Buongiorno professore, lei ha spesso collaborato con istituzioni che si occupano di aree protette. Cosa rende un Parco Nazionale diverso da un qualsiasi ente territoriale?
Tra i compiti imperativi affidati ad un Parco Nazionale c’è la conservazione della biodiversità che è un valore per l’intera umanità. La conservazione della biodiversità si assolve con due semplici passaggi, uno informativo e l’altro operativo: i monitoraggi ci danno notizie sulle specie e la loro collocazione negli ecosistemi, e la gestione (la cosiddetta fase operativa) che sulla base dei monitoraggi propone azioni tese a conservare la biodiversità o a rendere compatibile la produttività locale con gli elementi della biodiversità (la presenza del lupo con la zootecnia per esempio).
Perché in alcuni parchi, e anche in quello del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, si assiste a tensioni sociali che si scagliano contro la gestione delle aree protette?
Prendiamo il caso del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni … Molto spesso, e il settore conservazione del Parco non è esente, si preferisce ancora impegnare risorse e tempo nei monitoraggi senza passare mai alla gestione che è l’unico modo di rendere compiuta la “conservazione”.
Cosa frena l’azione dei parchi in questa direzione?
Probabilmente le scelte gestionali sono difficili da giustificare e renderle sempre popolari e politicamente accettabili. Mentre un monitoraggio ad oltranza, seppure divenuto superfluo, continua a far lavorare i ricercatori, ma non affronta il problema in modo compiuto.
Lei è uno dei ricercatori che ha fatto e fa “monitoraggi”. Quindi anche lei con i suoi collaboratori avete l’insaziabile smania di fare monitoraggi …
Noi spingiamo affinché si passi dai monitoraggi ai fatti con doverosi controlli e verifiche in corso d’opera. Continuare a “monitorare” e a finanziare ricerche può risultare inutile perché si indagano fenomeni e si accumulano dati che già si conoscono e di cui si sa già il necessario. Si tratta di dati già scritti nelle relazioni tecniche.
Quindi si tratta di passare dalla teoria alla pratica …
I risultati degli studi fatti nel campo della biodiversità con i monitoraggi sono uno strumento posto alla base dalla quale gli uffici deputati alla conservazione dovrebbero partire per agire operativamente e stabilmente sul territorio interessato. Continuare a monitorare fa crescere l’amarezza della gente comune contro gli studiosi del problema e non trova riscontri concreti rispetto agli investimenti fatti.
Come giudica un nuovo monitoraggio del lupo nel Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni?
Il lupo è un argomento delicato, di cui più si sa meglio è! Però anche nel PCVDA ci si dimentica che su questa specie è il momento di passare alla gestione, alla politica degli indennizzi e ad azioni di sensibilizzazione e sostegno degli operatori zootecnici tradizionali. Sui lupi, in questo parco, sono stati pubblicati lavori scientifici su riviste nazionali e internazionali e sono state consegnate relazioni tecnico scientifiche dettagliatissime. Anche l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha completato il monitoraggio nazionale in cui è incluso anche quello del Parco del Cilento. Inoltre i piani di gestione della zone di interesse per l’Europa prevedono dei monitoraggi sul lupo ancora in atto nel Parco del Cilento. Tutto ciò fa del Parco del Cilento uno dei pochi Parchi italiani ad avere questo profondo ed esteso bagaglio informativo sul lupo, quindi sfugge la dinamica secondo cui sono necessari ulteriori monitoraggi su questa specie investendo ulteriori risorse economiche.
Cosa dovrebbe fare la struttura che si occupa di conservazione nel Parco?
Ci vuole un collegamento tra la ricerca e la fase operativa. Si deve stare vicini ai cittadini. Le risorse disponibili potrebbero essere impiegate nella gestione del lupo e per la conservazione del patrimonio ambientale comune. I Parchi sono demandati alla gestione della biodiversità e hanno la responsabilità di preservarla alle prossime generazioni senza tralasciare di rispettare chi oggi sconta danni “materiali” alle proprie attività economiche. Una problematica questa che con una gestione oculata può certamente avere risposte positive facendole convivere, responsabilmente, nell’interesse di tutti.
prof. Domenico Fulgione
Dipartimento di Biologia
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