’interno della pianura, stanno ancora lì a testimoniarlo con schegge di reperti, che reclamano studi approfonditi ed ulteriori ricerche. Oltre il Solofrone, lungo il mare che anticipa la città, Agropoli vanta, a San Marco, i resti di una villa marittima, a conferma di vitalità già nei tempi antichi. A leggere lapidi e frammenti vascolari, il centro dovette essere una sorta di zona residenziale, con insediamenti di lusso per la buona borghesia imprenditoriale e commerciale. A Punta Tresino blocchi mastodontici a dominio, purtroppo, di macchie e rovi intricati, esposti alla brezza iodata, testimoniano lontana e prestigiosa storia degli antichi “Trezeni”, che qui ebbero attività economiche e culti religiosi. Il fiume Testene fu testimone, a sua volta, di insediamenti, che dal mare e dalla pianura trasmigrarono verso le fiorenti colline. Mattine, che oggi sconta il fallimento di arditi centri commerciali e si apre a prospettive di potenzialità inespresse di un polo industriale, recupera dalle nebbie del passato qualche traccia prestigiosa di avamposto di pianura con strade di penetrazione verso i “castra” di Convignenti, Giungano e Trentinara. C’è dove attingere a piene mani per esaltare una Grande Storia in un rapporto di feconda collaborazione tra le due città contigue: Paestum ed Agropoli, appunto. Però c’è una frattura tra Paestum ed Agropoli. Il percorso va riportato ad unità, recuperando ed esaltando quanto vi è di buono e valido nel territorio, ipotizzando ed attrezzando un unico grande POLO TURISTICO, che punti a: creare un auditorium, attrezzato di opportuni servizi di accoglienza; un’area sportiva con impianti di valenza e dimensioni olimpioniche; un consorzio per un progetto condiviso che lanci sui mercati una offerta di qualità con iniziative di cultura e di spettacolo di respiro internazionale; un centro espositivo per il mercato dei prodotti enogastronomici ed artigianali del territorio, ecc. ecc. Il tutto in una prospettiva di creare un’unica città, che recuperi ed esalti la memoria storica della grande Poseidonia. Ed è una felice coincidenza che Agropoli e Paestum siano impegnate contemporaneamente nelle elezioni per eleggere le rispettive Amministrazioni Comunali. È una occasione preziosa per dibattere insieme del proprio futuro, che, se disegnato e perseguito insieme, rivoluzionerà il territorio per ricchezza, varietà e qualità di offerta. E, allora, diamoci sotto, senza sciocche, dannose ed improduttive rivalità, per creare un originale CAPTUR (Consorzio Turistico Agropoli Paestum), che avrebbe, a mio parere, la forza dirompente di cambiare faccia ad un intero territorio sul piano culturale e sociale, ma soprattutto economico, immettendo nel circuito delle attività produttive le zone a destra e a sinistra del Solofrone, in un progetto d’insieme, in feconda sinergia, nella consapevolezza che insieme si cresce, da soli si deperisce e muore. Ad Agropoli da tempo Alfieri ha lanciato nell’agone elettorale il suo vice Adamo Coppola. A Capaccio Paestum si scaldano a bordo campo otto candidati sindaco, dando prova ulteriore della coriandolizzazione delle forze politiche, che rispecchiano la lacerazione della società civile. Ma c’è chi carezza l’idea di un “papa straniero”, proprio nella persona di Franco Alfieri, che potrebbe approdare oltre il Solofrone per il progetto ambizioso di fondere le due realtà contigue per farne un’unica GRANDE CITTÀ. C’è chi giura che sarebbe l’uomo adatto per lanciare e vincere una sfida di portata storica. Probabilmente è il tema che animerà il dibattito di queste festività, come incubo/tormento per alcuni e speranza luminosa per altri. Mai come in questo caso, allora, il vecchio adagio degli auguri tradizionali calza a pennello. “Buona fine e Buon Principio!”
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