Bordighera Alta è il cuore di Bordighera, la “Città delle Palme”. Un borgo antico un tempo abitato da poche famiglie di pescatori, che hanno trovato qui il loro rifugio, dividendosi tra il lavoro in campagna e quello in mare. Dolcecqua, un paese nato intorno a un castello, collegato con il mondo esterno da un ponte medievale a schiena d’asino lungo 33 metri. Bordighera Alta e Dolceacqua: due borghi del lembo più occidentale della Liguria, al confine con la Francia. Capannelli di case, protette da mura medievali, dove il tempo sembra essersi fermato, conservando colori e profumi del passato. Il nostro viaggio inizia nel 1884, il 18 gennaio 1884 per l’esattezza, quando Claude Monet, illustre impressionista francese, raggiunge il centro storico di Bordighera. «Tutto è mirabile, e ogni giorno la campagna è più bella, ed io sono stregato dal paese», scrive al suo mercante parigino e mecenate DurandRuel. Monet alloggia alla Pensione Anglaise, e da qui si sposta esplorando l’entroterra, restando ammaliato dalle palme svettanti del Beodo, dagli ulivi che si intrecciano nel giardino Moreno, di cui restano, ancora oggi, gli stessi esemplari che Monet ha immortalato in una sua tela. «Qui tutto è bellezza e il tempo è superbo», scrive. E resterà ammaliato, non solo di Bordighera Alta, ma anche di Dolceacqua, che raggiungerà poco dopo. Nell’estremo Ponente ligure, dove i monti degradano sul mare e le colline profumano di mimose e ginestre in fiore, di rosmarino e di alloro, di timo e di corbezzolo, dove l’azzurro del cielo al tramonto diventa rosso come la vite che nasce sulla roccia e l’olivo regala riflessi argentei alle colline, là dove la resina dei pini s’intreccia con i datteri delle palme, esistono due borghi antichi legati tra loro da una storia tanto lontana nel tempo quanto affascinante: i loro nomi sono Bordighera e Dolceacqua ed entrambi vennero amati da un pittore francese che li immortalò nelle sue tele, regalando al mondo alcuni tra i suoi capolavori. È il 18 gennaio 1884 quando Claude Monet arriva a Bordighera. «Tutto è mirabile, e ogni giorno la campagna è più bella, ed io sono stregato dal paese», scrive quel giorno al suo mercante parigino, DurandRuel, dalla stanza che aveva affittato alla Pension Anglaise, nel centro storico di Bordighera. «Qui tutto è bellezza e il tempo è superbo», aggiunge. Lo colpiscono i colori, il mare, il cielo, le palme svettanti che nella grigia Parigi e nella malinconica Bretagna, Monet non aveva mai visto. E poi i giardini, come quello del mercante d’olio e console di Francia a Bordighera Francesco Moreno. «Un giardino come quello non assomiglia a niente – scrive Monet in una sua lettera a Parigi . È semplicemente fantasmagorico, tutte le piante dell’universo sembrano crescere spontaneamente». Un parco immenso, in cui limoni, mandarini, aranci, ulivi e altre piante autoctone, crescevano vicino a Pinus canariensis, Ginkgo biloba, Araucaria excelsa, agavi, aloe e yucca. Un’infinità di specie esotiche che la famiglia Moreno aveva collezionato, importando da ogni parte del mondo.
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