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Il “Piranesi” di Paestum vanta oggi numeri che lo promuovono al rango di un liceo scientifico d’eccellenza. Non sono chiacchiere, lo certifica l’Invalsi, l’indice che misura lo standard di apprendimento eseguita in tutti i Licei d’Italia: “Siamo oltre dieci punti percentuali – racconta Angelo Capo, il dirigente appena approdato alla pensione – i colleghi dei licei del Mezzogiorno d’Italia”. Al “Piranesi”, sede a Capaccio Scalo, siamo di fronte una scuola molto legata alla sua singolare figura del “professore Capo”, vero e proprio “genius loci” nonché detentore, in proprio, di veri e propri primati. Nessuno più di lui ha scritto sia della storia di Capaccio. All’attivo ha undici libri pubblicati, alcuni dei quali adottati finanche in alcune università americane. Si va “Dall’assalto ai latifondi”, storia delle mitiche lotte contadine ideate e guidate da Salvatore Paolino alla raffinata “Storia di un’azienda agraria dell’ottocento. La Cerro-Eliseo dei Belleli di Paestum”. La storia di Capaccio, Capo poi l’ha fatta in prima persona, consegnando quella modernissima sede ottenuta attraverso mille lotte e più di un’incomprensione. “Al boom edilizio di Capaccio Scalo corrispondeva l’incapacità delle sue classi dirigenti a dare una sede adeguata al suo liceo. Un’incongruenza che mi ha sempre crucciato. Solo a me, però. Non toglieva mica il sonno a tanti altri”. In mezzo Capo ci ha messo un po’ di politica (è stato assessore e brevemente ha svolto le funzioni di sindaco). A Salerno, dove abita per molti mesi l’anno, insegna nella locale università. Poi c’è l’attività sindacale, a capo della Cgil scuola e da presidente nazionale di un’associazione professionale degli insegnanti. Sono alcuni dei traguardi toccati da un estroverso figlio di un contadino comunista con podere verso Foce Sele. “Da bambino ho vissuto con il terrore di essere mandato a studiare a Mosca. Lo dicevano i professori Longo e Maffettone a mio padre. Meno male che poi non se ne fece più niente. E lui ai comunisti preferì la militanza socialista alla quale è rimasto sempre fedele. “A sinistra, però”, precisa. Studioso e sportivo, Angelo Capo oggi pur non giovanissimo, è l’attivo e coriaceo capitano – giocatore della squadra di calcio dei docenti universitari dell’ateneo di Salerno, maratoneta con esperienze a New York con piazzamenti sempre compresi all’interno dei 1500 migliori al mondo. Mezzo secolo fa, nel 1960, fu l’unico tedoforo salernitano a portare la fiaccola all’Olimpiade di Roma. Nonostante tutto questo però l’esperto studioso di storia socioeconomica del salernitano e del mezzogiorno ha però legato il suo nome, e la sua attività, proprio al liceo, dove è stato docente e vicepreside e poi numero uno. Da trentanove anni ne è il principale punto di riferimento. L’ha continuato a seguire anche nei non brevi periodi dove ha girato l’Italia. Oggi al suo posto siede Mimì Minella, di tutt’altra generazione rispetto a Capo, più manager di un’istituzione formativa complessa che con aspirazione di vero e proprio maitre a penser. Solenne è stato il passaggio delle consegne, nel nuovo auditorium del liceo scientifico, nell’ambito della cerimonia conclusiva del Premio Nazionale di Poesia “Felma”, voluto e indetto otto anni fa proprio dal preside Angelo Capo per ricordare Francesco, Erica, Luigi, Massimo e Alessandro, cinque giovani ed ex allievi scomparsi prematuramente. Commozione e applausi della platea proprio per lo storico dirigente scolastico, il quale ha ricevuto per l’occasione, dalle mani del sindaco di Capaccio Paestum, Pasquale Marino, una targa quale “Esempio per la formazione giovanile”. Anche il Provveditore, Luca Iannuzzi, ha indirizzato a Capo un ringraziamento scritto e motivato per la sua quarantennale attività. “Nell’arco della sua carriera si è sempre comportato con lealtà, sensibilità e cordialità”. “Da oggi sono in pensione. Libero di continuare a coltivare i miei tradizionali interessi culturali e sportivi. E di dare avvio a qualche altro libro al culmine di alti progetti di ricerca”, annuncia Capo. Una sua creatura questo liceo che con i suoi oltre tre mila “licenziati” che hanno cambiato un po’ tutte le attività a ridosso dei templi. E ricca di aneddoti è la carriera di Capo. Di quando a Bossi, lui preside di un liceo scientifico di S. Donà di Piave, si contrappose ruvidamente difendendo il diritto dell’insegnante d’italiano a segnare con vistosi segni di matita rossi e blu il “periodare scorretto” di uno studente ardentemente leghista. “Il padre portò il caso fino all’attenzione di Umberto che tempestò d’interrogazioni parlamentari l’allora ministro Luigi Berlinguer. “Poi Bossi desistette perché il caso volle che il suo autista fosse il capaccese Pino Russo che garantì sulla caparbietà del suo compaesano. Libri e ricerche, lo sport e i nipoti Giuseppe e Alfonso, e quell’incarico di storia contemporanea all’Università. Sono queste le cose che continueranno a riempire la vita del “preside” e del “professore” che la scampò bella, con buona pace di Longo e Maffettone, approdando nella vivace Napoli e non nella plumbea Mosca. |
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