Le strade del Parco hanno fatto al storia del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Già nell’antichità la via del “sale” e la via “istimica” erano corridoi tracciati tra colline e montagne per collegare la costa tirrenica con quella ionica: Paestum e Sibari. Come nel Medio Evo il Cammino che collegava Gerusalemme a Roma passava da S. Giovanni in Fonte adiacente alla Certosa di Padula e proseguiva verso Nord verso Cava dei Tirreni ed oltre.
Nel 1700, il re di Napoli per domare la “Terra dei tristi”, così era denominato il Cilento nella Capitale borbonica, incarico l’esercito di tracciare una strada che rendessero rapidi gli interventi punitivi nei confronti dei briganti che taglieggiavano i viaggiatori che “osavano” avventurarsi da Capaccio verso il Sud.
Negli ultimi 20 anni, il progetto di dotare il nostro territorio di una rete viaria scorrevole e strutturata al fine di togliere l’intera “Regione verde” compresa nel perimetro del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Daino e Alburni (PNCVDA) dallo “splendido” isolamento in cui si trovava è stato portato a termine con l’ammodernamento del tratto autostradale che da Eboli porta a Padula – Buonabitacolo.
È stato creato così un anello funzionale in grado di garantire la circolazione del traffico che ha fatto e fa bene alla vita quotidiana dei residenti, al commercio e al turismo. Si tratta di una grande circonvallazione costituita, oltre dal tratto autostradale citato, dalla Bussentina, che collega Padula a Policastro; dalla Cilentana, che da Policastro arriva ad Agropoli e dalla SS 18 che connette Agropoli e Paestum all’innesto autostradale di Eboli o Battipaglia. La litoranea e l’Aversana, accompagnano l’antica statale, oggi diventata una strada interna e completamente urbanizzata, nella fatica di smaltire il traffico in entrata e uscita della costa Cilentana.
Resta in un cono d’ombra la viabilità che si estende come una fitta rete di arterie statali e provinciali deputate a collegare gli oltre 100 borghi inquadrati negli 82 comuni del (PNCVDA).
I tentativi di dare risposte alle ataviche richieste di velocizzare i tempi di percorrenza di alcune tratta interne sono tutti miseramente falliti con grande dispendio di risorse che hanno fatto crescere le disillusioni dei residenti che continuano a scegliere di vivere, per necessità o virtù, nelle aree interne.
Infatti, la “famigerata” Fondovalle Calore, è ancora una mera ipotesi di soluzione visto che dopo aver sperperato risorse ingenti, anche quando sarà terminato il breve tratto in costruzione, sarà una strada che inizia nel nulla (contrada Mainardi di Aquara) e finisce nel nulla (nei pressi delle Grotte di Castelcivita): in ogni caso lontano sia dalla SA-RC sia dalle altre arterie citate sopra!
C’è poi la più volte evocata “Strada del Parco” che dovrebbe collegare Vallo della Lucania al Vallo di Diano con un tracciato che metterebbe in comunicazione Atena Lucana (SA-RC – Cilentana). Dell’idea progettuale, finora è stata realizzata un’immensa rotatoria in località “Retara” tra Stio, Campora e Moio Pellare. L’intera area, costata oltre un milione di Euro, è stata già ampiamente vandalizzata con sottrazione di pannelli fotovoltaici ed altra strumentazione elettronica.
Recentemente è stato appena presentato un progetto che vede coinvolti i comuni di Vallo della Lucania, Moio, Stio, Campora, e Laurino ed altri che prevede un accordo di programma per la richiesta di finanziamento per la progettazione di un nuovo tracciato che dovrebbe collegare la “secante” Cilentana con la Fondovalle Calore di cui sopra. L’idea è quella di portare, infine, il traffico all’ingresso dell’autostrada SA-RC a Campagna.
Vale la pena anche di ricordare che il comune di Agropoli in accordo con quello di Capaccio Paestum sta già progettando una “variante” alla “variante”alla SS 18 che dovrebbe collegare la Cilentana direttamente da Agropoli all’entrata di Eboli della SA-RC.
Intanto la tela di ragno della viabilità interna che fa scorrere la vita nella valli interne sia in senso parallelo a fiumi e torrenti sia perpendicolari ad essi, è disseminata di interruzioni, frane, smottamenti, buche, voragini, dossi creatisi naturalmente … che rendono sì l’andare più sicuro, in quanto è procedere lentamente è l’unico modo per salvaguardasi,ma è altrettanto vero il fatto che se gli amministratori avessero chiesto più investimenti nella manutenzione senza inseguire mirabolanti progetti da oltre 40 anni, oggi avremmo strade sicure e utili da percorrere sia per la vita di relazione delle comunità “indigene” sia per accogliere i turisti amanti del bello ma anche dell’andare lento ma sicuro.