Il tema degli anziani è un tema molto dibattuto in questo periodo di pandemia di Covid-19. E anche molto delicato. Delicato per essere la loro categoria quella più fragile e più a rischio per le conseguenze del contagio, dunque, quella da proteggere di più. Delicato perché chi si occupa di loro ha un’enorme responsabilità, sia che si tratti di anziani ospitati in strutture sia che si trovino in casa.
Ne abbiamo parlato con Aldo Aufiero, responsabile della casa di riposo “Melodoro” nel comune di Casalbuono, un piccolo paesino della provincia di Salerno.
‹‹La nostra è una delle tante strutture residenziali per anziani con zero contagi, anche grazie alla decisione presa anzitempo di chiudere agli esterni fin dai primissimi giorni di marzo. Durante tutto il periodo emergenziale e ancora oggi, abbiamo adeguato tutti il nostro lavoro alle esigenze e ai rischi del caso. Grazie alle misure preventive adottate non è emerso nessun caso di positività, sia sul territorio di Casalbuono nella struttura denominata “Melodoro” che in tutte le altre gestite dalla “Nuovi Orizzonti Coop Sociale” nel Lazio, nel Molise, in Campania e Basilicata. La limitazione degli ingressi non solo dei parenti ma soprattutto di tutti gli operatori dell’indotto ci ha dato ragione››.
Oltre ai dispositivi di protezione individuale obbligatori, quali principali cambiamenti avete dovuto introdurre?
‹‹Ad esempio, l’approvvigionamento di tutte le forniture, sanitarie, lavanderia, alimentari, sono state sempre affidate ad uno stesso operatore, in modo da tracciare il percorso in sicurezza senza promiscuità di nessun genere. Altresì, abbiamo applicato la norma dello “stay in” (vale a dire, pernottando sul posto di lavoro), soprattutto per gli operatori che per causa di forza maggiore erano costretti all’utilizzo dei mezzi pubblici per recarsi al lavoro. Grazie al senso di responsabilità dei nostri collaboratori verso i nostri nonni (ospiti), tutti indistintamente e coscienziosamente hanno limitato il più possibile la loro vita sociale all’esterno nell’interesse comune››.
Quali gli effetti e le reazioni di queste misure sugli anziani che ospitate? In particolare, dal punto di vista sociopsicologico…
‹‹Non ci sono stati casi di aumento di disturbi di nessun genere legati al problema Covid 19, solo tanta preoccupazione per i propri figli e soprattutto nipoti. Credo sia stata la maggiore presenza diuturna dei nostri operatori a rassicurarli. Gli anziani in genere, soprattutto i novantenni, sono persone che vengono da un vissuto di sacrifici, guerre, pandemie, catastrofi. Sono avvezzi al sacrificio e questa situazione li ha preoccupati non tanto per loro, quanto per i loro cari che al di fuori della struttura vivevano una condizione di grande incertezza. I nostri nonni, intendendo tutti i nonni in genere e le persone anziane, dopo tanti anni vissuti hanno capito più di noi “giovani” il piacere e il dovere di preoccuparsi e donarsi agli altri››.
Come avete gestito la deprivazione dei contatti sociali e la perdita obbligata di alcune loro abitudini?
‹‹Non abbiamo mai interrotto il rapporto con le famiglie. Le visite, i contatti sono stati conservati utilizzando le tecnologie di oggi. Abbiamo da subito colmato il gap “fisico” con l’organizzazione del servizio di videochiamata SKYPE, da tablet e cellulare. Questo servizio è diventato un elemento importante tanto per i nostri nonni che per i propri familiari››.
‹‹Purtroppo, si è parlato e si parla degli anziani solo in circostanze come il Covid. Vorrei ricordare, in primis a me stesso, che i nostri nonni, anziani, hanno ricostruito e reso democratico questo Paese con sacrifici e tante, tante ore di lavoro in condizioni precarie. Ancora oggi danno la loro collaborazione fattiva in termini di assistenza verso i propri nipoti e integrando il reddito di quelle tantissime famiglie dove non mancano i disoccupati, permettendo altresì ai propri figli che lavorano di essere tranquilli, consapevoli che i propri bambini sono in buone mani. Ma non sempre i figli lasciano in buone mani i propri genitori anziani››.
a cura di Angela Cimino