È stato arrestato questa mattina (16 gennaio) dai carabinieri del Ros il superboss latitante Matteo Messina Denaro. Era in una clinica privata di Palermo.
Il blitz è stato coordinato dalla Dda di Palermo. Nelle prossime ore verranno resi i dettagli dell’operazione che ha condotto in carcere il capo mafia.
Il super boss Matteo Messina Denaro, dunque, è finito in manette dopo quasi 30 anni di latitanza, 29 anni e 5 mesi per l’esattezza. ‘U siccu nell’agosto del 1993, infatti, era libero e si trovava in Versilia, a Forte dei Marmi, ospite dei fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, nella villa poi sequestrata e confiscata dalla Dia. In quei giorni il boss che era salito al secondo posto nei posti di comando di cosa nostra, Provenzano era ancora latitante mentre Totò Riina era stato arrestato mesi prima, capisce, anzi sa verosimilmente che sta per essere emessa ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti, e con una lettera alla fidanzata dell’epoca, decide di darsi alla macchia. Inizia così la sua latitanza terminata oggi (16 gennaio), ad opera dei carabinieri del Ros coordinati dalla Dda di Palermo. È stato individuato e arrestato mentre era in day hospital alla clinica Maddalena di Palermo. Il blitz è stato coordinato dal procuratore della Dda di Palermo, Maurizio De Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido. Si dovranno tracciare tutti i suoi spostamenti in questi anni per risalire a tutti i suoi complici. I segreti a sua conoscenza sono enormi ma sarà difficile che il boss possa parlare. Ma non si sa mai.
Nel 1993 dalla Versilia inizia la sua latitanza, l’ultimo avvistamento da uomo libero
Nel processo sulle stragi del 1993, e precisamente a caccia dei mandanti occulti, riaperto dalla Dda fiorentina nel 2017, e nel processo di secondo grado denominato ’Ndrangheta stragista, in svolgimento a Reggio Calabria, la novità reale, al di là di quello che emergerà e diventerà verità processuale, è rappresentata dalle molte dichiarazioni di alcuni pentiti e di due persone che invece non sono collaboratori di giustizia ma hanno il loro peso, e uno di questi è addirittura Giuseppe Graviano, il super boss di Cosa Nostra.
Giuseppe Graviano parla del suo periodo di latitanza tra il 1984 e il 1994. Ad ogni modo alcuni spunti interessanti che riguardano la Versilia sono venuti fuori e altri probabilmente verranno fuori in seguito. Da segnalare ad esempio la dichiarazione di Giuseppe Graviano appunto: “Se era d’inverno andavo a Courmayeur, viaggiavo e mi muovevo spesso a seconda del periodo, tutti i Carnevale invece me li facevo a Viareggio ma sono stato anche a Venezia, a Riccione e a Forte dei Marmi”. Ma anche Salvatore Baiardo ha parlato con i giudici nominando la Versilia. Ai pm avrebbe raccontato nuovamente delle vacanze organizzate per i boss palermitani tra Forte dei Marmi, Venezia e la Sardegna. I verbali di Baiardo davanti ai pm di Firenze sono appunto secretati. E non sarebbero gli unici. Perché anche Graviano, come detto, è stato sentito dai pm fiorentini della Dda che indagano dal 2017 sui mandanti delle stragi del ’93, ma anche a Reggio Calabria nel processo d’appello alla ‘Ndrangheta stragista (iniziato a ottobre del 2021) ci sono dichiarazioni dei due. Ma non solo. Sulla terribile estate del 1993 Fabio Tranchina, ex autista e favoreggiatore dei boss ha raccontato, invece, numerosi dettagli.
“Nel pieno delle stragi mafiose che insanguinavano il Paese, infatti, i Graviano, ricercati dagli investigatori, si divertivano, facevano i turisti di lusso tant’è che a Forte dei Marmi andavano sempre in un negozio che vendeva i vestiti di Versace. Una sera volevano concedersi anche una serata nel locale in cui Mina tenne l’ultimo concerto italiano, La Capannina. Ma qui i due mafiosi latitanti vennero allontanati dal buttafuori con queste parole: vi conviene che andate in un locale più avanti che si spende di meno. Mi ricordo – aggiunge Tranchina – che i Graviano se la presero a ridere perché per loro, questa persona lo disse come se non avessero la possibilità economica di poter pagare l’ingresso. Ma in realtà se la presero molto e non so se in seguito si vendicarono dell’affronto subito. Al momento essendo latitanti non fecero nulla davanti a me e agli altri”.
Una fase, quella corleonese, che oggi è finita per sempre con l’ultimo boss che mancava ancora all’appello. La mafie, le mafie continueranno ad operare, ovviamente, e non bisogna mai abbassare la guardia