Autore: Sergio Vecchio

Sergio Vecchio (1947), ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, allievo di Carlo Alfano e Giovanni Brancaccio. Dal 1967 inizia un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero. E’ presente alla X Quadriennale di Roma nel 1975, alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Ancona nel 1978, al Premio Michetti di Francavilla a Mare (CH) nello stesso anno, e tenuto varie personali a Roma e a Milano dove è notato da Lisa Licitra Ponti che su Domus, nell’aprile del 1985, così scrive [… stiamo attenti a questo personaggio- a questo pittore “ inattuale”, che lavora solitario su Paestum affrescando frammenti, graffiti su pietre di tufo del luogo, artista, studioso e viaggiatore insieme – e nel contempo ricerca e raccoglie documenti per l’Archivio di Paestum da lui fondato…] Nel 1984 è segnalato da Pierre Restany e inserito nel Catalogo Generale della Grafica Italiana dell’Arte Mondadori con la seguente motivazione: “Sergio Vecchio nel suo tentativo di recupero dei dati artistici dell’archeologia, ha saputo dare alle sue tempere e acquerelli la dimensione evocativa di una intera civiltà.” Con Pierre Restany e Fulvio Irace instaura a Milano un lungo sodalizio di amicizia e di cultura. Negli anni ’90 intensifica le sue presenze a Roma con mostre personali e collettive. […Il problema di Vecchio è l’attraversamento di un tempo inattraversabile. Ed ecco che egli utilizza la regressione del segno. Dall’archeologia al segno, da un codice storico ad un altro codice capace di attraversarlo, scoprendone il senso, mutandone la direzione del significato…] (Filiberto Menna). Gli anni ’80 lo vedono impegnato, oltre che nel suo Voyage Pittoresque della Magna Grecia in campo pittorico, anche nel campo dei libri d’arte. Nascono, infatti, in collaborazione con il Laboratorio/le edizioni di Nola, una delle più importanti calcografie d’Italia, vari libri e cartelle di opere grafiche con le quali in Italia ha partecipato alle più importanti rassegne del settore (Salone del Libro, Torino 1986; Galassia Gutemberg, Napoli 1992; Mostra del libro d’Arte, Firenze, Pavia, 1993; Museo d’Arte Contemporanea, L’Aquila 2002; Soirée Cicliste, Roma 2003; Biblioteca Comunale Casatenovo, Lecco 2006; Biennale del Libro d’arte, Frosinone 2009 ecc.) Negli anni ’90 la Sicilia diviene suo luogo privilegiato con la frequentazione costante dei siti archeologici più importanti dell’isola, e con numerose mostre personali e collettive. E’ qui che scopre la carta di Acireale instaurando con gli artigiani del luogo un rapporto di stima e di lavoro tuttora in pieno svolgimento. Alla fine degli anni ’90 e negli anni 2000 la sua pittura sbarca in America, ove è impegnato in varie esposizioni (Rogers Gallery di Washington nel 1999 e nel 2001, al Center for the Creativ Arts in Virginia 2003, alla Monicart in Atlanta nel 2006). Poi torna ad esporre in Italia, a partire dalla personale presso Arte incontri di Milano, 2007; nel 2011 il Comune di Salerno gli commissiona la pavimentazione dell’antica chiesa dell’Annunziata e, nello stesso anno, è invitato al Padiglione Italiano della 54ma Biennale di Venezia. Tra le recenti mostre: l’antologica presso il Museo-FRAC di Baronissi nel 2011; le personali al Museo Archeologico di Paestum e in Grecia, nella città di Nauplia (2014); e la mostra, curata da Fulvio Irace, presso il Complesso Monumentale di Santa Sofia di Salerno (2016). La sua ultima installazione risale al 2016 con "Le stanze dell'Eremita" tenutasi all'interno della vecchia fabbrica Cirio.

Ho camminato in sentieri abbandonati di rose e in percorsi degradati dell’anima, ho visto vendere conigli smagriti spacciandoli per pepite d’oro in confezioni natalizie. Ho vissuto all’ombra di incarichi, promozioni, improvvise fondazioni, parchi del Cilento e di allodole e mi sono fatto da parte perché non volevo avere nulla a che fare con questi commerci e con chi inventa il futuro con il gioco delle tre carte. La mia strada è stata in salita, sono stato un ciclista senza squadra, sono arrivato sempre per ultimo al traguardo ma con le mie forze. In politica, in cambio di nulla, sono sempre…

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Avremo tempo per discutere se la ballerina è elegante quando danza o del colore umido della rugiada. Oppure delle lucciole di maggio o di questa primavera incerta di elezioni. E per costruire un recinto di lentischi in cui restaurare i nostri giocattoli dell’infanzia e seppellire i libri di Salgari e vocabolari. Non avremo più voglia di incollare con vinavil le nostre illusioni sui muri bianchi dell’officina e di ritagliare con forbici aguzze trafiletti di giornale che parlano di stazioni in abbandono. Avremo mille e mille ore ancora per litigare, se un somaro è più intelligente della volpe o viceversa, se…

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Non siamo magri, non siamo navigatori né domatori di bestie, non siamo belve né stinchi di santi, peccatori senza peccato, innocenti ma colpevoli senza colpe. Siamo foglie in un deserto di sentimenti, in un campo di guerra in cui tutti hanno torto e tutti hanno ragione. Non siamo emigranti né pescatori di frodo ma cercatori d’oro e ladri di banche, siamo lunatici e cambiamo colore a seconda di come gira la luna. Siamo ignavi in trincea, orchi in paradiso, abbiamo sempre un bel sorriso e viviamo leggeri di danza, di concerti all’aperto, di vacanze e di ponti. Viviamo di calci…

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E ancora oggi apro la mia casa non a chi mi consola ma a tutti i venti, le correnti di filosofia. Apro gli scrigni delle mie fiabe per giocare insieme con un po’ di fantasia, in tristezza e in allegria. La mia casa è chiusa per gli aridi di cuore e gli avari, per chi calcola con la bilancia ciò che deve dare, a piccole dosi e con fatica, e ciò che deve arraffare immediatamente. Continuo ancora a prestare libri sacri e giocattoli d’argento agli amici che non mi restituiranno un bel niente, il mio laboratorio accoglie innocenti e colpevoli…

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Altre stazioni del sud, gli amici d’infanzia, Tituccio il marinaio, il mare avverso, le balene, il lido delle sirene, la bicicletta di mio padre, zio Mario, il dancing, il vino amaro delle cadute, i naufragi di chi perde con l’onore della armi, l’archeologia, in allegria e con rancore. Per meglio dire i temi della mia pittura in un disordinato ordine di appunti e di episodi che hanno segnato per sempre la mia vita di pittore. Chi non ha mai attraversato, nel circo della nostra esistenza, la tenerezza di uno sguardo che ti commuove, uno squalo, una fata e una strega…

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Uno scimmione con la pancia porta al guinzaglio un cane da caccia in bianco e nero in spiaggia. E poi, tossendo, lo abbandona nel bosco mangiando un’anguria. Come un fantasma il cane senza patria s’aggira tra gli alberi, nel buio i suoi occhi, come pile, illuminano il disperato labirinto nel quale è rinchiuso. La bestia, nel suo girovagare senza meta, è in cerca di cibo, di qualcuno che abbia cura di lei e ha paura che lo scimmione che tossisce torni a riprenderla. Il cane si nasconde tra gli arbusti dei templi, un poco si riposa, poi ricomincia inquieto a…

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