I pensieri, anche quelli più neri, stanotte non contano se guardo la luna al buio, qui a Capodifiume
Autore: Sergio Vecchio
Il caimano inghiotte le contumelie senza reagire purché si tira a campare. Ma campare come un caimano non è salutare.
Non c’è pace nella mia pittura ma amore di un sogno lirico che distrugga gli incerti oroscopi del futuro, i provvisori equilibri e le sue nubi.
“Non abbiamo tagliato alcun traguardo, forse però abbiamo vinto il premio più ambito: il piacere del lavoro in solitudine.”
Ho camminato in sentieri abbandonati di rose e in percorsi degradati dell’anima, ho visto vendere conigli smagriti spacciandoli per pepite d’oro in confezioni natalizie. Ho vissuto all’ombra di incarichi, promozioni, improvvise fondazioni, parchi del Cilento e di allodole e mi sono fatto da parte perché non volevo avere nulla a che fare con questi commerci e con chi inventa il futuro con il gioco delle tre carte. La mia strada è stata in salita, sono stato un ciclista senza squadra, sono arrivato sempre per ultimo al traguardo ma con le mie forze. In politica, in cambio di nulla, sono sempre…
Avremo tempo per discutere se la ballerina è elegante quando danza o del colore umido della rugiada. Oppure delle lucciole di maggio o di questa primavera incerta di elezioni. E per costruire un recinto di lentischi in cui restaurare i nostri giocattoli dell’infanzia e seppellire i libri di Salgari e vocabolari. Non avremo più voglia di incollare con vinavil le nostre illusioni sui muri bianchi dell’officina e di ritagliare con forbici aguzze trafiletti di giornale che parlano di stazioni in abbandono. Avremo mille e mille ore ancora per litigare, se un somaro è più intelligente della volpe o viceversa, se…
Non siamo magri, non siamo navigatori né domatori di bestie, non siamo belve né stinchi di santi, peccatori senza peccato, innocenti ma colpevoli senza colpe. Siamo foglie in un deserto di sentimenti, in un campo di guerra in cui tutti hanno torto e tutti hanno ragione. Non siamo emigranti né pescatori di frodo ma cercatori d’oro e ladri di banche, siamo lunatici e cambiamo colore a seconda di come gira la luna. Siamo ignavi in trincea, orchi in paradiso, abbiamo sempre un bel sorriso e viviamo leggeri di danza, di concerti all’aperto, di vacanze e di ponti. Viviamo di calci…
E ancora oggi apro la mia casa non a chi mi consola ma a tutti i venti, le correnti di filosofia. Apro gli scrigni delle mie fiabe per giocare insieme con un po’ di fantasia, in tristezza e in allegria. La mia casa è chiusa per gli aridi di cuore e gli avari, per chi calcola con la bilancia ciò che deve dare, a piccole dosi e con fatica, e ciò che deve arraffare immediatamente. Continuo ancora a prestare libri sacri e giocattoli d’argento agli amici che non mi restituiranno un bel niente, il mio laboratorio accoglie innocenti e colpevoli…
Altre stazioni del sud, gli amici d’infanzia, Tituccio il marinaio, il mare avverso, le balene, il lido delle sirene, la bicicletta di mio padre, zio Mario, il dancing, il vino amaro delle cadute, i naufragi di chi perde con l’onore della armi, l’archeologia, in allegria e con rancore. Per meglio dire i temi della mia pittura in un disordinato ordine di appunti e di episodi che hanno segnato per sempre la mia vita di pittore. Chi non ha mai attraversato, nel circo della nostra esistenza, la tenerezza di uno sguardo che ti commuove, uno squalo, una fata e una strega…
Uno scimmione con la pancia porta al guinzaglio un cane da caccia in bianco e nero in spiaggia. E poi, tossendo, lo abbandona nel bosco mangiando un’anguria. Come un fantasma il cane senza patria s’aggira tra gli alberi, nel buio i suoi occhi, come pile, illuminano il disperato labirinto nel quale è rinchiuso. La bestia, nel suo girovagare senza meta, è in cerca di cibo, di qualcuno che abbia cura di lei e ha paura che lo scimmione che tossisce torni a riprenderla. Il cane si nasconde tra gli arbusti dei templi, un poco si riposa, poi ricomincia inquieto a…