Il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni è formato da 84 comuni, la maggior parte dei quali contano un numero di abitanti che è al di sotto dei 5000 (cosiddetti “piccoli comuni”). Ma ve ne sono alcuni molto più piccoli, che contano meno di 500 abitanti. Questa settimana Unico ha voluto dare voce ai comuni più piccoli del Parco, per scoprire e far scoprire i loro punti di forza e le loro bellezze.
Campora è sicuramente uno dei comuni più piccoli del nostro territorio, con una popolazione di 417 abitanti ben equilibrati tra i due sessi (209 maschi e 208 femmine)[Dati Istat gennaio 2017].
È situato nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, e si estende su una superficie di 2.890 ettari, con un’altitudine che varia da un minimo di 380 metri e un massimo di 900 metri sul livello del mare. Confina con i Comuni di Laurino, Novi Velia, Moio della Civitella, Gioi, Stio e Magliano Vetere. Il nucleo abitato è situato sulla cima di una collina (a 525 metri sul livello del mare) che domina la valle del Trenico, affluente del Calore.
Campora è situata alle falde del Monte Falascoso (1494 m), contrafforte settentrionale del Monte Gelbison (1707 m), su uno sprone che domina la profonda fossa incisa dal torrente Torno, nell’alto bacino del fiume Calore.
La posizione geografica è quanto mai impervia, in quanto la collina è circondata per oltre la metà da una profonda gola di origine carsica.
Sono presenti diversi corsi d’acqua e laghetti collinari: il fiume Trenico, che nasce in località Aquaro, ed è affluente del Calore, e il fiume Torno, affluente del Trenico, nasce in località Ceraso.
Interessante è anche l’area detta “le Pietraie”. La zona si trova a nord dell’abitato, lungo i torrenti Torno e Trenico.
Il territorio di Campora è caratterizzato dalla presenza di faggeti, castagneti e cerreti.
Il paese vanta una delle maggiori estensioni di patrimonio boschivo della provincia di Salerno, un ambiente suggestivo con caratteristiche rocce dalla particolare colorazione “bianco-rosa”.
Nel comune di Campora vi sono: il Bosco Monagna, composto da 400 ettari di piante ad alto fusto, con prevalenza del cerro; il Bosco Mangini, 100 ettari di castagno ed ontano; la tempa Piana, 75 ettari di pini.
Nonostante gli ampi spazi e le immense foreste, le gole impervie ed i corsi d’acqua, le montagne e le vaste pianure deserte che compongono il Parco, in generale, e Campora, in particolare, la fauna non offre ancora quelle presenze che le condizioni ecologiche consentirebbero. Ciò nonostante, sia pur in numero piuttosto limitato, questo territorio conserva presenze animali di tutto rispetto.
Scomparso da secoli l’orso bruno, che pur doveva esser presente in questa zona come del resto su tutta la catena appenninica, l’animale selvatico più diffuso resta il lupo, insieme al cinghiale e alla volpe.
Campora è ottimale punto di partenza per escursionisti e cercatori di funghi (ovuli, porcini, gallinacci, mazze di tamburo etc.) che abbondano negli estesi boschi di faggio e quercia.
Vi sono due “sentieri” sicuri:
- Campora – Fonte di Nisio – Fonte della Fratta, tempi di percorrenza circa 2 ore;
- Campora – Fonte della Fratta – “Grave” di Vesalo, tempi di percorrenza circa 2 ore e 20 min.
La difficoltà dei due sentieri è media, ma ben ripagata dalla natura che, oltre al verde e alla tranquillità, offre il piacere di bere una leggerissima e salubre acqua di montagna.
Campora, come d’altronde gli altri Paesi del Cilento, è stato per secoli un centro isolato, con poche vie di comunicazione di non facile percorrenza. Fino agli inizi degli anni ‘50 esisteva una sola via malmessa che comunicava Campora con Vallo della Lucania; il ponte sopra le rupi, fu costruito sul versante opposto, cioè verso nord ovest, solamente intorno al 1951, rendendo così accessibili i paesi di Piaggine e Stio.
Per raggiungere Vallo della Lucania, situato a 18 Km di distanza, il contadino si alzava all’alba, preparava il suo asino caricandolo di prodotti caserecci, come formaggio, uova, frutta, legumi, ecc. per andare a venderli al mercato o alla fiera della domenica. Il cammino era di due ore e mezza e si rientrava prima del tramonto.
La prima attività commerciale aperta in paese fu il tabacchi, tenuto dalla “salèra”, così chiamata perché vendeva il sale, che allora si vendeva solo nei tabacchini.
Oggi a Campora ci sono due alimentari, una farmacia, un circolo dove i camporesi si ritrovano per trascorrere qualche ora in compagnia. La Pro loco e il parroco del paese sono costantemente impegnati nell’organizzazione di attività adatte agli anziani, mentre i bambini hanno a disposizione un parco giochi attrezzato.
Campora, come tutti i paesi del nostro territorio, negli anni ha attraversato la fase dello “spopolamento”: i Paesi nei quali è emigrata la maggior parte dei camporesi sono la Germania, l’America, la Francia e l’Olanda. Il fenomeno migratorio che ha investito Campora, però, non ha visto solo partenze, ma anche nuovi arrivi. Molti stranieri, provenienti dall’Europa dell’est (in particolare donne-badanti), si sono stabiliti in paese e si sono integrati bene col territorio e con le persone del posto.
A Campora la vita scorre tranquilla, anche grazie all’attenta supervisione dell’unico vigile del paese.
Tra le manifestazioni più importanti che si svolgono a Campora ci sono:
– la Gara di tiro al prosciutto ad aprile,
– la Sagra dei prodotti tipici locali dall’1 all’8 agosto,
– S. Nicola di Bari, Santo patrono il 6 dicembre,
– la natività della Madonna, festa di S. Maria della Neve e la “Processione dei Canestri” il 5 agosto;
– la festa di S. Vito, il 15 giugno.
La Sagra dello sparo al prosciutto è organizzata dalla Pro Loco per rinnovare una tradizione molto sentita. L’appuntamento è sul ponte Scalone (strada provinciale di Campora che conduce a Piaggine) per tentare, con un solo colpo di fucile, di centrare il prosciutto sospeso a 72 metri di distanza.
Si narra che circa duecento anni fa un gruppo di amici camporesi vollero giocarsi un prosciutto colpendolo con un fucile a bacchetta e stabilendo che il primo che riuscisse a colpirlo dritto all’osso sarebbe stato il vincitore.
Da quell’avvenimento è nato l’attuale evento che per anni ha sostituito il prosciutto con un tiro a segno posto alla distanza di 72 metri.