L’incubo dello spopolamento avanza inesorabile e tangibile per le aree montane e interne del Cilento: inevitabile conseguenza della mancanza di lavoro, e di una mobilità e di una sanità pubblica fortemente penalizzati.
Quando si pensa alla morte dei nostri borghi il pensiero va al numero dei suoi residenti, ovunque in esponenziale diminuzione; e agli edifici destinati a divenire ruderi fagocitati dall’erba alta.
Nei paesi del Cilento, piccole bomboniere ordinate e ben tenute, negli ultimi anni molte abitazioni sono state salvate dall’abbandono, trasformandosi in case vacanze e b&b che d’estate ospitano turisti che giungono numerosi per i tanti eventi organizzati e per la bellezza incontaminata del territorio.
L’ospitalità turistica, che fa ristrutturare e riutilizzare case, è solo una boccata d’ossigeno; non trattiene abitanti. Come fronteggiare lo spopolamento, e quindi il numero, sempre più basso, dei residenti, è argomento di forte interesse e di attualità. Perché se sopravvivono i borghi sopravvive il Cilento così come noi lo conosciamo.
L’ospitalità turistica non può impedire l’esodo. I primi borghi ad essere deprivati di un futuro non saranno necessariamente i più isolati, ma quelli che per primi subiranno l’inaridimento commerciale. Perché il commercio è un presidio sociale!
L’ultimo presidio, a mio avviso! Chiuso l’ultimo negozio il borgo è morto. Si collega lo spopolamento alle case abbandonate, ma quasi mai alle botteghe che chiudono.
I residenti hanno vitale necessità dei servizi essenziali! L’amarezza è forte, il fallimento è comune, quando una ad una le più piccole frazioni vengono abbandonate e i suoi residenti sono costretti a trasferirsi nei centri vicini, che, guarda caso, sono sempre quelli che hanno residui servizi essenziali: non teatri, ristoranti, negozi, ma la posta, la banca, o almeno il bar, e l’ alimentari (uno solo, almeno!).
Conosco nel Cilento rioni e piccole frazioni in cui l’unica attività rimasta è un bar che fa anche da alimentari: sopravvive, e fa (letteralmente) sopravvivere gli abitanti grazie a uno scaffale di pasta, pelati, uova e farina, e magari un congelatore seminascosto in un angolo del locale. Se c’è l’ alimentari chi vuole restare nella propria casa, resiste!
Diversamente, quando abbassa la saracinesca anche l’ultima bottega di alimentari raggiungibile a piedi, quella vicino alla Chiesa, quella che è l’essenziale ossatura economica necessaria all’approvvigionamento alimentare di chi non guida e non può spostarsi, allora anche gli ultimi, radicati abitanti, sono costretti a sradicarsi.
In un futuro distopico non troppo lontano, m’immagino i tanti turisti che alloggeranno nelle case splendidamente ristrutturate per loro, turisti che percorrendo le vie e le piazze silenziose e perfette s’immagineranno com’erano, solo pochi decenni prima, quei borghi morti, quei borghi i cui abitanti saranno solo fantasmi: ricordi sbiaditi in un Cilento per turisti.
Antonella Casaburi