Una storia d’amore, un tuffo nel passato, un affresco storico, analisi e riflessione. Queste alcuni delle componenti che porta in dote il romanzo “I Sentieri dell’Universo”, prima opera del teggianese Paolo Manzione. Una vita dedicata alla scuola, alla famiglia ed all’agricoltura, quella di Manzione, e caratterizzata da un’opera che, come lui ama definirla, in fondo è un “racconto”.
Lo scrittore valdianese, dopo la pubblicazione, è stato ospite del Salone Internazionale del Libro di Torino e del Palafiori di Sanremo. Eventi seguiti dalla presentazione “a casa sua”, in quel di Teggiano, con la presenza, tra gli altri, del prof. e preside emerito Adolfo Manzione.
Abbiamo rivolto delle domande all’autore per saperne di più ed approfondire le tematiche trattate
– Perché i “Sentieri dell’Universo”?
Sensazioni che avevo dentro, nel mio animo. E’ subentrata poi la nostalgia, la paura del vuoto, il crescere del niente, il silenzio dei figli, silenzio che porta pensiero, il senso della solitudine, l’abbandono delle terre, la perdita delle tradizioni storiche del nostro Vallo di Diano. Le case sempre più vuote, un mondo scomparso che non c’è più. Ho parlato di noi ai nostri ragazzi, di un tempo non molto lontano, storie di giovani ricchi di vita, dove c’era l’amore. Una parola che ha perso valore, significato. Ho parlato delle nostre radici. Raccontare ciò era anche un dovere verso i miei vecchi, verso chi ha dato tanto, senza ricevere nulla in cambio, il rispetto verso i loro sacrifici di morte, il ricordo delle loro volontà.
– Il romanzo è incentrato su una storia d’amore, ma presenta diverse sfumature. Quali le più significative?
La storia vera di due ragazzi sfortunati dipanata nel contesto storico-sociale dell’immediato dopoguerra, dove tutto era vissuto con la certezza della speranza.
Il conflitto generazionale, il vecchio che non si piega al nuovo, la mappa dei valori e le regole di comportamento del soggetto nel gruppo.
– Se ce n’è uno, quale dei protagonisti del libro oggi risulterebbe ancora attuale?
I ragazzi di oggi sono sfacciatamente protetti, con i genitori che si sostituiscono ai figli, protratti all’infinito nello stato adolescenziale. Non possono sostenere nessun confronto etico comportamentale con i giovani del tempo passato. Quei ragazzi non avevano né il diritto, né il tempo per essere adolescenti, non esisteva il gioco, la distrazione. Erano nati uomini, dovevano essere curiosi e adulti per dovere di sopravvivenza. Sono stati portati via dal tempo, da quel tempo che non ritornerà.
– Quando c’è stato lo “stacco” deciso tra le generazioni?
Quando si è avuta la libertà di movimento, con l’emigrazione, vera disgregazione delle nostre famiglie, con la comunicazione e con l’indipendenza economica.
Nell’immediato dopoguerra nei nostri paesi il rapporto tra padri e figli non era problematico o almeno particolarmente complesso, perché i figli erano tenuti sempre in uno stato di soggezione, di ubbidienza, in riverenza all’autorità del padre. Infatti, l’unico che poteva disporre del patrimonio della famiglia, bestiame, casa e campi, figli compresi, era il capo famiglia. Questa condizione portava spesso i figli adulti a ricorrere all’imbroglio, ad ingannare il proprio padre, quando non comprendeva i loro desideri e le loro naturali spinte emotive.
Nei primi anni ‘50 la via dell’emigrazione, la comunicazione, la radio, i primi quotidiani, il ritorno dei soldati dalla guerra, la concezione del rapporto padre e figlio si attestò in una misura diversa. Le convenzioni e convinzioni cominciarono ad essere accantonate e le relazioni tra genitori e figli furono caratterizzate da un distacco affettivo che spesso sfociava in incomprensioni e frustrazioni reciproche.
– Se sono manchevoli, in cosa hanno sbagliato/sbagliano i genitori e i figli di oggi?
