Pandemia dal greco “pandémios”, composto da “pan” tutto e “demos” popolo. Pandemonio e Pandemia, nell’Antica Grecia facevano riferimento alla sfera erotico-sessuale, si fa riferimento a pratiche sodomitiche… in poche parole “ce stanno a possedè”! Pandemonio e Pandemia, erano gli attributi di Eros e di Afrodite, da cui discende “Venere Pandemia” come eufemismo di prostituta o “Casa Pandemia” per bordello. Se le parole hanno un senso, siamo in un CASINO! Bisogna sempre far riferimento agli antichi, che avevano capito tutto e sapevano di ogni cosa, per capire la contemporaneità.
Da sempre e non da oggi, ci sentiamo come Sodomiti, presi per i fondelli… notare l’eufemismo! L’ottimista Massimo Troisi pensava di ripartire da tre. Noi Capaccesi, invece, siamo rimasti al palo, ripartiremo, se ripartiremo, da meno dieci, e mi sono mantenuto alto. Tutte le questioni che riguardano il territorio rimangono insolute. I terreni dove insiste l’Area Archeologica non è stata espropriata, Paestum continua ad essere privata e abusata, Villa Salati non è stata comprata dallo Stato, la strada ottocentesca che spacca la Città Antica non è stata smantellata, l’Anfiteatro Romano non è stato scavato, le case abusive della 220 non sono state abbattute, la Chora Pestana è insozzata da un numero esponenziale di bufalerie che ospitano decine di migliaia di bufale che defecano ed urinano dappertutto, il Fiume Sacro Capodifiume continua ad essere utilizzato come collettore di melma e reflui bufalini, il mare di Paestum è un inquinato grazie agli scarichi fognari e zootecnici, i filari di eucalipto sono stati tutti abbattuti, la fascia costiera è stata cementifica e si prevede di asfaltarla per trasformarla in un postribolo, le dune fiorite sono state sostituite da un ammasso di ferro e cemento che chiamano stabilimenti balneari, la parola stessa li identifica come attività relegata ad una zona industriale e non alla bellezza dei luoghi. Paestum trasformata in una chiavica, grazie all’azione distruttrice dei contemporanei. L’elenco delle nefandezze potrebbe continuare all’infinito, qui mi limito a porre l’attenzione su alcuni casi emblematici. L’Area Archeologica di Paestum continua ad essere per il 90% di proprietà privata ed abusata per il resto. Lo stesso Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico, in una nota intervista dal titolo “Il paesaggio amato da Goethe devastato dal cemento”, rilasciata alla “la Repubblica”, l’8 marzo 2016, denunciava sconcertato lo scempio di Paestum, gli abusi nella 220 e la distruzione del paesaggio della Chora Pestana. Rimangono solo venticinque ettari di Testo, rispetto a migliaia di ettari di Contesto devastato. Paestum al tempo di Goethe era un paradiso. Nel suo “Viaggio in Italia”, descrive la bellezza dei boschi, delle spiagge, dei borghi di Paestum e dei paesi viciniori, bellezza sparita, cancellata, scomparsa. Oggi è tutta una sequela di periferie del nulla, cresciute a dismisura lungo strade anfose e squallide rotonde, senza logica e senza estetica. Si è cementificato tutto il cementificabile, si è costruito di tutto e di più, si è dato sfogo alla più becera distruzione del paesaggio, realizzando capannoni, bufalerie, centri commerciali, speculazioni immobiliari, case abusive e serre di plastica, fin sotto le mura della Città Antica. Fino agli anni ’50 Paestum era uno dei paesaggi più belli del mondo, ma oggi, i quadri ottocenteschi che magnificavano quei paesaggi, sono una ferita aperta per una bellezza perduta per sempre.
