Vivere in un’area protetta è come vivere in un immenso giardino all’aria aperta. Immersi in profumi avvolgenti, tra sapori genuini e panorami straordinari di catene montuose, vallate e zone costiere. Ampi spazi verdi intervallati da piccoli borghi arroccati, da siti archeologici e antichi ruderi testimoni di epoche e civiltà del passato.
E poi i ritmi lenti e i suoni della natura e della fauna che sovrastano tutti gli altri. Spostarsi tra i luoghi e parlare la stessa lingua, quella dell’accoglienza, della gentilezza, della generosità.
Un esempio campano di “area protetta” è il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che dal 1997 fa parte della rete delle “Riserve della Biosfera”, il Programma MAB (Man and Biosphere) dell’UNESCO che unisce la conservazione della diversità biologica alla salvaguardia dei valori culturali e allo sviluppo economico. Per il suo alto valore naturalistico e per il contesto storico e culturale dal 1998 è Patrimonio Mondiale dell’Umanità mentre dal 2010 è entrato a far parte della rete Europea e Mondiale dei Geoparchi ed è il secondo in Italia per estensione. Inoltre, il PNCVA è la culla della Dieta Mediterranea, codificata dallo studioso americano Ancel Keys, inserita nello stesso anno nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Certo non mancano gli svantaggi di vivere in zone non proprio vicine alle reti di servizi che i grandi centri urbani hanno a portata di mano o con una scarsa connettività interna, soprattutto in quelle aree distanti dai principali assi viari, che impediscono la diffusione degli effetti positivi derivati dall’accessibilità esterna rappresentata dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria. C’è poi l’aggravante di un sistema di trasporto pubblico inadeguato che lascia le zone più interne isolate ed emarginate. È anche per questi fattori di arretratezza che, spesso, le zone costiere hanno la meglio su quelle interne.
Tuttavia, se è vero che i momenti di crisi come quello appena vissuto a causa del nuovo Coronavirus vanno letti come occasioni di cambiamento e opportunità, mai come in questo periodo chi vive in zone come quelle del Parco ha potuto apprezzarne i vantaggi: spazi ampi e soleggiati sia privati che pubblici, qualità ambientale, contatto con la natura, maggiore vivibilità rispetto alle città… e ora che dobbiamo convivere con il virus e le regole di protezione dal contagio, posti come questi si convertono in luoghi strategici, prendendosi in un certo senso la loro rivincita.
In effetti, la pandemia potrebbe rappresentare un vero punto di svolta generando una inversione di tendenza. Non più luoghi caotici e superaffollati come meta delle proprie vacanze. Ad esser favoriti, infatti, a partire dalla stagione estiva che sta per cominciare, saranno proprio i luoghi che garantiscono un turismo lento, di qualità piuttosto che di massa, ricchi di risorse ambientali e culturali, che permettano al turista di stare all’aria aperta, di vivere in piccole comunità e di avere una grande varietà di offerte, come nel caso dei territori del Parco, data la loro enorme diversificazione.
Inaspettatamente, proprio il cambiamento degli stili di vita che il Covid 19 ha generato ha convertito territori protetti come il PNCVA in avanguardie turistiche rispetto a un futuro più sostenibile con i tre settori – agro-alimentare, ambientale e culturale in senso lato – come poli di attrazione.
Angela Cimino