Il più duro a convincersi, e penso che rimase sempre della sua opinione, fu “tata Cola” (Nicola Petraglia). Portava il suo nome come si conveniva nella società patriarcale degli anni ’30 del secolo scorso. Il quel tempo avevo dodici anni, cantavo in chiesa, seguivo mia nonna, Antonia Pipolo, che partecipava a tutte le funzioni religiose ed era protagonista di ogni veglia funebre che si effettuava a Piaggine. Mia madre, Teresa Petraglia, fu la più determinata ad assecondare la mia “vocazione” e non disperò mai fino a quando non mi vide varcare il portone del seminario diocesano di Vallo della Lucania.…
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