Macchine infernali, così le avrebbe chiamate anche Kevin Wayne Jeter, autore dell’omonimo romanzo pubblicato nel 1987, narrando le disaventure del protagonista George Downer, alle prese con dei congegni meccanici, ereditati dal padre, nella Londra Vittoriana. Dispositivi diabolici, questo pare sia l’appellativo più consono nel descrivere le c.d. “macchine mangiasoldi” ovvero le slot-machine, inventate nel XIX secolo dal tedesco Wilhem Conrad Rontgen e riprodotte poi nel 1907, negli Stati Uniti, da Charles Fey. Probabilmente da subito qualcuno si è accorto che questi congegni potessero diventare un vero affare nelle bische clandestine, durante il periodo del proibizionismo, e in seguito nei casinò. Un divertimento e un gioco che è andato negli anni sviluppandosi e aumentando in maniera sproporzionata, tanto da interessare i legislatori di diversi paesi, al fine di far fronte al crescente problema, il quale sembrava ormai esser diventato una piaga sociale e in effetti lo è. Nel nostro paese si sono registrati interventi legislativi sin dal 1931, richiamati nel T.U. in materia di pubblica sicurezza, più volte negli anni modificati: con la legge n.266 del 2005; legge 88 del 2009 e ancora d.l. 98 del 2011 e così via. Ma questi interventi, per lo più se non tutti, riguardavano le concessioni oppure i requisiti per coloro i quali chiedevano la gestione delle slot-machine o di altre macchine da gioco. Si attenderà infine il c.d. Decreto Balduzzi, d.l. n.158 del 2012, convertito nella legge n.189, del 2012, il quale guarderà più dettagliatamente verso i livelli essenziali di assistenza (LEA) e quindi alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione per le persone affette da ludopatia, ma ancora poco è stato fatto per scongiurare i notevoli danni di vario tipo che il gioco d’azzardo, inteso nella sua costanza, può causare.
Questa vera e propria dipendenza ha avuto il suo dilagare anche in Italia, (giro d’affari di 96 mld di euro, dati 2016, con una slot machine ogni 143 abitanti) dove si contano circa 900 mila persone affette da questa patologia e il suo trend è in continua crescita; e probabilmente ancor più nel sud del paese, se si guarda alla regione Campania (9,76%), la quale è seconda solo alla Lombardia e al Lazio.
Un triste primato che vede coinvolto anche la città dei templi, Capaccio Paestum, che con il suo bel numero di 285 slot-machine, una ogni 80 abitanti, 26,24 mln di euro spesi e una giocata annua pro-capite di 1.149,00 euro, si trova a primeggiare in una triste classifica provinciale, detenendo sul proprio territorio ben l’11% circa dei 2660 apparecchi stimati nella provincia di Salerno. Una blinda e preoccupata situazione, che vede coinvolti anche moltissimi giovani qui a Capaccio Paestum, senza ovviamente contare le centinaia di persone adulte che seppur a volte iniziano per pura curiosità, si ritrovano poi a fare i conti con una grave forma di dipendenza da gioco. Tutto inizia con una piccola giocata per poi traformarsi in malattia, un disturbo cronico, una dipendenza, per cui proprio come le altre assuefazioni richiede un forte intervento sociale, umanitario, psicologico. Ma qual è la causa nella nostra città di questo gran spendere di soldi nel gioco d’azzardo? Quali sono le condizioni che scatenano questa corsa verso una irrealizzabile vincita?
I motivi probabilmente sono molteplici, e possono spaziare dallo stato economico decadente alla disoccupazione; dalla necessità di sentirsi vincitori al desiderio inconscio di perdere, per sfidare ancora la sorte; dal sentirsi protagonisti allo scoprirsi deboli nel desistere; dal piacere dello scampanellio dei congegni al gusto dei colori dei monitor. Qualsiasi è la causa ciò non deve assolutamente costituire un deterrente nel porre attenzione a questa patologia, né tantomeno alla “psicologia del giocatore” come la definiva il Dostoevskij nei sui romanzi, ma lui stesso pare sia stato un giocatore d’azzardo. Occorre quindi, e i dati sul gioco d’azzardo a Capaccio Paestum, ne suggeriscono una seria realtà, iniziare ad operare come collettività e istituzione verso coloro i quali sono afflitti da ludopatia, e chissà quanti di essi chiedono aiuto nel riuscire ad evadere da questa triste condizione che, seppur iniziata e voluta da un singolo individuo, sempre più spesso creano condizioni disastrose per intere famiglie.