di L. R. Luci nelle piazze, invitanti negozi sollecitano a spendere, visi tirati per il sorriso d’obbligo caratterizzano l’incedere frettoloso dei più, impegnati a completare la lista dei regali. E’ un’arida ripetizione di riti senza efficacia, certamente non generano la gioia che, invece, brilla ancora negli occhi dei bimbi. Per gustare il Natale bisogna quindi ritornare bambini e assorbire nel cuore il calore di una promessa divenuta salvezza. L’atteggiamento per vivere questa festa è quello convincente di Giuseppe, grazie al quale possiamo celebrare l’Incarnazione così come si è storicamente realizzata. E’ necessario però spogliarsi delle proprie convinzioni ed essere disponibili ad andare incontro all’unica vera fonte di speranza: Gesù. Non è facile, i dubbi sono tanti, un velo di opacità non fa intravedere con chiarezza la prospettiva, persiste l’incertezza che genera angoscianti domande. Sono le stesse esitazioni che contraddistinguono Giuseppe. Anche lui conosce la verità a poco a poco perché deve riflettere ed avere una concreta esperienza del Dio nascosto. Se tanti personaggi del Vangelo nutrono dei dubbi certamente non dobbiamo meravigliarci per i nostri. Del resto ogni incontro di fede richiede la predisposizione ad una fiduciosa obbedienza. Giuseppe si trova di fronte al bivio di una facile omertà, può scegliere il silenzio per quieto vivere o ricercare la verità, consapevole che questa opzione comporta una fastidiosa condivisione. Per noi, che già conosciamo il seguito della sua vicenda personale, non è facile cogliere nella sua dolorosa portata la psicologia di Giuseppe in rapporto al contesto, alla prassi e alla comunità nella quale è inserito. Secondo la curiosa, pettegola e maliziosa opinione pubblica di Nazareth egli era stato tradito; legittimo quindi il suo dubbio, ma alla fine non si avvale delle disposizioni di una inflessibile legge, opta invece per l’amore verso la sua giovane donna dopo giorni di angoscia, durante i quali ha cercato conforto nei sogni immaginando la vita così come lui l’aveva programmata. Quando il Signore irrompe nella sua vita egli accetta e si fa partecipe del progetto di salvezza; non parla, non negozia condizioni, opera concretamente e nel disegnare il suo nuovo ruolo protegge l’amore, compiendo per primo quanto Gesù, suo figlio adottivo, farà tante volte in seguito: l’uomo viene sempre prima della legge. Eppure Dio gli chiede un evidente sacrificio: spogliarsi del suo essere sposo ed accettare una paternità non sua. Appare evidente che, prima di una rivelazione, l’esperienza di Giuseppe si riassume in una vocazione: accogliere Gesù, assicurare una casa a Maria, garantire un casato messianico al nascituro e conferirgli il nome-missione scelto da Dio. L’augurio che ci scambiamo per il Natale 2016 è trarre una coerente ispirazione dall’insegnamento che si desume dall’operato di Giuseppe, il giusto che crede collaborando con un silenzioso Sì al progetto salvifico di Dio. Il Signore ci sorprende invitando a mutare le nostre scelte perché egli indica sempre orizzonti nuovi e migliori, anche se in principio possono apparire poco chiari. E’ un obbedire al quale si accompagna la consapevolezza che Gesù comunque ci precede e la sua compagnia è la nostra forza. A queste condizioni il Natale non potrà essere che buono e, di conseguenza, il 2017 un anno felice.
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