Una maratona non si improvvisa, per cui anche la divisione di correre la mia terza 42,195 Km è stata presa in anticipo ma non troppo.
Faccio l’iscrizione alla fine della maratona degli ulivi di Pisciotta che si tiene alla fine del mese di agosto.
Sulla base della mia partecipazione a tutte le gare del Circuito Cilento di Corsa e alla Trans Marathon del parco, decido di innestare il programma di preparazione all’evento in programma il 20 di ottobre.
Uscire dal “confortevole” stato di forma per correre sulle distanze medie e passare all’affannoso rincorrere una condizione atletica e psicologica per affrontare una maratona è stata un’impresa alquanto complessa. Infatti, già al primo “lungo” di 24 km mi rendo conto che riuscire ad arrivare in condizione nel tempo che resta sarà complicato.
Smanetto sul web, chiedo agli amici, ci provo da solo …
Abbozzo un piano di allenamento con un atterraggio morbido per il sabato della penultima settimana e mi adeguo.
Completo l’ultimo lungo riscontrando una sostanziale riuscita del programma e affido agli ultimi 10 giorni la verifica delle condizioni fisiche.
Questo avviene sulla piccola pista di atletica situata a S. Sofia di Albanella: un posto gradevole e di compagnia.
Siamo in sei a partire dall’aeroporto di Capodichino di Napoli alla volta di Amsterdam. Con me c’è Ginetta, Francesca e Daniele, il loro cucciolo che è mio nipote Alessandro di sei mesi, e Giuseppe un amico che ci accompagna.
La brigata si congiungerà in Olanda in serata con Rosario, Antonietta, Monica, Gerardo, Gaetana e i loro figli che ci hanno preceduto in mattinata.
Il sabato lo passiamo nel villaggio allestito per accogliere i 47 mila atleti iscritti alle tre gare in programma il 20 ottobre nella “Venezia del nord”. Ci facciamo avvolgere dal clima di festa che caratterizza questi eventi e trovo il tempo per ascoltare la conferenza stampa dei cento giorni da sindaco di Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum, grazie allo streaming organizzato da Convergenze.
La serata si conclude in un ristorante a parlare della gara, a confrontarci sul percorso, ad esorcizzare le difficoltà, ad incoraggiare i “primini”, a sognare l’arrivo …
Il mattino della gara è freddo ma non piove e questo è un’ottima notizia.
All’esterno dello stadio olimpico c’è un gran fermento già prima delle 8:00; l’incontro non programmato con Rosario e di buon auspicio: con lui, meno di un anno fa, affrontato la mia prima maratona a Torino!
Entriamo nello stadio dall’ingresso principale e così faranno per oltre un’ora tutti i quasi 18.000 iscritti alla gara regina della giornata. È plastica la raffigurazione di questo sport, il podismo, che è l’unico che vede scendere in campo per partecipare molta più gente di quanta sta a guardare sugli spalti. Quando, puntuale, lo starter da il via alla gara facendo partire il primo scaglione, anche il resto che in è attesa del proprio turno sulla pista di atletica di anima accentuando i gesti propedeutici a mantenere il corpo riscaldato.
La sequenza delle partenze è veloce e in poco meno di 20’ anche l’ultimo atleta è fuori dallo stadio accolto da due ali di folla incitante.
Decido di seguire la bandiera posizionata sulle spalle dei battistrada che correranno la maratona nel tempo di 4:40’ forzando i miei propositi di essere prudente.
I tre portabandiera 2 maschi e una donna, raccolgono intorno a loro un gruppetto di poco inferiore alla decina.
Impiego i primi Km per studiare il passo di ognuno di loro per capire qual è quello più confacente al mio andare.
Sento che posso reggere il ritmo imposto a 6’24’’ che si assesta intorno al 5^ Km: pregusto anzitempo il piacere di poter abbassare il mio tempo uguale nelle due precedenti esperienze: Torino e Roma a 5:05’ e spiccioli di secondi.
I rifornimenti ogni 5 Km sono “ottimi e abbondanti” per cui non utilizzo quel poco che ho portato nel marsupio.
Usciti dal frastuono della città ci addentriamo nella bella campagna olandese solcata da canali e punteggiata da mulini a vento.
Alterno il mio andare seguendo a volte l’uno che ha un’andatura salterina e tenendo le braccia a 90^, l’altra che scivola sull’asfalto riducendo al minimo il movimento delle braccia, l’altro ancora che ha assunto un modo di correre non vistoso ma efficace.