I comportamenti che mostrano i genitori di questo tempo disegnano per il futuro la condotta dei figli nella vita da adulti. Viviamo in un tempo in cui la competizione e la sfida sono considerate spesso abilità necessarie e vi è una continua pressione sui figli, anche da adolescenti, ad essere sempre primi, per apparire come i migliori, incomparabili, speciali. Nascosta, dietro questo bisogno, spesso c’è una forte necessità di riscatto. Nei genitori si cela la volontà di realizzare, attraverso il figlio, i propri desideri, per appagare sogni mancati, spezzati. Occorre rimodulare la formula educativa. Si tratta, infatti, di individuare capacità e attitudini specifiche, le volontà, i desideri di quanto appartiene realmente al figlio che aspetta solo di essere compreso, aiutato a migliorare nel rispetto della sua particolarità, nel percorso che indica e supportato con il conforto, il sostegno per qualsiasi cammino e professione che intende intraprendere. Insomma, per agire bene, senza costrizioni, in modo che ognuno ne tragga beneficio. Tutto questo per dire che è meglio un ottimo fabbro che un dottore inutile.
– E cosa sarebbe possibile fare, nel proprio piccolo, ogni giorno?
I figli hanno bisogno di spazio, di esserci. I genitori, i nonni e gli adulti in genere dovrebbero concedere agli adolescenti tempo e dedizione, stimolare l’autostima e colmare quotidianamente il bisogno di affetto e di calore umano, eliminando di conseguenza conflitti e problematiche stressanti. E condividere emozioni, soddisfazioni e bisogni affettivi. Troppo spesso i nostri figli vivono un’infelicità strisciante, nascosta, che nasce dall’infanzia e li accompagna per tutta la vita, dovuta ad una giovinezza segnata da relazioni sicuramente sbagliate, che i genitori, capaci solo di giudicare, instaurano con i figli.
– Cosa differenzia, in particolare, la Teggiano di oggi da quella descritta nel libro?
Nel nostro paese c’è un atteggiamento distratto nei confronti del presente, una distrazione che ha cambiato il modo di fare, di guardare al domani. Si pretende di avere un futuro più conveniente, senza essere consapevoli che bisogna anche saperlo conquistare. L’assistenzialismo dei politici ha portato, paradossalmente, a comportamenti imprevedibili, vuoti e non c’è stato nessun momento di riscatto, di lotta. I contadini ingabbiati dalle politiche comunitarie, piuttosto che partecipare attivamente alla storia, hanno atteso passivamente i risultati. Tutto questo non ha permesso di tramutare la tradizione e civiltà contadina in un sistema un pò più moderno. Nessun passo in avanti, nessuna conquista sociale, nessuna crescita economica. Quella volontà politica è stata una condanna distruttiva. Gli agricoltori, e gli allevatori sono stati spodestati del prodotto delle loro mani ed è venuta quest’epoca, con l’attesa del posto fisso ed il diritto al salario garantito. Stiamo morendo aspettando. Una generazione operosa, di persone ricche di valori, è stata sostituita da una generazione di soggetti deboli in continua attesa, un’attesa senza fine, con l’idea che qualcuno si deve preoccupare per loro. Dobbiamo ritornare alla consapevolezza del dare, del fare, riscoprire il senso dell’appartenenza, del dovere e della dignità del lavoro. Dobbiamo avviare un processo di rifacimento del paese.
– Chi sono i Cono e Ninetta di oggi?
I ragazzi innamorati, gli adolescenti che sognano, che, ingannati dall’età, non vivono nella consapevolezza dell’essere e del momento. Cono e Ninetta appartengono ad un tempo che non c’è più. Ora è venuta meno la crescita, la volontà, fra i non più giovani ragazzi e le non più giovane ragazze e che, se non ritornano da subito nuovi e tradizionali comportamenti, rischiano certamentedi ritrovarsi già anziani e di minare un’importante fetta delle nuove generazioni. L’invecchiamento è un problema che emerge nella sua drammaticità e comporterà, nella società futura, un’autentica esplosione di vecchi, tanti da diventare un autentico pericolo. Bisogna augurarsi che nell’immediato futuro alle coppie ritorni il desiderio verso la famiglia, coltivando i sentimenti delle antiche tradizioni e le usanze di quella civiltà, che hanno permesso ad intere generazioni la sicurezza e la serenità. Ciò che era giusto per la famiglia, l’ancora del focolare domestico.
– Oggi c’è qualcuno che percorre i sentieri dell’Universo?
Quelle coppie che hanno avuto la fortuna dell’amore, che nel tempo hanno coltivato l’affetto, che sono morti per amore, con poche ore di vita in più l’uno dell’altro. E che si sono certamente ritrovati, a camminare mano nella mano, lungo I Sentieri dell’Universo.
Cono D’Elia