L’evangelista Marco descrive l’inizio del ministero di Gesù. Noi vi partecipiamo insieme con i discepoli. Siamo a Cafarnao, nella sinagoga dove alla preghiera si aggiungeva la lettura delle Scritture e la spiegazione affidata a chi ne era capace, un maestro o anche uno straniero.
Qui Gesù pronuncia un insegnamento del quale Marco non riporta il contenuto ma la reazione dei presenti. Le parole di Gesù che arrivano dritte al loro cuore sono comprese facilmente e tutti le sentono dette apposta per loro.
Sono parole ricche di autorevolezza ma tanto diverse da quelle degli scribi incaricati di insegnare al popolo. Scuotono gli animi perché toccano il profondo della vita concreta.
Gesù non impone ma propone, convince con le parole perché ciò che dice prima lo vive; insegna senza alcun interesse particolare.
Nel passo del Vangelo è descritto lo stupore della gente davanti alle sue parole. Lo stupore, collegato alla curiosità e al desiderio di capire, è capace di farci sentire più vivi, di farci provare gioia di fronte ad una realtà diversa rispetto alle nostre convinzioni. La capacità di stupirsi dovrebbe appartenerci sempre e dovremmo saperla cogliere ad ogni età.
Che bello deve essere stato ascoltare Gesù che insegnava! Il mio pensiero va ai nostri ragazzi a scuola.
La voce, le parole, i gesti dell’insegnante devono essere ricchi di energia, devono svegliare le menti, interessare, responsabilizzare ma non con freddezza e distacco. Devono arrivare al cuore.
I ragazzi imparano e seguono le lezioni se si sentono coinvolti, incoraggiati e apprezzati da chi insegna.
Oggi essere insegnante non è certo facile. Occorre inventarsi sempre nuove strategie, andare oltre i semplici programmi ministeriali da svolgere, porre sempre al centro dell’attenzione l’alunno in modo da capirne le esigenze e comportarsi di conseguenza.
Chissà nei miei 35 anni di insegnamento se a volte ci sono riuscita! Nel ricordare l’espressione degli occhi dei miei alunni forse posso darmi la risposta!
L’insegnamento di Gesù si esprimeva anche attraverso azioni autorevoli. C’è bisogno infatti di autorità nell’insegnare ma l’autorità bisogna viverla come servizio amorevole.
Marco racconta ancora il miracolo della liberazione di una persona tormentata dal demonio. E’ un uomo che frequentava la sinagoga e con questo particolare l’Evangelista ci invita a riflettere che non esiste luogo che possa rendere buona o cattiva una persona.
Il bene e il male dipendono solo dal nostro comportamento, da una libera scelta.
Nel passo del Vangelo Gesù scaccia via il demonio. Il gesto di guarigione dell’indemoniato viene compiuto di sabato, quindi risulta trasgressivo rispetto alla legge religiosa del tempo. Ma lo stupore dei presenti, che diventa poi timore, fa passare in secondo piano la trasgressione.
La presenza di Dio in mezzo a noi è inconciliabile con la tirannia del demonio.
Uno strano atto di fede fa il demonio pronunciando una verità detta però senza amore: “io so chi sei: il santo di Dio”.
La risposta di Gesù, l’imperativo: “Taci” “Esci da lui” sia per noi motivo di riflessione profonda di questa pagina del Vangelo che inizia così come termina con l’espressione: “insegnava con autorità” e che ci esorta a passare da una fede che è conoscere a una fede che è vita, che genera perciò liberazione e salvezza.
Santa domenica in famiglia.