Viaggiare è una esperienza comune. Nei secoli ha acquisito diversi significati come emerge dalle differenze tra la visione degli antichi e di noi oggi. Essa ha trovato specifica rispondenza nei termini usati rispetto all’iniziale significato di cimento che richiede fatica, un travaglio appunto; da cui travail, trabaio, trabalho, che rimandano a travel. Negli anni della loro gestione della globalizzazione gli inglesi hanno approfondito l’uso precisando che si tratta di journey il viaggio di terra, voyage per mare, di trip se prevede con l’andata anche il ritorno, diventa tour se per mero piacere si inizia il travel. In età classica il viaggio era invece vissuto anche come sofferenza o punizione, un vagare errabondi e un faticare per espiare delle colpe, imprescindibile condizione per purificarsi. Molti di questi elementi si riscontrano nelle avventure di Ulisse, conclusesi con la scoperta di qualcosa di originale prima del ritorno ad Itaca. Nel medioevo i viaggi cavallereschi hanno esaltato libertà e nobiltà per la disponibilità ad una partenza volontaria in cerca di avventure spinti dalla curiosità. Questo desiderio, analizzato da Agostino e Tommaso, spinge il viaggiatore a scoprire il mondo.
Queste considerazioni sono le premesse per inquadrare il lavoro di Mariella Marchetti, centoni che vedono protagonisti “rabdomanti della bellezza” in viaggio per il Cilento.
La metafora del viaggio aiuta a fare delle considerazioni leggendo il passato per riscontrarlo col presente e, quindi, cercare di presagire il futuro. Tra le tante letture possibili, considerando la documentazione proposta dall’autrice e la bibliografia indicata, una considerazione s’incentra proprio sul concetto di bellezza. Nelle testimonianze dei viaggiatori emerge, dirompente, la valenza estetica, esaltata anche quando i giudizi sugli abitanti non sono particolarmente lusinghieri. Invita a pensare la testimonianza di Ungaretti sulla miracolosa pesca della testa di Apollo. Infatti, il reperto conservato dal mare cilentano per secoli ora si trova a Salerno, conferma della persistente assenza di infrastrutture museali, ma anche metafora del rapporto della popolazione con le emergenze della sua storia. Ne deriva la profetica considerazione di Pasolini che, attraversando la costiera sorrentina, nota “qui è la bellezza a produrre la ricchezza e la gente vive in una sorta di “agio tranquillo, lasciando che la bellezza lavori per lei”. Giustificata la domanda: perché a Vallo della Lucania non si registra lo stesso fenomeno e Pasolini, arrivato in paese, è costretto a risalire in macchina e perdersi “nel tremendo coprifuoco tra le montagne” perché “La notte nel Meridione è ancora quella di molti secoli fa”. La sua esperienza nel 1959 “in un vicoletto da incubo” non è diversa da quella di Parri nel 1930, quando Vallo per il regime risulta talmente rassicurante nella sua funerea immobilità da inviarvi al confino uno degli antifascisti più intransigenti.
Oggi un emulo di Pasolini arrivato di notte da una ridente località della costiera amalfitana cosa troverebbe di diverso e di più accogliente?
Facile la risposta se si considera che l’unico albergo costruito di recente è stato subito trasformato in edilizia residenziale! La progressiva crisi della cittadina si è accentuata nell’ultimo decennio facendo prevedere preoccupanti conseguenze. Eppure, già nel 1881 Cosimo De Giorgi indicava nel turismo una effettiva possibilità di riscatto. Problematico, allora come oggi, rimane il rapporto con la bellezza se si richiama il dialogo che il geologo intesse con un possidente di Vallo al quale chiede spiegazione sul motivo perché Piazza dei Martiri fosse così trascurata. La risposta è sconcertante e fotografa la predisposizione per l’utile individuale rispetto al bello pubblico di una borghesia che ormai subisce il processo di modernizzazione.
Dal 1881 non pare che le cose siano mutate di molto. Del resto, all’interno del Cilento persiste e si va radicando una marcata linea divisoria tra costa ed entroterra collinare e montano. L’incapacità del ceto dirigente di far comunicare armonicamente le due realtà socio-culturali ed economiche rimane una delle cause della evidente debolezza di tutto il comparto. Di essa è divenuto emblema il progressivo ridimensionamento di Vallo al quale certamente non può porre riparo l’esercizio parolaio di chi da due lustri vuole far credere che tutto vada bene.
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