La tabella degli orari dell’autolinea locale indica che l’autobus passerà nel giro di dieci minuti. Tutto è pronto, abbiamo immaginato la scena. Marco e Nicola sono nelle rispettive postazioni di ripresa, e Bartolo e Gina attendono, come me, che la grossa sagoma blu si liberi dai tornanti per poterci dare il via. Ciak, si gira. Quella che vogliamo raccontare è una storia che ha il sapore della memoria, di un piccolo borgo riconosciuto per essere il più piccolo comune della Regione Campania, e che oggi molti conoscono per le specialità gastronomiche che, sapientemente, il ristorante “L’Uorto” e l’osteria “La Piazzetta” offrono ai propri avventori.
Si scopre Valle dell’Angelo risalendo la Valle del Calore: attraverso campi e vigne che si adagiano sui pendii che dai monti scendono fino al fiume, per il tramite di boschi di faggi, ontani e querce.
Con i suoi 220 abitanti Valle dell’Angelo è un territorio che conserva la sua specificità pur continuando ad essere in movimento. Ne è un esempio “La casa dei vallangiolesi nel mondo”, raccordo tra un passato di emigrazione ed un presente che chiede e vede il ritorno, o meglio la scelta di restare, per molti dei giovani che qui abitano, così come preservata è la continuità religiosa, nella memoria, sempre rinnovata, del Canonico Don Barbato Iannuzzi, simbolo ed avamposto di spiritualità nel tempo per la popolazione locale. Nonostante le piccole dimensioni, c’è un gran da fare per noi a girare per vicoli e stradine, scandagliando scorci e visioni. Come fosse un mosaico a tinte variegate, ogni dettaglio sa raccontarci una storia. Niente resta invisibile o sotterraneo. Ogni cosa è illuminata dalla luce di un caldo agosto post prima ondata pandemica, e, sarà forse anche per questo, ma noi qui ci sentiamo al sicuro. Se qualcosa sfugge all’obiettivo di Gabriele, è soltanto ciò che non può che venire dalla viva voce dei vallangiolesi. Persone che per prime hanno creduto nell’autenticità di una vita a contatto con la natura e con la propria storia, e che hanno saputo rendere quest’ultima la perfetta somma di tradizione e innovazione. Ne parliamo a lungo con Pietro Macellaro, che, tra una ripresa e l’altra, ci offre in assaggio una delle sue creazioni. Un’esperienza di gusto e disponibilità, ricordando un passato che non ha smesso mai di insegnargli qualcosa. E poi con Antonella, all’azienda agricola Faliano di Pruno, la cui scelta di vita ci restituisce il coraggio della nostra.
Mentre sogniamo prossimi futuri, per viaggiare con maggiore libertà e consapevolezza, da ANSO e Google News Initiative, ci è stata offerta la possibilità di far viaggiare con la mente, e scoprire dodici tra i “PICCOLI BORGHI ITALIANI” che continuano a definirsi come baluardi dell’iperlocale. Luoghi che non possono nascondere nulla, perché nulla di ciò che sono va oltre quello che si può toccare con mano. Guardare qui è vedere. Sono la nostra realtà più prossima, la vera dimensione del cambiamento e migliorando questi luoghi, di sicuro, si migliora il mondo.
Francesca Schiavo Rappo