L’esperienza della creazione artistica è un’esperienza esistenziale. L’energia che aumenta man mano che si procede, l’intuito che si acuisce, le porte che si aprono, i confini che si allargano. Kere, etimo di creare, lo è anche di crescere: non è possibile separarli.
L’atto creativo è l’espressione di un possesso intimo, privato, che si realizza nel farsi processo, trasformazione, metamorfosi. Il magma primordiale dell’emozione, l’embrione golemico che spesso ne è all’origine, dà poi vita ad una creatura che, condivisa, smette di significare unilateralmente ma non smette certo di appartenere.
Nel nostro ordinamento giuridico i frutti dell’inventiva e dell’ingegno umano sono tutelati dalla “proprietà intellettuale”, un apparato di principi che attribuisce a creatori ed inventori un monopolio nell’utilizzo delle proprie creazioni, proteggendoli da eventuali abusi da parte di soggetti non autorizzati. Al concetto di “proprietà intellettuale” fanno capo le tre grandi aree del diritto d’autore, del diritto dei brevetti e del diritto dei marchi.
L’espressione ha una lunga storia, che non manca di affascinare per la sua complessità e che risulta tutt’oggi nella necessità di continui aggiustamenti e ridefinizioni. Non a caso attuale è la nuova direttiva della legge di delegazione europea 2019-2020 volta alla tutela del diritto d’autore e ai diritti connessi nel mercato unico digitale (a questo proposito:https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/uri=LEGISSUM%3A4393033).
Le radici della questione e la costruzione di questo diritto vanno ricercate nel basso Medioevo, ma si definiscono alla fine dell’Ottocento con la progressiva riconduzione alle due macro-categorie di proprietà industriale, così definita dalla Convenzione di Unione di Parigi del 1883, e di proprietà intellettuale, per la proprietà artistica e letteraria, così definita dalla Convenzione di Unione di Berna del 1886, successivamente unificate sotto la comune categoria di “proprietà intellettuale” alla fine del ‘900.
Nello specifico, la tutela del diritto d’autore, definita anche col termine inglese “copyright”, che vuol dire “diritto di copia”, è in gran parte regolamentata dalla Legge 22 Aprile 1941, n. 633, sulla protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, nonché nel collegato regolamento di attuazione contenuto nel Regio decreto 18 maggio 1942, n. 1369, oltre che dalle disposizioni contenute nel codice civile (art. 2575 c.c. – 2583 c.c.) e riguarda:
- il diritto di rivendicare la paternità dell’opera (c.d. Diritto morale)
- il diritto di utilizzazione economica dell’opera (c.d. Diritti patrimoniali)
attraverso la pubblicazione, l’utilizzo, la riproduzione, la distribuzione e la diffusione della creazione.
Il principale ente preposto alla protezione e all’esercizio dell’intermediazione del diritto d’autore in Italia è la SIAE, Società Italiana degli Autori ed Editori, fondata nel 1882 con lo scopo di definire un disegno unitario di tutela del diritto d’autore, e progressivamente mutata in ente pubblico economico responsabile della riscossione e della corresponsione ad autori ed editori, suoi associati e mandanti, dei diritti loro spettanti per l’utilizzo delle loro opere.
Fino al 2017, SIAE è stata l’unico soggetto autorizzato a svolgere questa attività in Italia. Se nel febbraio 2014 il Parlamento europeo ha approvato la direttiva Barnier, confermando la possibilità dei creativi di affidare la tutela dei propri diritti alla Società di gestione che preferiscono all’interno dell’Unione Europea, e riconoscendo loro la centralità dovuta nel processo decisionale, è solo con il decreto legge 16 ottobre 2017, n.148, che, in Italia, altri organismi di gestione dei diritti sono stati ammessi ad occuparsene. Tuttavia SIAE rimane l’unica società a possedere l’autorizzazione per agire sul territorio nazionale. In altri termini, sono ammesse alla gestione collettiva dei diritti società di raccolta straniere ma non italiane. Ciò garantisce il superamento del carattere di monopolio SIAE, (condizione che, nell’Unione Europea, trova tuttavia analoghi in diverse altre nazioni), e favorisce il pluralismo e l’apertura dei mercati.
Safe Creative si affaccia nel settore del copyright ad avvenuta “apertura dei cancelli”. Dal 2007 la piattaforma fornisce servizi per la dichiarazione di paternità, la generazione di prove d’autore e la conseguente tutela della creatività e di qualsiasi opera d’ingegno, ed oggi approda in Cilento.
Con un comunicato stampa, lo scorso 23 aprile, la società si presenta al Golfo di Policastro, sua sede d’elezione: «Ci siamo avvicinati agli utenti italiani che da anni ci danno fiducia. Lo facciamo con un servizio che da loro la possibilità di essere ascoltati. Nell’era digitale che tende ad allontanare gli individui, risolvere i loro problemi giornalieri deve essere il punto di partenza. Coinvolgere attraverso i nostri canali social e informare regolarmente è sempre stata la nostra principale filosofia» vi dichiara Mario Pena, COO di Safe Creative.
L’intento è nobile e confermato dalle parole di Diego Corini, Italy Business della società: «Siamo qui per tendere la mano a tutti i creativi e le creative che hanno bisogno di generare prove di paternità compatibili con la legislazione nazionale e internazionale e in linea con la Convenzione di Berna». Con 350.000 utenti attivi e più di 4.000.000 di opere registrate in tutto il mondo, Safe Creative dà il buongiorno all’Italia. Noi le diamo il nostro benvenuto in Cilento.
Francesca Schiavo Rappo