Il presidente americano Joe Biden continua a infondere negli Stati Uniti uno spirito progressista, ponendo attenzione ai problemi dei diritti civili e alle battaglie contro il razzismo.
Biden, infatti, è deciso a estirpare dal Paese la pericolosa minaccia del suprematismo bianco, ancora radicato negli Stati Uniti, aggravato negli ultimi anni dall’uso improprio della forza adottato spesso dalla polizia americana nei confronti degli afroamericani e dalla crisi economico-sociale conseguente alla pandemia da Covid19.
A pochi mesi dalla condanna dell’agente di polizia Derek Chauvin, responsabile della morte di George Floyd, ucciso lo scorso anno a Minneapolis dopo essere stato immobilizzato dall’agente con un ginocchio sul collo, il presidente degli Stati Uniti ha commemorato la strage di Tulsa avvenuta nello Stato dell’Oklahoma il 31 maggio 1921 quando, nell’ambito di disordini scoppiati nel quartiere nero di Greenwood, una feroce folla bianca uccise 300 cittadini afroamericani.
La stagione delle grandi campagne per i diritti civili in America ebbe inizio alla metà degli anni Cinquanta quando in Alabama, a Montgomery, gli attivisti per i diritti degli afroamericani organizzarono il boicottaggio pacifico dei mezzi pubblici che durò per molti mesi. La decisione maturò dopo l’arresto di Rosa Parks, colpevole di aver occupato un posto a sedere nel settore degli autobus riservato ai bianchi. Nel 1956 il movimento afroamericano ottenne un primo successo quando la Corte Suprema degli Stati Uniti definì anticostituzionale la segregazione razziale sugli autobus di linea urbana. Ciò spinse Martin Luther King, pastore battista e leader del Movimento per la difesa non violenta dei diritti civili della popolazione nera, a continuare sulla strada delle manifestazioni pacifiche, che culminarono nella marcia su Washington del 1963.
Anche se fu approvato il Civil Rights Acts, che fece crollare il sistema della segregazione fino a quel momento legalizzata nel Paese, lo scontro razziale si radicalizzò: accanto al gruppo non violento di King, che perseguiva la piena integrazione fra bianchi e afroamericani, esistevano altri leader e movimenti, come i “Black Muslims” di Malcolm X, che puntavano alla Rivoluzione Nera, sostenendo la necessità per i neri di riappropriarsi delle proprie radici culturali combattendo con ogni mezzo l’establishment bianco.
I passi in avanti compiuti dalla comunità afroamericana non sono certo stati sufficienti a cancellare il razzismo endemico che caratterizza la società americana, segnata peraltro dal divario esistente tra un ceto medio-alto afroamericano, ben inserito nel dinamismo economico delle città, e le categorie sociali di afroamericani confinati nei quartieri degradati di quelle stesse città.
Barack Obama, negli anni della sua presidenza, non è riuscito a sanare le tensioni razziali del Paese, acuite poi dal suo successore Donald Trump.
Oggi Biden raccoglie una difficile eredità, ma è consapevole che il successo dell’ambizioso piano di ricostruzione del Paese post pandemia passa anche attraverso l’abbattimento delle disuguaglianze sociali e razziali, garantendo l’accesso all’istruzione e a una casa per tutti, favorendo occupazione e politiche inclusive. Deciso a stanziare investimenti per favorire l’imprenditorialità delle minoranze, per eliminare il degrado nei quartieri più poveri e sostenere le scuole, Biden non dimentica di sanare anche le ferite inferte alla memoria dell’identità del Paese, firmando una legge che proclama festa nazionale federale il 19 giugno. Il cosiddetto “Juneteenth” è il giorno in cui si celebra l’emancipazione degli schiavi neri avvenuta nel 1865, due anni dopo la firma del Proclama di Emancipazione voluto da Abraham Lincoln. Quella data, infatti, ricorda il momento in cui, a conclusione della Guerra civile, i soldati dell’Unione annunciarono agli schiavi la fine della guerra e l’abolizione della schiavitù.
Se un’opera d’arte dovesse rappresentare la direzione della politica di Biden sul tema della lotta al razzismo, probabilmente sarebbe l’opera “Blind Ambition” di Kerry James Marshall che mostra una scala in cima alla quale un afroamericano in giacca e cravatta sembra non poter salire. Chissà se Biden riuscirà davvero a rendere quella scala più accessibile agli afroamericani e a ogni minoranza presente negli Stati Uniti.
di Ilaria Lembo