«Il corso di formazione base sulla violenza di genere iniziato il 9 ottobre si rivolge alle forze dell’ordine e a tutte le componenti della rete per avere strumenti a disposizione a gestire le situazioni che riguardano le donne vittime di violenza che vogliono uscirne», lo dice Caterina Pafundi responsabile del centro antiviolenza Aretusa di Atena Lucana che crede molto negli appuntamenti in agenda, promossi dall’associazione Differenza DonnaOng, che fanno parte del progetto S.A.R.A. (Sostegno Anti Violenza Rete Attiva) che prevede a sua volta misure per l’implementazione dei servizi offerti dai centri antiviolenza dell’ambito S10 e S9 grazie al sostegno di Fondazione con il Sud. «Così come richiesto della Convenzione di Istanbul che sancisce l’obbligo degli stati di assicurare reali ed efficaci percorsi di uscita dalla violenza di genere – continua – tutti i professionisti devono essere messi in condizione di poter conoscere strumenti idonei ed efficaci per contrastare gli atti di violenza sulle donne nelle loro molteplici forme». Occorre cioè creare un linguaggio comune nel Vallo di Diano per velocizzare pratiche già acquisite nei due anni di attività del cav Aretusa e rafforzarle. «Importante è la relazione tra tutti i servizi che si possono occupare della rete. Gestirli insieme significa facilitare la fuoriuscita della donna dalla violenza e permettere quell’empowerment utile a crearsi una vita autonoma – dice ancora Caterina di Aretusa – i centri sociali devono avere chiara la differenza tra conflitto e violenza e forze dell’ordine che possano reperire una denuncia accettando di comprendere appieno quello che è il ciclo della violenza, l’Asl e altre associazioni sono agganci sul territorio per inviare la donna al centro e accoglierla nei loro servizi». Nel cav Aretusa sono state aperte 130 schede, 130 donne tra 18 e 70 anni hanno chiesto aiuto al centro. «Poter affidarsi a qualcuno che ha l’esperienza e la capacità di sostenere le vittime di violenza è molto difficile – confida Caterina – la rete ha bisogno di conoscerci e confrontarsi prima di poterci sostenere appieno». Nel Vallo di Diano, la fiducia è ancora una volta la base di tutto, i paesi sono piccoli e quando si parla di privacy sapere che è davvero tutelata aumenta la stessa fiducia. «Siamo contente di aver raggiunto un buon risultato nel comprensorio – termina Pafundi – a due anni dall’avvio la rete si è allargata in maniera capillare coinvolgendo altri soggetti del posto. Crediamo tuttavia che ci sia un sommerso molto grande ma speriamo che sempre più donne avranno il coraggio di uscire dalla violenza».
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