In questi giorni di intensi lavori assembleari, ho avuto la possibilità di rivedere tante persone, di incrociare tanti soci e leggere, in molte facce, un senso di preoccupazione per le dinamiche economiche che stiamo vivendo.
In questi momenti, c’è sempre la piacevole opportunità di avere un confronto, fare un’analisi condivisa dei loro progetti, ascoltare il loro vissuto e, talvolta, anche le apprensioni.
Ho effettuato delle considerazioni personali su ciò che oggi possa significare “fare credito” in questa particolare fase storica, oltretutto calata, nello specifico, nel Mezzogiorno e, di conseguenza, nel nostro territorio di riferimento.
L’argomento è a me molto caro e spesso ho provato ad approfondire, attraverso dei miei puntuali interventi, quello che riguarda la gestione del credito e il supporto che si può dare oggi alle imprese, soprattutto le medio-piccole, attraverso l’azione delle BCC.
Ovviamente il mondo sta cambiando ad una velocità supersonica rispetto a quello che accadeva tempo fa e questo l’ho sottolineato più di una volta. Nell’ultimo periodo, infatti, è sempre più evidente un distacco tra quella che è la realtà economica/creditizia e quello che effettivamente il regolatore propone alle Banche nell’ambito del loro agire a supporto dell’economia.
È evidente come le banche siano messe, sempre più, in discussione nell’ambito di quello che è il loro ruolo, cioè supportare il mondo imprenditoriale.
Diventa impensabile immaginare un modello diverso rispetto all’idea dell’Europa, perché l’Europa chiede alle banche di muoversi diversamente, di mettere le aziende, anche con i paletti del credito, di fronte al contesto europeo, trasformando e omologando tutte le banche come “significative”, costringendo, pertanto, le stesse a stringere le maglie del credito esclusivamente verso soggetti che abbiano determinate caratteristiche.
Quando ci impongono l’utilizzo dei rating stringenti e penalizzanti, quando ci guidano alla valutazione e alla penalizzazione per ogni minimo alert di controllo su una posizione, quando viene meno la valutazione, anche storica, delle persone, quando il giudizio di un’impresa viene affidato ad un freddo algoritmo indicato da una macchina, diventa ancora più evidente la nostra difficoltà nel riuscire a interpretare quelle che sono le richieste che ci provengono dal territorio di riferimento e, soprattutto, farci comprendere dai nostri interlocutori che, ovviamente, ravvisano in noi soggetti che non sono in grado sostenerli.
Siamo ben certi di avere un ruolo delicato, però, ormai è pacifico che la valutazione di un nuovo affidamento sia diventata sempre più orientata agli aspetti oggettivi rispetto a quelli che sono i fattori di natura soggettiva.
Tale situazione induce qualsiasi istituto di credito ad irrigidirsi di fronte ad una regolamentazione di forte rottura rispetto al passato: molto più dura e meno in linea con quelle che sono le dinamiche di mercato che caratterizzano le aziende e il territorio di riferimento. Il confronto con queste analisi va, poi, contestualizzato, come dicevo, all’interno del Mezzogiorno d’Italia.
Perché intendo ancora sottolineare questo elemento? Lo faccio perché ritengo che, attualmente nel Mezzogiorno, non esistano le medesime condizioni per poter gestire il credito e le aziende rispetto a quello che avviene in altre parti d’Italia o d’Europa. Tali limiti mettono le aziende di fronte a difficoltà molto evidenti e, soprattutto, in un mercato globale come quello attuale, impongono determinati comportamenti, impongono specifiche regole e scelte con presupposti, che non possono essere commisurati a chi opera in altri contesti economici e sociali.
Il mio ragionamento su queste argomentazioni vuole provare a ribadire come sia necessaria una valutazione seria di quello che diventa il compito delle banche, soprattutto, le banche di credito cooperativo nella gestione e nella evasione di quelle che sono le richieste che pervengono dalle imprese, soprattutto, quelle medio/piccole. Non ci sottraiamo al ruolo che abbiamo, ma è ovvio come il nostro lavoro abbia assunto connotati completamente differenti rispetto al passato, dove essere banca locale aveva un significato molto più pregnante ed in linea con la nostra filosofia.
La mia preoccupazione non è solo per il presente, il problema è in prospettiva, in quanto, con questo contesto normativo, se non vi è un cambiamento di marcia e, quindi, un approccio diverso da parte delle imprese, da parte dei loro consulenti, da parte degli imprenditori stessi, diventerà sempre più difficile poter dare delle risposte concrete a territori che necessitano di partner economici come le banche locali, le quali devono sostenere progetti ed investimenti, come hanno sempre fatto.
La speranza che cambi l’approccio del regolatore europeo la ritengo ormai quasi persa, anche se la speranza è sempre l’ultima a morire.
Alzare il livello qualitativo dei comportamenti e delle azioni il prima possibile è un’inquietudine che nasce nella mente di chi vuole affrontare il problema dall’interno, non tirandosene fuori, perché sono convinto che c’è necessità di un approccio differente, che passa da un confronto continuo tra la banca e gli imprenditori, unitamente ai loro consulenti, per cercare di mettere in evidenza quelli che sono i punti critici, affrontandoli al meglio, nei tempi giusti.
Diventa fondamentale avere un rapporto intenso e collaborativo con le aziende, in quanto, entrambi siamo sullo stesso campo, a giocare la medesima partita, da compagni e non da avversari.
Più siamo preparati a questo mondo e meglio riusciremo a governarlo.
Concludo questa analisi, facendo riferimento ad un acronimo che da qualche mese sta invadendo le nostre scrivanie: ESG. Si tratta di una grande occasione che, in questo momento, ha le caratteristiche per diventare l’ennesimo nuovo adempimento da gestire. È un processo che avrà impatto su imprese, cittadini e banche. Cambieranno le relazioni, i parametri per l’accesso al credito, oltre che le abitudini di consumo.
Anche le Banche locali saranno chiamate ad avere un ruolo importante per cambiare l’Europa in linea con tali indicazioni, partendo dai territori, in nome della sostenibilità.
Ci ritroveremo ad avere un ulteriore parametro/vincolo per definire strategie di sviluppo, seguendo elementi attualmente non considerati nell’ambito dell’erogazione del credito.
È solo l’ennesimo esempio che ci impone un cambio di passo, un approccio diverso, altrimenti sarà molto difficoltoso supportare l’economia e la comunità di riferimento.
Su queste cose sono uomo da giudizi estremi e severi: se non indirizziamo, con decisione, determinazione e fretta, le nostre azioni verso qualcosa di diverso, sarà dura per tutti, perché il tempo è scaduto.
Auspicare un’inversione di tendenza circa la proporzionalità regolamentare delle banche sembra essere un miraggio, ogni giorno, più lontano.
La normativa ci vuole tutti uguali e, quindi, tutti dobbiamo adeguarci rapidamente, perché non c’è più tempo!