Prima campesina e poi caposala in ospedale. Rosa, sua nipote, condivide con lei l’amore per l’Italia e il piacere di viaggiare
L’incontro con Annina Gliemmo e Rosa inizia in modo scoppiettante parlando di Natalino Barbato, attuale sindaco, e di Pasquale Caroccia che lo ha preceduto nella carica. Infatti, Anninna è ben informata sulla vita del paese da dove è partita nel dopoguerra e vi torna spesso accompagnata dalla sua nipote preferita, Rosa.
A Stio stanno bene, hanno un bel campo con il pozzo da cui traggono tutto per vivere: ortaggi che verdura, oltre al grano. Annina ricorda la mietitura, la battitura del grano l’estrazione del grano con la ventilazione sull’aia.
La decisione di partire viene presa a causa della guerra che arriva fino a Stio con l’entrata in paese delle truppe tedesche con armi in pugno e carrarmati. Il padre di Annina, Giuseppe, rientrato al paese perché congedato grazie al fatto che aveva 6 figli, decide di emigrare per paura che un’altra guerra possa far precipitare anche la sua famiglia nella miseria come è accaduto a tante altre.
Ecco perché approfittando del fatto che il padre di Giuseppe, con altri due figli, vive già in Uruguay, parte alla volta dell’America. Si imbarcano a Genova sulla Santa Crus che impiega 20 giorni per attraversare l’Oceano Atlantico. Il viaggio è stato indimenticabile per il fatto che il papà era sistemato nel reparto riservato agli uomini e mia madre con i figli in un altro settore e ci si incontra solo in coperta di giorno.
Il viaggio è complicato dal fatto che donne e uomini viaggiano in compartimenti separati e la mamma di Annina è incinta. Per l’impossibilità di sistemarsi a Montevideo, prosegue fino a La Plata in Argentina dove vivono uno zio che dà ospitalità a tutta la famiglia. La convivenza, durata 2 anni, è difficile ed è complicata dal fatto che Giuseppe trova solo lavori precari e non in grado di sostenere la famiglia. La mamma lavava i panni per altre famiglie.
Ecco perché, accetta la proposta di un proprietario terriero che gli propone di lavorare un suo terreno. Il campo è arido con un pozzo situato al centro dello stesso e una casa in condizioni precarie fatta di paglia. Tutta la famiglia si sistema in questa baracca. Annina ripensa alla sua casa a Stio e al suo campo ricco di ogni ben di Dio. Si danno da fare ma la situazione non migliora. Giuseppe coglie al volo la proposta di un altro proprietario che gli propone di coltivare un suo campo che è più grande e produttivo di quello dove operava. La casa è più grande e il contratto prevede che si divida il ricavato al 50%.
Finalmente le cose cominciano a girare per il verso giusto. Solo la piante di pomodoro erano 30 mila … Tutta la famiglia è coinvolta nello sforzo di emergere dalla condizione di indigenza in cui è stata costretta a vivere fino a quel momento. Certo si lavora in modo intensivo: il giorno si raccoglie, la sera si confeziona e si stiva il prodotto (fino a 200 casse di pomodoro al giorno) in un capannone che faceva da magazzino e al mattino arrivava il camion che veniva caricato e i prodotti partivano per il mercato.
A questo punto, nel 195657, Giuseppe coglie l’occasione che si vende un terreno, ancora più lontano dalla città e la famiglia si sistema in modo definitivo in una casa più grande. Pur continuando a lavorare frequento la scuola.
Nel ’59 Annina si sposa a 20 anni, a 17 anni, con un Argentino e mia sorella sposò suo fratello. Il 62 nacque il mio primo figlio Michelangelo, che per un incidente d’auto ho perso l’8 di agosto del ’92 a 21 anni. Annina ha un altro figlio, Marcello, che le ha dato un nipote che si chiama Michelangelo.
Dopo sposata va ad una scuola professionale ho fatto l’infermiera professionista fino a diventare caposala e strumentista nella sala operatoria.
A Stio Nina è stata 5 volte accompagnata nei suoi viaggi nel 2000 da figlio Marcello e qualche volta da Rosa, sua nipote, che esercita la professione di commercialista. La prima volta non riuscì a trovare la sua vecchia casa perché coperta da erbacce. In quell’occasione una signora che conosce suo padre, Giuseppe del Beato.
Rosa è una giovane appassionata di calcio e tifosa molto impegnata di una delle due squadre di La Plata: l’Estudientes.
Lavora da contabile per la Provincia di Buenos Aires e parla italiano abbastanza bene anche se ha cominciato con il dialetto stretto dei nonni.
Insieme ad Annina fa l’elenco di tutti i paesi vicino a Stio (Magliano, Campora, Cuccaro, Gioi, e della frazione di Gorga). Sono degli abituali frequentatori della sagra dei “Piatti poveri” che si tiene a Stio. Rosa è molto sorpresa del fatto che in occasione delle feste patronali nei nostri piccoli paesi si tiene un concerto di musica classica! Oltre a Paestum e Palinuro ha girato per le tappe canoniche delle città d’arte.
Resta impressionata del fatto che durante la festa del patrono tutti si ritrovano in piazza ad ascoltare la musica classica durante il concerto della banda musicale.
Zia e nipote hanno anche girato l’Italia. Rosa ama molto la cultura italiana e si augura che anche la sua Argentina possa arrivare a considerarsi una nazione con una profonda consapevolezza della propria storia e del patrimonio culturale.
Rosa è il prodotto dell’incontro di due mondi che si completano e che integrandosi non possono che fare bene e considerarsi una popolo e una nazione.