Registro con disappunto che negli ultimi tempi la campagna elettorale a Capaccio Paestum si è incattivita in vista delle elezioni di ballottaggio di domenica prossima 25 giugno e qualche volta trascende a polemica personale con accenti e toni inaccettabili. Mi piacerebbe se tornasse nell’alveo di un confronto civile, come storia e tradizione della città consiglia e consente. Non so se ho l’autorevolezza per lanciare un appello alla moderazione e, soprattutto, se sarò ascoltato. Ma sento il dovere di farlo qualunque ne sia l’esito. Me lo impone l’amore per la mia città del cuore, che, come ho avuto modo di scrivere a più riprese nel corso dei decenni, considero “la mia Itaca”, il mio porto quiete dopo i vagabondaggi di “curiositas” per l’Italia, l’Europa ed il mondo. E, a tal proposito, per svelenire l’ambiente e riportare il confronto su di un piano di reciproca correttezza, senza per questo rinunziare a difendere con forza e motivata determinazione le proprie idee ed i propri progetti, che sono e restano nel DNA della democrazia, propongo ai candidati sindaci un tema unificante sul quale ci può essere al limite diversità di vedute sulla forma più che sulla sostanza. Mi permetto, perciò, di sottoporre all’attenzione dei due candidati sindaci ma anche di tutti gli elettori una proposta che espongo qui di seguito. E spero tanto che venga accettata.
Ho scritto, a più riprese nel corso degli anni, che i Capaccesi Pestani, in particolare, ed i Cilentani, in generale, debbono riscoprire ed esaltare l’orgoglio di identità e di appartenenza.
È un modo efficace per motivarsi, riacquistare fiducia e proiettarsi con entusiasmo verso il futuro. Per farlo debbono conoscere la propria storia, che conserva pagine straordinarie a partire dall’età dei miti e delle caverne fino ai nostri giorni. L’intero territorio, dal Sele a Sapri, lungo la costa, ed inerpicandosi verso l’interno, lungo i corsi dei fiumi, a conquista dei monti, è stato teatro di grandi conflitti tra colonizzatori invasori che vi approdavano lungo le rotte delle vie del mare ed indigeni orgogliosamente attaccati alla propria terra e che si battevano con eroismo temerario per difenderla.
Qui c’è stato l’incrocio di grandi civiltà, che hanno lasciato i segni del loro passaggio e radicamento, di cui è possibile leggere le tracce in insediamenti significativi, ma anche nella contaminazione della cultura, attraverso la lingua, le tradizioni, i costumi, la gastronomia. Riscoprire e valorizzare queste pagine non è solo un atto dovuto per conoscere le proprie radici, ma anche uno strumento per qualificare l’offerta turistica per i tanti, studiosi o semplici turisti, che esplorano le nostre contrade con crescente interesse.
A Roma, da un po’ di anni a questa parte, si tengono, con crescente interesse e con una insperata affluenza di pubblico, lezioni per “volgarizzare” e “popolarizzare” l’evoluzione dei percorsi storici della città e del suo territorio. Ne parlano con linguaggio rigoroso ma non accademico, coinvolgente e non serioso, brillante e non spocchioso, intellettuali specialisti dei vari periodi. E la sala anfiteatro dell’Auditorium è superaffollata, tanto che gli organizzatori sono stati costretti a ricorrere ad un biglietto di ingresso, per contenere la ressa.
Ciononostante il successo continua con le prenotazioni che fioccano già dal giovedì per la lezione della domenica successiva. Io ci sono stato più di una volta e ne sono rimasto semplicemente entusiasta. E, come mi capita spesso, ho pensato al mio Cilento lontano ed alla possibilità di ripetere l’esperimento anche lì, nella mia terra, che è una miniera di ricchezze da esporre e far fruire a residenti e visitatori.
Ci sono le strutture logistiche, capaci ed accoglienti. Penso, tanto per fare un esempio, ai saloni eleganti, capaci e funzionali delle tante belle strutture alberghiere, di Paestum, ma anche all’Aula Magna del Liceo Scientifico “Piranesi”, come anche alla centrale e funzionale “Sala Erica”.
Ci sono le risorse umane: docenti universitari, ricercatori, storici, scrittori, giornalisti, a cui attingere a piene mani per una qualificata squadra di conferenzieri in grado di sviluppare un discorso sinergico e coerente sull’evoluzione della storia del territorio lungo i secoli.
C’è, secondo me, una vasta platea, (giovani, imprenditori e la varia ed articolata società civile), che ha fame e sete di sapere e che affollerebbe le conferenze/lezioni..