Fa male, oggi, ricordare le parole dell’ambasciatore spagnolo Angel de Saavedra che nel 1844, colpito dalla bellezza dei nostri territori esclamava… “delizioso”, “ameno”. Rammaricandosi di una bellezza e una ricchezza che la Spagna non aveva. Oggi purtroppo quel paesaggio non esiste più. Solo Umberto Zanotti Bianco capì nel 1957, la necessità di tutelare, con la Legge 220, Paestum e la sua Chora. Ma si sa come vanno le cose a Paestum, quei mille metri di in edificabilità assoluta per proteggere la Città Antica dalla speculazione edilizia, sono stati tutti cementificati abusivamente, 50 ettari di costruzioni abusive. Non bastano le chiacchiere da bar sul “paradiso di Paestum, un paese così bello non esiste da nessuna parte…”. La realtà invece è un’altra, migliaia di case abusive, centinaia di ordinanze di abbattimento mai eseguite. A Goethe verrebbe un infarto, se oggi vedesse quello che hanno fatto i cementificatori abusivi, alla sua Paestum. Non solo Johann Wolfgang von Goethe, ma anche Gillo Dorfles, il grande maestro dell’estetica, ha magnificato Paestum, definendo Il “Tabacchificio del Cafasso una mirabile opera di Archeologia Industriale”. Il Tabacchificio del Cafasso poteva essere destinato a Museo Archeologico, come giustamente aveva suggerito l’archeologo Mario Napoli e l’artista Sergio Vecchio. Invece ottusi e miopi funzionari ministeriali, hanno preferito sprecare milioni di euro, per riattare il vecchio e cadente museo archeologico di Paestum e per ricostruire i capannoni della ex Cirio. Ma se le “pummarole” non si coltivano più a Paestum, cosa se ne faranno, i parrucconi del ministero, dei nuovi capannoni della ex Cirio? Forse importeranno la salsa di “pummarola” dalla Cina e la imbottiglieranno con la dicitura “Salsa di Pummarola falsa, finta, antica”! Come, “illore tempo”, voleva fare un noto sindaco della Chora Pestana, facendo costruire, nel di lui borgo natio, un antico, finto, falso Tempio Greco. Di ciò Umberto Eco ne fece panegirico. E poi rimane aperta la questione delle questione, che assilla Paestum da almeno due secoli. La questione della strada ottocentesca che spacca la Città Antica e nessun sindaco, nessun funzionario ministeriale ha mai pensato di eliminare. Una questione antica , come ricordava Gian Antonio Stella nel suo articolo pubblicato sul Corriere della sera il 31 maggio 2016, “Paestum, l’anfiteatro e la catapecchia abusiva che nessuno può demolire”. L’Anfiteatro e il Foro spaccato in due, grazie all’opera distruttrice dell’ingegnere Raffaele Petrilli, che nel 1829 fece passare la nuova strada, la “Tirrena inferiore”, voluta dal Re di Napoli, proprio per Paestum, non al servizio della città, ma fatta passare, dal noto ingegnere, con i buoni uffici del barone proprietario di una nota villa, proprio davanti al cancello d’ingresso. Ora se fossimo in uno Stato serio, invece che in una repubblica delle banane, lo Stato serio acquisirebbe la strada incriminata e cancellerebbe lo stupro cementizio subito da Paestum, cose previste per altro dallo Studio di Fattibilità approvato dal Ministero dei Beni Culturali. Se solo Dario Franceschini, il ministro,si desse una mossa, questa volta con i miliardi dell’Europa si potrebbe fare… si può fare! Con gaiezza invece ci si è dati alla pazza gioia, sprecati decine di milioni di euro per un sottopasso ferroviario mai realizzato, per due parcheggi con annessi centri visita vandalizzati a ripetizione, rifatti più volte e mai utilizzati, per la realizzazione di un marciapiedi in teak che finisce nel nulla. Il nulla è quello che gli amministratori che abbiamo e i funzionari del ministero che ci meritiamo ci propinano ad ogni piè sospinto. Paestum sarà sempre più brutta, senza Anfiteatro e senza Foro Romano, ma piena di bar, pizzetterie e affini. Dopo il 2020 è arrivato il 2021, gli anni passano invano, ma nessuno pensa di ridare dignità alla più bella Città della Magna Grecia. A futura memoria siamo costretti, per l’ennesima volta, a denunciare le inefficienze e le malefatte perpetrate sul nostro territorio. E noi qui a pagare, scontare e patire, per l’incompetenza e l’impotenza di vecchi e nuovi servitori del popolo, di insensibili funzionari museali e di maldestri dirigenti ministeriali. Però, come si dice, bisogna essere positivi e allora ecco le cose da fare nel 2021 e mai realizzate. Scavare l’Anfiteatro e il Foro Romano. Comprare il Tabacchificio del Cafasso e Villa Salati. Ripristinare la legalità e abbattere tutti gli abusi nella 220. Espropriare i 90 ettari di terra privata nella Città Antica di Paestum. “Sogna, sogna, bello a’ mamma che passa l’angelo e dice AMEN!”
Lucio Capo