di Bartolo Scandizzo
I Toscani non ci stanno, i Romani dicono sì e i Trentini riflettono. Ecco in sintesi il quadro di riferimento a cui devono rapportarsi le Bcc del nostro territorio e, indirettamente, tutti i soci che ne costituiscono la base sociale.
I capisaldi della riforma li trovate nella scheda pubblicata a parte. Pertanto, nelle righe che seguono tenterò di chiarire le posizioni della Bcc del nostro territorio nei confronti delle scelte del governo.
La federazione campana, costituita soprattutto da Bcc che operano nella provincia di Salerno, dopo un dibattito molto duro che affonda le sue radici in anni di contrapposizioni forti sia nel merito sia nel metodo di gestione tra la maggioranza, che ha avuto come perno Silvio Petrone, prima, e Lucio Alfieri oggi, e Antonio Marino e Michele Albanese. In mezzo un gruppo che pur non impegnato direttamente nella dispta ha fatto pendere la bilancia verso Petrone. I due gruppi hanno partecipato al dibattito che ha portato alla proposta di autoriforma proposta al governo da Azzi, presidente nazionale di Iccrea che raggruppa tutte le 380 Bcc italiane. Alla fine hanno condiviso, con molti distinguo dall’accoppata Albanese Marino, la scelta.
Il decreto governativo ha sostanzialmente accolto la proposta di Azzi che prevede la costituzione di un unico gruppo nazionale con oltre un miliardo di € di patrimonio con la possibilità di vorrà tentare la strada solitaria di farlo a condizione che abbia un patrimonio di oltre 200 milioni di €.
A questo punto il dibattito si sposterà dal centro alla periferia e, soprattutto, nei Cda delle singole Bcc che dovranno presentarsi alle assemblee convocate nella tarda primavera per approvare i bilanci 2015.
Sarà quella l’occasione per un confronto con la base sociale titolare della sovranità decisionale in merito a dove e come collocarsi nel processo di aggregazione nazionale.
Ovviamente, in un grande gruppo nazionale le Bcc conteranno in base al patrimonio che conferiranno alla Spa. Per cui, si aprirà in tempi brevi il risico bancario locale alfine di porsi nelle migliori condizioni per arrivare all’appuntamento definitivo nazionale previsto tra 18 mesi.
Non credo che ci saranno le condizioni né le volontà di un gruppo di Bcc locali di tentare aggregazioni fino a comporre un soggetto unico che porti ad un patrimonio che vada oltre i 200 milioni per imboccare la via autarchica, anche se sulla carta potrebbe essere possibile.
Potrebbe però accadere che un gruppo forte nazionale, per esempio la federazione Trentina, faccia un passo in questa direzione. Allora potrebbe accadere che le Bcc di Aquara e Montepruno, che hanno un rapporto consolidato e rafforzato dal fatto che sono presenti con quote di capitale in Fenix Spa (il gestionale bancario che serve oltre 400 banche italiane), possano fare il passo decisivo in quella direzione.
Questa scelta darebbe ragione alla battaglia che da mesi combattono in trincea Marino e Albanese che vorrebbero un gruppo forte e non inquinato da zavorre costituite da Bcc con problemi di bilancio e on parametri bancari al di sotto della soglia di compatibilità economica che esclude rischi sistemici.
Infatti, è stata loro la battaglia contro chi vorrebbe diluire il problemi irrisolti causati da errori gestionali di dirigenti e amministratori disattenti per rifarsi una “verginità” attingendo a piene mani ai patrimoni delle Bcc virtuose.
Prevedere cosa accadrà non è semplice, ma alcuni punti fermi esistono e difficilmente potranno essere messi in discussione. Per esempio, tutti i servizi che le Bcc hanno già delegato ad Iccrea banca (carte di credito, bancomat, leasing …)saranno certamente appannaggio del soggetto nazionale. Come lo sarà la responsabilità di controllare e vigilare sui bilanci delle singole Bcc (finora lo faceva con controlli periodici la Banca d’Italia). Altro aspetto che dovrà essere affidato alla discrezionalità della capofila sarà l’apertura di nuovi sportelli in realtà già coperte da consorelle. Come dovrà per forza maggiore farsi carico di un piano di riordino proprio della rete degli sportelli. Ci sarà anche da affrontare il problema degli esuberi di personale che andrebbe ricollocato e formato premiando le Bcc virtuose e snellendo quelle con problemi.
Sono tutte situazioni che, pur comportando dei sacrifici, possono essere affrontate e risolte come è già è avvenuto in decine di altre situazioni. In un’ottica di sistema, rimane intatto il problema della dicotonia dei due sistemi gestionali: Inbank e RelaxBanking. Si tratta di due realtà consolidate e con fatturati importanti e frutto di anni di investimenti con margini operativi che fanno invidia. Potrebbe essere questo lo scoglio su cui potrebbe infrangersi la pur dichiarata volontà di rimanere parte del sistema.
Trovare la soluzione non sarà facile né indolore, ma se si trovasse la quadra su tutti gli altri problemi che, in ogni caso, andranno affrontati. Allora ricercare la soluzione per integrare i due sistemi sarà un sacrificio duro ma necessario per far risorgere il credito mutualistico a nuova vita. Infatti, con oltre 1,5 miliardi di € di patrimonio e con la presenza capillare sul territorio nazionale, soprattutto nell’Italia profonda dei piccoli comuni, diventerebbe, ancora di più, un caposaldo su cui rifondare la rinascita economica dell’Italia e, soprattutto, del Sud che è diventata sempre di più terra di conquista dei grandi gruppi bancari che hanno la testa al Nord e i piedi in ogni tinozza con uva da spremere.
Pertanto i giochi sono aperti e le varianti che potrebbero concretizzarsi poterebbero a situazioni disarticolate tra loro ma in un quadro sistemico che, a livello nazionale avrebbe punti di contatto e sinergie forti sia nella gestione dei servizi sia nell’eventualità di mettere sul mercato internazionale quote azionarie destinate ai fondi di investimento.