Ed a ragion veduta, perché il progetto è di facile realizzazione, a costi contenuti, ma con effetti dirompenti sulla maturazione di una coscienza civile della società cilentana, attraverso la riscoperta del proprio vissuto storico ad esaltazione di presente ed a proiezione di futuro e, soprattutto, per l’eco che susciterebbe sui media con la conseguente positiva ricaduta d’immagine sull’intero territorio.
Non sarà difficile ipotizzare un calendario dell’evento: dieci/quindici conferenze/lezioni che focalizzino l’interesse su altrettanti periodi della nostra storia, a cominciare dall’età dei miti e della preistoria fino ai nostri giorni, passando attraverso la colonizzazione etrusca, greca, lucana e romana, il processo lento della cristianizzazione, l’arabismo e le incursioni saracene, il monachesimo basiliano e benedettino, le dominazioni angioine e aragonesi, le rivolte del sette/ottocento, il brigantaggio, l’onda lunga dell’emigrazione, senza trascurare la cultura nella accezione più ampia ed articolata del termine (filosofi,storici, letterati), le tradizioni, il folclore civile e religioso, la cultura materiale (civiltà contadina e antichi mestieri) e chi più ne ha più ne metta.
Sono convinto che l’iniziativa avrebbe successo, ma, quel che più conta, sarebbe utile ai ragazzi delle scuole, che sono il nostro futuro, e che di sicuro, anche con lo stimolo dei docenti, parteciperebbero in massa all’evento, agli imprenditori del turismo e dell’accoglienza in genere che hanno la necessità di disporre di un minimo di conoscenza del territorio per consigliarne la scoperta ai loro ospiti, doterebbe le istituzioni di uno strumento di informazione qualificata ed avvalorata da firme di specialisti.
Ed, infatti, io penso a conferenze/lezioni che abbiano un necessario corollario: una pubblicazione, agile e facilmente fruibile, che contenga i testi dei professori/conferenzieri, da distribuire alle scuole perché ne facciano materia di ricerca ed approfondimento, attraverso l’attivazione di percorsi didattici che impegnino docenti e alunni non solo e non tanto nell’approfondimento teorico ma ne stimolino la verifica in testimonianze concrete e tangibili disseminate sull’intero territorio. Sarebbe, secondo me, un modo efficace per educare tutti ed ognuno alla conoscenza, all’amore ed al rispetto della propria terra nella logica di un principio elementare di pedagogia: conoscere per amare, amare per difendere, difendere per propagare. A volerlo si potrebbe partire fin dal prossimo ottobre per calendarizzare le 15 conferenze/lezioni, a cadenza quindicinale, in modo da chiudere il corso in coincidenza con la fine dell’anno scolastico e con una gran bella festa della cultura all’inizio della prossima estate. Il titolo della festa, come dell’intero corso delle lezioni? Ne suggerisco uno a volo: IL FUTURO DELLA MEMORIA. Mi auguro che la proposta venga accettata dai due candidati sindaci ma anche da tutti gli elettori. Oltretutto servirebbe a svelenire il dibattito e a riportarlo nell’alveo di correttezza e di rispetto civile, pur senza rinunziare alla forza delle proprie idee e dei propri progetti da difendere con motivata determinazione come è nella logica di un confronto/dialogo, che è nel DNA della democrazia. Il tema potrebbe consentire differenze di valutazione nella forma ma non nel contenuto. Spero tanto che la mia proposta venga accettata nell’interesse innanzitutto di Capaccio Paestum che è e resta la “mia Itaca” il mio porto quiete per i vagabondaggi per l’Italia, l’Europa ed il mondo per un Ulisse inquieto ed irrequieto come me. Anche perché dobbiamo dare un esempio credibile di essere orgogliosi e rispettosi di aver ereditato una città/mondo, come è Capaccio Paestum, nella consapevolezza anche, però, che il mondo intero ci guarda e ci giudica. Buon Lavoro! E che vinca il migliore, nella consapevolezza, però, che sul presente, e sul futuro di una città “patrimonio dell’umanità”, tutti possono mettere lingua e penna e che, sopratutto “per chi gode del diritto dovere di elettorato attivo e passivo”, non possono esistere veti di candidatura. Sarebbe, anzi è, antistorico, diseducativo, anticostituzionale. Ed il candidato, chiunque esso sia, sia nato a Trento o a Capo Passero o nella contigua Giungano, merita rispetto e non può essere impunemente apostrofato come “predone”. E non c’è capaccesità o pestanità che tenga. Si tratta di una offesa, che non si addice alla civiltà antica di Capaccio Paestum e che, se detta o scritta pubblicamente in un momento di nervosismo, merita scuse pubbliche. Per concludere una preghiera a tutti i miei amici, perché tali li considero, di qualunque schieramento: Riprendiamo serenità e correttezza di rapporti come buon senso e buon gusto consiglia e consente.