Quando scendiamo sotto il muro dei 30 Km all’arrivo, mi rendo conto che i tre davanti sono un vero e proprio metronomo e questo mi fa bene perché di solito sono molto “indisciplinato” nell’andatura sia nella breve che nella lunga distanza.
A tratti mi ritrovo più a concentrarmi nel seguire i battistrada che ad osservare la realtà circostante che sembra uscita da un quadro di Van Gogh tanto è bella.
Sotto l’arco che indica il passaggio ai 20 Km mi lascio un po’ andare e al successivo pit stop mi fermo per usufruire di un orinatoio volante, come c’è ne sono tanti disseminati lungo il tracciato, e questo mi fa perdere la presa del gruppo.
Devo impegnarmi per recuperare e li raggiungo a metà gara. Il tempo di marcia è sempre di 6’24’ a Km ed è perfettamente in linea con l’obiettivo del gruppo.
Mi rimetto al loro passo e verifico che le mie condizioni sono buone: comincio a credere di essere in grado di arrivare fino in fondo.
Il muro dei 27,00 Km è già superato quando alzo lo sguardo per incrociarne migliaia che arrivano in senso contrario al nostro. Alla boa ritorno a concentrarmi sui miei pensieri. Ginetta mi chiama per dirmi che è arrivata al traguardo degli 8Km con il tempo di 1:07’29’’. Sono felice per lei … ora non mi resta che dimostrare a me stesso che c’è la posso fare!
Sono al 32 Km quando una signora mi porge una banana dalla staccionata, la prendo e ringrazio con un sorriso.
A questo punto il numero dei Km che mancano all’arrivo è già a una cifra e mi vedo già sulla pista di atletica dov’è posto il traguardo. Al rifornimento dei 35 Km mi attardo un po’ mentre i battistrada ripartono per evitare di abbassare la media di tutti. La signora mi aspetta e mi chiede se voglio tentare di riagganciare il gruppo. Le faccio segno di sì e mi affianco a lei. Con pazienza è molto gradualmente mi porta a ridosso degli altri. Al 37 Km, quando il “trottorellatore” suona la carica per l’impegno finale, mi lascio un po’ andare e perdo di nuovo contatto, il passista mi passa un gel e se ne va a cogliere l’obiettivo prefissato insieme agli altri.
Faccio un rapido calcolo e mi rendo conto che arriverò al traguardo bene e questo mi dà la carica finale per non mollare. Il resto lo fanno le due ali di folla che non la smettono di incoraggiare chi dai volti dimostra tutta la fatica fatta rincorrendo un traguardo tante volte sognato. Mi desto da questi pensieri quando scorgo l’arco che indica gli ultimi 500 m.
Accelero per godermi la gioia di spendere sulla pista di atletica le ultime energie rimaste.
Fissò l’arco del traguardo e non stacco gli occhi fino alla fine. Fermo il cronometro del mio orologio a 4:46’38’’.
Sono felice per essere andato ogni più ottimistica previsione e ringrazio me stesso di non aver ceduto alla voglia di desistere che ogni tanto ti prende.
Ma devo riconoscere che in questa occasione ho sofferto meno che nelle altre due gare di Torino e Roma, forse perché ho affrontato la sfida con più consapevolezza delle mie forze.
Non ho pianto, come fanno in tanti e giustamente, ma ho sorriso a me stesso e ho goduto senza pudore al pensiero di avermi superato.
Anche i miei compagni di viaggio hanno chiuso la gara con tempi da record personali: Antonietta Mandetta ha chiuso e 2:04’19’’ la mezza maratona. Anche Daniele è giunto alla fine della sua prima della mezza maratona in 2:20’30’’. Rosario ha fatto il suo record a 3:07’09’’. Monica di Giovanni ha corso la sua Maratona in 4:27’37’’ e, a mia memoria, non ricordo che altre donne capaccesi siano state capaci di fare altrettanto.
Ginetta e Gerardo hanno portato a termine il loro impegno sulla 8Km rispettivamente a 1:06’29’’ e 30’51’’.
La spedizione di Amsterdam conclude con la vista alla città dove la vita si muove su due ruote e su mezzi pubblici di una puntualità invidiabile.
Io la ricorderò sempre come il luogo dove si è compiuta la mia maturità di podista che, per la prima volta, la fatica di correre ha ceduto il passo al piacere di andare a cogliere un traguardo che appaga.