In questa nuova storia, vi invito e puntare gli occhi al cielo e il naso all’insù. Tra gli anni 50 e gli anni 60, il programma spaziale sovietico ha impiegato diversi cani nelle sue missioni per determinare se il volo nell’ universo per l’uomo fosse fattibile o meno. Vennero individuati, e se vi state chiedendo il motivo di questa scelta, la risposta è semplice: è l’essere vivente che non oppone mai resistenza all’uomo e che gli è sempre fedele. In seguito, furono stabiliti dei target per questi animali: dovevano essere meticci , perché i cani di razza venivano considerati cagionevoli di salute e di conseguenza poco resistenti, meno di 35 centimetri di altezza, non oltre 43 centimetri di lunghezza, peso inferiore ai 6 chilogrammi e un percorso specifico di addestramento. Circa cinquanta cani vennero spediti nello spazio e 20 di loro persero la vita durante il volo. Il 19 agosto del 1960, a bordo dello Sputnik-5 due cagnoline Belka e Strelka partirono per la volta celeste e tornarono vive per la prima volta dall’inizio della missione. Insieme a loro, 41 topi, 1 coniglio, 2 ratti, alcune piante e funghi fecero ritorno sulla Terra. Trascorsero 24 ore nello spazio e completarono 18 orbite. Una storia di sopravvivenza, che si concluse nel migliore dei modi un anno dopo, quando Stelka diede alla luce sei cuccioli e uno di loro venne regalato alla figlia dell’allora Presidente degli Stati Uniti John Kennedy. Presso il museo della cosmonautica di Mosca sono esposte le figure imbalsamate in memoria delle due astronaute a quattro zampe. Nel 2011 è stato distribuito in Italia da One Movie il film di animazione russo dal titolo “Space dogs”, per non dimenticare questa storica impresa.
E così insieme uscirono a “riveder le stelle”, come direbbe il nostro sommo Poeta Dante Alighieri,
Alla prossima!